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Un meraviglioso diorama dell’umanità che abita il nostro pianeta, stupefacente tanto nella sua varietà quanto nell’entusiasmo e nella voglia di partecipare


Quello che ogni Olimpiade ci lascia


11 Agosto 2024 / Lia Celi

Lo spirito olimpico, che per quindici giorni vede esaltati valori che in genere non coltiviamo, assomiglia per certi versi allo spirito natalizio, l’overdose di buoni sentimenti che chiude ogni anno. Risultato, alla chiusura dei Giochi, ci ritroviamo, ancora imbevuti di afflati cosmopoliti, ecumenici e decoubertiniani, a stilare una lista di propositi virtuosi, proprio come succede a San Silvestro.

Le Olimpiadi sono un meraviglioso diorama dell’umanità che abita il nostro pianeta, meravigliosa e stupefacente tanto nella sua varietà quanto nell’entusiasmo e nella voglia di partecipare. Per questo una delle prime cose che ci ripromettiamo è un bel ripasso di geografia, per collocare sul mappamondo mentale paesi di cui avevamo dimenticato o sempre ignorato l’esistenza, e che abbiamo scoperto durante le gare.

Ad esempio Saint Lucia, che non è solo la notte più lunga che ci sia, ma anche un’isoletta caraibica grande più o meno come Modena e che a Parigi ha guadagnato un oro e un argento, molto più di paesi ben più grandi e noti alle cronache. Quello scoglietto delle Piccole Antille deve avere davvero qualcosa di speciale, visto che è anche il paese con la più alta densità di premi Nobel rispetto alla popolazione: uno per l’Economia (W. Arthur Lewis nel 1979) e uno per la letteratura (Derek Walcott nel 2002). Ma anche le piccole e orgogliose nazioni dal nome che finisce in genere per U (Tuvalu, Nauru, Vanuatu, Palau…) che non hanno rimediato nemmeno una medaglia di legno ci sono diventate simpatiche e degne d’attenzione, anche perché spesso sono luoghi esotici e spettacolari di cui vale la pena apprendere la storia e la cultura.

Subito dopo o subito prima, nell’elenco del buoni propositi post-olimpici, c’è quello di ricominciare a fare sport, o impararne ex novo uno che ci ha affascinato in tivù, interpretato da qualche atleta carismatico: il tiro con l’arco, il badminton o il taekwondo. Ma anche il caro vecchio nuoto ci appare sotto una nuova luce, dopo aver ammirato i fisici scolpiti degli olimpionici, e non è mai troppo tardi per illuderci che qualche vasca in pausa pranzo o nel fine settimana possa regalarci gli addominali scultorei di Thomas Ceccon o le maestose spalle di Katie Ledecky. Chi è genitore proietta questa buona intenzione anche sulla prole, dopo aver letto le biografie dei campioni, spesso avviati alla disciplina in tenerissima età, come la ginnasta Sofia Raffaeli o il saltatore Stefano Sottile. Aspettiamoci per l’autunno un boom di iscrizioni ai corsi junior di tutti gli sport possibili – e questo è sicuramente un bene, soprattutto se i piccoli atleti troveranno istruttori e istruttrici sensibili, oltre che preparati, non «sergenti di ferro» convinti che strapazzare e umiliare sia il miglior modo di stimolare l’impegno e l’applicazione.

Ultimo buon proposito, per i più entusiasti e ottimisti, quello di cominciare a mettere da parte i soldi per riuscire a vedere i prossimi Giochi dal vivo, anche perché nel 2028 si svolgeranno a Los Angeles, e a causa del fuso orario in Europa chi vuole seguire tutte le gare in tivù dovrà scambiare il giorno con la notte. Quanti di questi buoni propositi arriveranno in finale nella lotta contro la nostra pigra quotidianità, che da domani vorrà riprendere il sopravvento?

Lia Celi