Home___primopianoIl Consiglio di Stato ha messo fine alla bagninocrazia

Con le tre sentenze pubblicate ieri si chiude una farsa vergognosa da cui nessun partito può chiamarsi fuori


Il Consiglio di Stato ha messo fine alla bagninocrazia


21 Maggio 2024 / Roberto Biagini

Le tre “sentenze gemelle” pubblicate ieri dalla VII sezione del Consiglio di Stato (n.4479-80-81 del 20.05.2024) scandiscono senza mezzi termini la fine di un periodo storico, politico-giuridico, in materia di concessioni balneari che ha avuto inizio per l’Italia nel 2008 con la notifica da parte della Commissione U.E. della prima procedura di infrazione (n. 4908/2008) per “violazione delle norme concorrenziali”.
E’ la fine della “bagninocrazia”, un sistema voluto dalla politica bipartisan, perché nessun partito, salvo rare eccezioni, si può chiamare fuori da questa vergognosa farsa, che si reggeva sullo scambio di favori elettorali tra eletti in qualsiasi livello istituzionale ed elettori “balneari” (quando addirittura non coincidevano le due figure: concessionario e organo istituzionale) entrambi parti attive del patto stipulato per favorire i loro interessi personali in cambio della croce sul simbolo nelle varie competizioni politico-amministrative. Il tutto sopra la testa dei beni pubblici, mare e spiaggia e dei diritti di tutti noi di andare al mare liberamente e gratuitamente.
Le tre corpose sentenze rappresentano la “summa giuridica” di tutti i principi espressi negli anni dalla giurisprudenza amministrativa italiana ed unionale (per tutte: Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del novembre 2021; Corte di Giustizia U.E. del 2016 e del 2023), poi successivamente normati dalla legge “Draghi” 118-2022.
Vediamoli in sintesi:
  • Scadenza inderogabile dell’efficacia delle concessioni demaniali marittime al 31.12.2023;
  • Disapplicazione da parte dei giudici nazionali e degli altri organi delle amministrazioni dello Stato delle successive norme previste dal “Milleproroghe Meloni” che avevano solo scopo si prorogare con artifizi legislativi “sine die”, riesumando di fatto il diritto di insistenza abrogato nel 2009, il diritto dei balneari a continuare nell’ esercizio perpetuo della concessione.
  • Inutilità del puerile tentativo, posto in essere con la comica “mappatura delle coste”, di dimostrare l’abbondanza di spiagge in Italia da utilizzare in modalità concessoria per evitare l’applicazione della Bolkestein La risorsa “spiaggia” disponibile per l’ utilizzo imprenditoriale, dicono le tre sentenze, non solo è oggettivamente e qualitativamente scarsa, ma addirittura in alcune località (Emilia Romagna in primis) è totalmente “saturata” oltre i limiti imposti dalle regioni, da cabine, ombrelloni e lettini e quindi più che “scarsa” si rivela “inesistente”. In ogni caso, vista l’appetibilità economica delle nostre concessioni è direttamente il trattato U.E. all’ art. 49 ad obbligare gli stati membri ad approntare le procedure, trasparenti ed imparziali di pubblica evidenza per concedere l’utilizzo delle spiagge a fini d’ impresa turistica.
  • In alcuni passaggi le sentenze riprendono temi ambientalistici e paesaggistici che possono offrire interessanti spunti a favore dell’equilibrio doveroso tra spiagge in concessione e spiagge libere.
  • Attenzione al passaggio più delicato ed attuale delle tre pronunce che si riportano all’ art. 3 comma 3 della legge Draghi nella sua originaria formulazione. Solo quelle pubbliche amministrazioni che prima del 31.12.2023 hanno dimostrato di aver iniziato con bandi veri e propri o quantomeno con atti di indirizzo le procedure di pubblica evidenza e allo stesso tempo hanno dimostrato, con motivi seri ed oggettivi, di non poterle concluderle entro il 31.12.2023, possono avvalersi della proroga tecnica al 31.12.2024. Non possono certamente usufruirne quei comuni che solo con una manifestazione di intenti e a futura memoria hanno deliberato nel 2023 “di iniziarle” nel 2024. A maggior ragione ne sono esclusi tutti quelli che l’atto di indirizzo l’hanno deliberato addirittura dopo il 31.12.2023 e cioè nell’ anno in corso. Di conseguenza le spiagge italiane sono tornate, “nella quasi totalità dei casi e salvo eccezioni” nella diretta gestione degli enti locali e nessuno può impedire, questa estate, ad un utente del mare di stendere gratuitamente e liberamente un asciugamano in quella che era una spiaggia in concessione.
  • Il Consiglio di Stato, sempre in applicazione e nei limiti dei principi espressi dalla Corte di Giustizia U.E. con le due sentenze citate e recepiti più volte dalla giustizia amministrativa, ritiene in ogni caso che nelle procedure di gare si possano coinvolgere, a seconda dei casi e quindi non in modo generalizzato, criteri di indennizzo, esperienze maturate ecc… che però non alterino la “par condicio” tra concessionari uscenti e aspiranti nuovi concessionari.
Roberto Biagini -Coordinamento Nazionale Mare Libero-