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Però care turiste fatevene una ragione, i Riminesi non sono più quelli di una volta


Vitelloni vs. birri, tante differenze ma unico scopo


18 Agosto 2024 / Giuliano Bonizzato

Care turiste
Il culto che molte di voi nutrono per il nostro grande Federico Fellini di cui ricorre il centenario della nascita non deve indurvi nello stesso grave errore commesso dal Maestro, allorchè, in uno dei suoi capolavori, fece d’ogni erba un fascio identificando il birro romagnolo col Vitellone.

Tra questi due esemplari umani, entrambi estinti, esisteva, infatti, una differenza sostanziale. I Vitelloni di Fellini (interpretati nell’omonimo film da Alberto Sordi e Franco Fabrizi) erano innanzitutto, come il loro creatore, privi di ogni rapporto col mare. Fellini, infatti (talmente magro e ossuto da esser soprannominato Gandhi o “Canocchia” dagli amici) vergognandosi di farsi vedere in costume, si presentava in spiaggia, le poche volte che ci veniva, vestito di tutto punto anche sotto il solleone. E, particolare non indifferente, non sapeva neppure nuotare.

L’habitat del vitellone erano i bar del centro storico, mentre il birro riminese era un animale anfibio che dai sette ai sedici anni si sviluppava sugli scogli artificiali della Palata tra tuffi, immersioni subacquee, nuotate di ore al largo, accanite partite ad assette sul bagnasciuga e robuste remate sul moscone.

Sessualmente il vitellone, fu un rassegnato, dalla carnagione pallida, un po’ flaccido, vittima della sua pigrizia e dei suoi complessi, costantemente in bilico tra la giovane illibata che non si può compromettere e la prostituta delle case di tolleranza. Al contrario il birro, giunto alla maggiore età abbronzatissimo, squattrinatissimo e con un fisico pazzesco, iniziava la sua attività erotica imbarcando plotoni di disinibite turiste nordiche, di giorno sulla riva del mare e di notte nei cosiddetti dancing, ove penetrava gratuitamente grazie alla complicità di direttori di sala amici.

Il birro, dunque, a differenza dell’amorfo vitellone, reagì vitalisticamente alla repressione sessuale di quegli anni presessantottini, grazie ad una esuberante carica ormonale propiziata dalla lunga astinenza invernale e da un mare e da un sole assolutamente afrodisiaci. All’inizio di quello che doveva trasformarsi in un fenomeno di massa, il birro, a voler essere sinceri, tirava su di tutto, fedele al motto ‘basta che respiri’. Poi, quando, su al nord, si sparse la voce, e sulla riviera Adriatica piombarono veri e propri eserciti di magnifiche vichinghe sciamanti festosamente dall’Aeroporto di Miramare, i birri, ridotti in inferiorità numerica, divennero più consapevoli e selettivi. E nacquero anche grandi amori scandinavo-malatestiani coronati spesso dai fiori d’arancio. Unioni- è giusto ricordarlo- che si rivelarono spesso solide e durature.

Nel frattempo le riminesi si evolvevano rapidamente, sia in altezza che in pillola, finendo col battere la concorrenza straniera grazie anche a due marce in più: erano disponibili anche d’inverno e capivano le tue barzellette. Fu la fine di un’epoca. Per cui, care turiste di Oslo, Copenaghen e Stoccolma, non fatevi illusioni, basandovi sulle entusiasmanti esperienze narratevi dalle vostre nonne! I Riminesi, ora sazi e appagati, non sono più quelli di una volta. La globalizzazione è arrivata anche “lì”…

Giuliano Bonizzato