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L'ultimo libro di Luca Nicoletti: "Rappresentazione della luna"


Poesia che sorge dalle colline e dal mare di Riccione


3 Giugno 2024 / Paolo Zaghini

Luca Nicoletti: “Rappresentazione della luna”
Puntoacapo

Del riccionese Luca Nicoletti, classe 1961, albergatore e poeta, ho già scritto tempo fa recensendo il suo lavoro “Il paese nascosto” (peQuod, 2019), a cui rinvio. Da allora ha edito in Romania “Domnia scurtà a verdelui” (Il breve regno del verde) (Cosmopoli, 2021) e una selezione delle sue poesie in Spagna su “Altazar – revista electronica de literatura”.

Fino a questo nuovo volume, uscito l’anno passato. Scrive il critico Giancarlo Pontiggia: “Un libro che sembra emergere dalle colline e dal mare cari da sempre all’autore”. “La luna, la notte, la terra che si muove a ‘un secondo di luce’, con un ‘groviglio di storie’: è questo lo scenario, sospeso e immoto, concentrato e meditativo in cui va a delinearsi il nuovo libro di Luca Nicoletti”.

“Il tuo silenzio eloquente / è come un mare lunare / una distesa di sabbia / che non conosce tempesta, / una bandiera ferma / per un sogno sospeso / e la terra una perla / a un secondo di luce. // Non sembrerebbe possibile / quel groviglio di storie” (dal capitolo “Rappresentazione della luna”).

Una doppia prospettiva, terrestre e celeste. Ancora Pontiggia: “perché questo è il compito che il poeta si è assegnato: trasferire i segni del visibile nella dimensione dell’invisibile, tradurre la sostanza materica di un paesaggio negli umani moti del cuore”.
“Ti ho amata e odiata / splendida luna, / ti ho accusata di troppa realtà / e di corrompente illusione. / Ma tu rimanda, ti prego / ancora il riflesso del sole / rischiara la notte / dispensa l’estate / ascolta l’ebbrezza / e il dolore, rimani a confine / del cielo. Luna, davvero / non dubiteremo più” (dal capitolo “Rappresentazione della luna”).

Sette capitoli per un totale di 62 poesie, così suddivisi: “Rappresentazione della luna”, “Autunni”, “Rubare la primavera (zona rossa)”, “Il ritorno del mare”, “Onde traverse”, “Regno dell’incerto”, “Saturno”.

La poesia di Nicoletti evidenzia i luoghi e le immagini di un tempo che inesorabile scorre. Le rime sono a volte al limite del fotografico, grazie alla passione per la fotografia eredita dalla madre Rosita, autrice di numerosi volumi ritraenti i paesaggi della Vallata del Conca a Lei così cari e nei paesaggi marini di Riccione e dintorni.

“Immagina … un temporale estivo, / un riparo, il gran fuggire via / la tua vita che ringrazia, / il tempo, il tuo tempo / mai così vicino” (dal capitolo “Il ritorno del mare”).

Testi che contengono, dice sempre Pontiggia, “una metafisica leggera, un riversarsi del lontano nella limpidezza di uno spazio interiore, in cui tutto si raccoglie e acquista un senso”.

“Siamo già oltre. Non te ne accorgi? / Siamo oltre il folle armamentario / che agita la vita / è un movimento di riassesto, / si dislocano ampie teorie di istanti / a discapito di altri. /Non c’è un’immagine precisa, / tutto precipita, è il regno dell’incerto; / il suo potere messo a nudo / poco ci consola: doveva avere un senso. / Ne sa qualcosa – chiedere per conferma – la memoria” (dal capitolo “Regno dell’incerto”) .

Avviandosi a concludere: “Tutto accadde, / e tutto continuava ad accadere. / Eppure, pochi metri più in là / c’era il mare, calmo, il mare / che ragionava nella quiete, / nelle temperature dolci / del mese di maggio” (dal capitolo “Regno dell’incerto”).

Colgo l’occasione per riprendere il bell’articolo di Rodolfo Francesconi, su “La Piazza” di aprile 2024, intitolato “Gli intellettuali a Riccione: andar sulla luna”. Francesconi racconta gli anni del dopoguerra e l’arrivo in estate in Riviera di tanti intellettuali italiani. E l’incipit del racconto parte dal libro di Nicoletti: “Il poeta accusa la luna notturna di ‘corrompente illusione’, mentre quella diurna si trova in isolamento ed, in fondo, questo è il suo ‘senso’. Negli anni subito dopo la fine della guerra, quando il vivere era tornato (quasi) normale la dizione ‘andar sulla luna’ (notturna o diurna) era l’equivalente della proposta di un viaggio impossibile, proprio una grande illusione. ‘Vai! Vai sulla luna’, così si apostrofava chi avesse avuto l’ardire di consigliare qualcosa di difficile o addirittura di irrealizzabile. Eppure questo evento si verificò proprio a Misano negli anni tra il 1947 e il 1950 e furono i primi veri intellettuali (di allora!) che scelsero di intraprendere parte delle loro vacanze sulla nostra costa”

“questo / è un momento di riscontro, / una breve sosta / in un luogo poco menzionato // tu sai che è qui che vive / la piccola comunità / del tuo tempo // ed è già tempo di ripartire, / è un treno carico di immagini / molto puntuale” (dal capitolo “Saturno”).

Ancora Pontiggia: “Di cosa ha veramente bisogno la poesia? Credo che l’unica risposta possibile sia: l’onestà intellettuale. Di chi scrive, innanzi tutto, al quale vorremmo chiedere una parola forte, che abbracci la complessità del mondo. E di chi legge, che non è mai una figura subalterna o passiva, ma una presenza attiva. Due solitudini, quella dell’autore e quella del lettore, che si confrontano, dialogano, a volte confliggono, e che proprio nella solitudine della pagina maturano pensieri vasti, generano uno spazio condiviso. Per questo ogni gesto di poesia è un gesto di civiltà, un’opera di resistenza e di passione contro ogni forma di conformismo, di aridità del cuore e della mente. La poesia esige lettori speciali, consapevoli di esserlo, fieri di esserlo”.

I versi di Luca Nicoletti mi sembrano contenere quella rappresentazione della complessità del mondo che Pontiggia invoca. I lettori speciali invece ognuno deciderà se esserlo o meno dopo una attenta lettura delle parole di Nicoletti. E io mi auguro che in tanti possano alla fine considerarsi tali.

Paolo Zaghini