Nella Settimana Santa di Sanremo la cattedrale di Canterbury diventa discoteca
11 Febbraio 2024 / Lia Celi
Dire che i giorni della kermesse sanremese hanno assunto l’importanza, la partecipazione collettiva e la solennità che i riti della Settimana santa hanno perso da un pezzo non è una battuta, e nemmeno una constatazione particolarmente originale. Le ultime edizioni sono caratterizzate da serate interminabili che costringono gli spettatori a veglie notturne estenuanti in un’atmosfera suggestiva da rito misterico, che per i veri credenti prosegue fino al sorgere del sole insieme all’inesauribile Fiorello, mentre a bordo della nave Costa si celebra una specie di rave (forse oggi una nave è l’unico posto dove nell’era Meloni si può fare un rave-party: quando la vedetta grida “Polizia a babordo!” si leva l’ancora e ci si mette al sicuro in acque internazionali).
Ma mentre in Italia per cinque sere un luogo destinato allo spettacolo diventa quasi una cattedrale, in Inghilterra avviene l’opposto: una cattedrale – e che cattedrale: quella di Canterbury, diocesi il cui arcivescovo è la massima autorità spirituale anglicana – diventa una discoteca. Per rivitalizzare i luoghi di culto della Chiesa nazionale, che da tempo è diventata una cosa da vecchi babbioni, a cominciare dalla Royal Family, si è deciso di aprirli occasionalmente alla musica dance, nella versione “silent music”. Cioè, le arcate gotiche e le vetrate istoriate non vengono messe in pericolo da casse rimbombanti e ore e ore di “untz-untz-untz”: techno e dance vengono riversate direttamente nelle orecchie di ogni singolo utente attraverso delle cuffie.
L’iniziativa ha avuto subito un clamoroso successo: gente che non entrava in una chiesa da decenni, se c’era mai entrata, si prenota con settimane d’anticipo per poter ballare tutta una notte in una cattedrale del VI secolo, fra pulpiti e sarcofagi di re e di alti prelati, fra cui san Tommaso Becket, trucidato in quello stesso luogo dai sicari di re Enrico II nel 1170. Va da sé che per i tradizionalisti il vero assassinio nella cattedrale non è quello dell’arcivescovo ribelle, ma quello perpetrato dai promotori delle serate disco nelle storiche navate, ed è già partita una petizione rivolta alle autorità ecclesiastiche perché facciano cessare l’empio stratagemma per attirare i giovani a Cristo a ritmo di “untz-untz-untz”. Ma l’arcivescovo Justin Welby, anticonformista come il suo lontano predecessore, non ha cambiato idea. Anzi, l’esempio di Canterbury sarà seguito dalle cattedrali di Guildford e di Ely, che hanno già in programma serate a tema ’80 e ’90.
Lo sapete cosa sto per domandarmi, vero? Bè, sappiate che secondo me è un esperimento che varrebbe la pena di tentare anche da noi, almeno finché c’è papa Francesco, che non credo sarebbe ostile all’idea. Tanto sta già così clamorosamente sui maroni ai bigotti che un’innovazione in più non cambierebbe niente. E quando dico “da noi” mi riferisco proprio alla Riviera, dove le discoteche hanno sempre strizzato l’occhio al trascendente già nel nome, dal Paradiso alla Baia degli Angeli. Al posto dei rave, degli “ave party” sotto le statue della Vergine, Gloria (Gaynor) nell’alto dei cieli, Gigi D’Agostino in cuffia nella chiesa di sant’Agostino: perché no? C’è sempre stata un’attrazione fra dancefloor e altare: qualcuno ricorderà l’album di canti gregoriani mixati col pop, intitolato Enigma, che anni fa sbancò le classifiche e fece ballare tutta l’Europa. Che poi non sarebbe un calcio alla tradizione, ma, al contrario, un ritorno alla religiosità dell’alto Medioevo, quando la cattedrale era il centro non solo religioso e politico ma anche ludico nelle comunità, e in occasione di alcune feste le funzioni terminavano con giochi, scherzi e danze. E non è detto che solo i giovani apprezzerebbero la novità. Forse anche le nonnine, anziché biascicare il rosario sui banchi, preferirebbero sentirlo in cuffia con una base dance: le litanie in fondo non sono un po’ rap?
Lia Celi