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15 febbraio 1358 – Il Guastafamiglia torna a Rimini da Avignone come Vicario del Papa


15 Febbraio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Nel mese di settembre del 1357 il cardinale Egidio d’Albornoz si mosse alla volta d’Avignone, “e Malatesta signore di Rimini lo accompagnò con grande e splendido seguito fino alla corte, ove quest’ ultimo fu molto onoratamente accolto dal papa e dai cardinali”: così Carlo Tonini nel suo “Compedio della storia di Rimini” (1895). Il Malatesta in questione è il terzo con questo nome a signoreggiare su Rimini e molto altro; si è ben meritato è il soprannome di Guastafamiglia, avendo sterminato tutti i parenti d’ostacolo alla sua egemonia. Spietato se occorreva, Malatesta III de’ Malatesti era anche un politico che sapeva fiutare l’aria e schivare abilmente le avversità. Assieme al fratello Galeotto continuò ad assoggettarsi formalmente alla Santa Sede quando doveva, per dissatendere puntulamente ogni giuramento appena poteva. Così nel 1343, quando i Malatesta, guelfi da un secolo, accettarono la nomina di vicari imperiali per le città di Pesaro, Fano e Rimini, mandato direttamente conferito dall’imperatore Ludovico IV di Baviera allora in stanza in Italia. E poi avanti nella Marca impadronendosi di Fossombrone, Iesi, Senigallia, Osimo, Cingoli, Fermo e Recanati.

Federico Faruffini,: “Cola di Rienzo contempla le rovine di Roma”, olio su tela, 1855

Era troppo. Nel 1354  su denunzia del rettore cardinale Egidio di Albornoz papa Innocenzo VI condanna in contumacia e a scomunica Galeotto e Guastafamiglia. Questi capisce che quesa volta non si scherza e cerca di prendere accordi con Cola di Rienzo, il tribuno di Roma che in assenza dei papi cerca di ridare all’Urbe il suo rango. Ma nell’aprile 1355 l’esercito pontificio condotto dal terribile cardinale spagnolo, deciso a ripristinare invece il potere del pontefice laddove era solo formale, invade il contado riminese ponendo d’assedio la stessa Rimini. Galeotto, trincerato presso il castello di Paderno di Mercato Saraceno, viene catturato dall’Albornoz e condotto in catene a Gubbio. Ed ecco dispiegarsi il talento del Guastafamiglia: raggiunge il fratello nella città umbra e convince l’Albornoz di essere l’alleato che gli serve per piegare tutti gli altri tirannelli di Romagna. Il 2 giugno 1355 l’affare è fatto: i Malatesti ottengono il perdono e la concessione del vicariato apostolico per 10 anni, rinnovabili, su una vasta signoria comprendente Rimini, Pesaro, Fano e Fossombrone con i relativi distretti e contadi, In cambio devono pagare il censo annuale e assolvere l’obbligo delle prestazioni militari.

Calati prontamente nel ruolo di paladini della Chiesa, i Malatesta partecipano senza esitazione alla crociata contro gli Ordelaffi, indetta dall’Albornoz nel 1356. Ancora il Tonini: “Nel febbraio del 1356 l’arcivescovo di Ravenna era fra noi e davasi a predicare per parte del Santo Padre la croce contro i ribelli; e precisamente ai 13 di marzo nella chiesa di S. Colomba diede la croce a quanti la vollero pigliare. Primi a pigliarla furono Malatesta, e Malatesta Ungaro suo figliuolo, e al loro esempio oltre a 600 buoni riminesi si crocesegnarono. Ai 10 d’aprile Galeotto, preso il gonfalone di S. Chiesa, portollo con grande onore e festa al tempio di S. Giuliano, e ve lo tenne per due giorni”.

I “crociati” devastano più che possono partendo dal porto Cesenatico e i signorotti devono piegare la fronte uno dopo l’altro a iniziare dai faentini Manfredi. Unici a resistere sono proprio quei ghibellini impenitenti degli Ordelaffi, con Francesco a Forlì e l’indomita sua moglie Cia degli Ubaldini a Cesena. Ma perfino lei infine deve cedere. E con il più del lavoro fatto l’Albornoz viene richiamato ad Avignone e sostituito da “Androino Abbate di Clugni”, ovvero Androin de la Roche abate di Cluny.

Ritratto di Androino di Cluny cardinale di San Marcello presso il chiostro della chiesa di Ognissanti a Firenze

Ma solo dopo che Galeotto prende anche Bertinoro coprendosi di gloria, l’Albornoz, che era rimasto ancora fra Marche e Romagna, si decide a muovere verso Avignone. Tonini: “Nella stessa occasione la terra di Santarcangelo mandò ambasciatori alla corte stessa e per bolla del 24 marzo 1358 ottenne di essere eretta a Vicariato indipendente da Rimini e da qualunque altra città e composto dei seguenti castelli: cioè Santarcangelo, Savignano, Gatteo, Montiano, Montenovo, S. Martino in Converseto, Poggio de’ Borghi, Montalbano, Serravalle, dichiarati tutti castelli; S. Mauro, la Canonica di Cereto, S. Ermete, S. Martino in Cereto, che erano ville, e i fortilizi di S. Martino. La ragione, per cui que’ comuni domandavano di essere sottratti dal governo di Rimini, si era il timore di essere puniti della ribellione da essi fatta a questo comune ed a Malatesta. Quindi gli Arcangeliani come supplicarono cosi pure ottennero che il nuovo loro vicariato non fosse concesso ad alcuno dei signori di Rimini”. Il che, bolla o non bolla, tornerà invece a verificarsi nel 1391, per durare fino al 1462.

La rocca di Santarcangelo

“Ma non già senza frutto fu l’andata di Malatesta alla corte, essendo certissimo che egli per bolla dell’8 gennaio 1358 ottenne in vicariato per sette anni le seguenti castella e ville: S. Martino in Venti, Mulazzano, Vecciano, Corpolò, S. Paolo, Trebbo, tutti del contado di Rimini, ed altri cinque luoghi parte del fanese e parte del fossombronate, fra i quali Cartoceto e Barni e questi per l’annuo censo di 300 fiorini d’oro e pel servizio di 50 fanti per tre mesi di ogni anno a spese della Chiesa. Ai 15 febbraio del 1358 ritornò Malatesta a Rimini con lettere al Legato, per le quali a quest’ultimo ordinavasi di dargli la regolare investitura del detto vicariato. I mentovati castelli, che il componevano, temevano di passare sotto il Malatesta; ma egli li accolse umanissimo, e quindi il tutto si compose con intera soddisfazione di ciascuno”.

(In apertura: Avignone in una veduta settecentesca d’autore ignoto)