Home___primopianoMa come avranno fatto a indovinare chi diventava Capitale della Cultura?

I Fratelli d'Italia prima azzeccano un difficilissimo pronostico poi si stupiscono di chi pensa male


Ma come avranno fatto a indovinare chi diventava Capitale della Cultura?


15 Marzo 2024 / Nando Piccari

Il Sindaco Jamil e gli altri otto colleghi “perdenti” se ne facciano una ragione: nella gara per la designazione a Capitale italiana della Cultura, L’Aquila partiva col vantaggio dei pronostici.

Perché è certamente vero che per aspirare a vincere qualunque tipo di competizione occorre saper dimostrare capacità, talento e intraprendenza, ma si dà il caso che qualche volta, per dirla in gergo popolaresco, non guasti pure un’aggiuntiva “questione di culo”.

E allora chi avrebbe potuto farcela meglio de L’Aquila? Che al pari della regione abruzzese, platealmente coccolata dal Signor Presidente del Consiglio, è padroneggiata da un “fratellume d’Italia” che appunto ci tiene a mostrarsi “culo e camicia” col ministro alla simil-cultura Sangiuliano, per usare una celebre espressione sorta al tempo in cui non era ancora diffuso l’uso delle mutande, e la camicia («per lo più lunga insino al ginocchio», come la descriveva il Vocabolario della Crusca) era a diretto contatto con le parti intime.

L’onorevole Guido Qurino Liris non aveva avuto alcuno scrupolo a farsi portavoce di quella metafora alla vigilia delle Elezioni Regionali dello scorso 10 marzo, quando se ne uscì con un indovinatissmo pronostico: «Abbiamo carte importanti da giocarci a Roma. Sentiamo la vicinanza di tanti parlamentari amici dell’Aquila e anche del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano».

Gennaro Sangiuliano

Per questo è difficile dire se faccia oggi più ridere o pena il pezzo forte della sua polemica contro Andrea Gnassi, che ha commentato il risultato de L’Aquila ricorrendo all’andreottiano “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”. Dice tutto d’un fiato il Liris: «….mi spiace che il collega Gnassi non capisca quello che chiunque riuscirebbe a comprendere, se tutto fosse stato predeterminato e se la scelta de L’Aquila fosse dipesa da una volontà politica, allora la proclamazione sarebbe avvenuta prima delle elezioni Regionali e non quattro giorni dopo». Traduzione: “visto che già conoscevamo il risultato, avremmo potuto chiedere al nostro Sangiuliano di potercene fare belli negli ultimi giorni di campagna elettorale. Per essere invece corretti verso gli elettori, abbiamo finto di averlo conosciuto solo quattro giorni dopo”.

Naturalmente neppure a Rimini sono mancati commenti politici. Al momento si registrano quelli del Sindaco Sadegholvaad, dell’On. Gnassi e del Senatore M5S Croatti, che esprime «delusione e amarezza, soprattutto per l’atteggiamento irrispettoso tenuto da alcuni politici di FdI nelle ultime settimane».

A seguire, due inteventi di “destra così-così”. Quello insolitamente garbato e abbastanza riflessivo del Consigliere Comunale no-vax, e l’altro a cura di Gloria Lisi, che come al solito si fa fatica a capire cosa intenda dire.

Tre sono quelli di “destra-destra”. Per l’umbratile Rufo Spina, la bocciatura di Rimini «è avvenuta per l’inadeguatezza del dossier presentato dall’amministrazione, pieno di lacune e intriso di ideologia, che poco aveva a che fare con la cultura».
Diciamo che un po’ ha ragione. Infatti Fellini non è che sia poi tutto questo gran testimonial culturale; la Domus del Chirurgo è poco più di una buca che ha rovinato una gran bella piazza-giardino; di Giulio Cesare non si vede ancora in Piazza Tre Martiri la crosta mussoliniana dell’originale che sta a Roma, ma solo la seconda crosta di quella prima crosta; inoltre a Rimini pare vi sia qualcuno che non si vergogna di continuare a tenere in casa “Il Manifesto” di Marx.

Beatriz Colombo

Un angolino comunicativo è riuscita a trovarlo la “fratella riccionese” Beatriz Colombo. Eternamente semi-schiacciata dalle tre donne forti di destra nella zona sud (Mimma Spinelli, Elena Raffaelli, Renata Tosi) è riuscita in questa occasione a farsi largo, sia pure a fatica e solo quanto basta per “sbottare”: «Lasciano senza parole le parole del Sindaco di Rimini contro la designazione dell’Aquila a Capitale italiana della Cultura 2026. La comprensibile delusione per la mancata assegnazione del titolo alla città romagnola non giustifica la polemica politica e la formulazione di accuse del tutto infondate».

Più o meno le stesse cose, con l’aggiunta di un tot della sua abituale spigolosità, le aveva mandate a dire la settimana scorsa ad Andrea Gnassi Domenica Spinelli.
Questa volta ha però modificato il tiro. Il biasimo per chi ha parlato di favoritismi a L’Aquila è diventato sdolcinato rammarico per la sconfitta di Rimini e un “vogliamoci tutti bene”, con l’auspicio di avere più fortuna la prossima volta.

Non c’è che dire, è brava la Spinelli ad interpretare quasi ogni giorno il ruolo che si è data di “mosca cocchiera” che conciona su tutto e ne ha per tutti.
Il suo pezzo forte sono le ripetute esibizioni fotografiche in compagnia della Meloni; anzi di Giorgia, come ci tiene a far sapere di chiamarla abitualmente.

Di una cosa bisogna però darle merito: riesce sempre a mostrarci una Meloni che in sua compagnia diventa sorridente.
E sì che come ci tiene a farci sapere ed a mostrarsi, il presidente Meloni gira oramai sempre più ingrugnita per i tanti nemici di cui denuncia l’esistenza, fino al punto di star pensando «a indossare l’elmetto».
Ora è vero che, come diceva il suo progenitore politico Mussolini, «tanti nemici, tanto onore», ma un po’ di respiro, che diamine.

Nando Piccari