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Non toccate la mortadella di Bologna


Turismo di Rimini: mucillaggini, piscine in spiaggia o fine di un ciclo?


18 Agosto 2024 / Maurizio Melucci

Le mucillaggini e il turismo

A ridosso del Ferragosto, Rimini esprime normalmente il meglio di sé per creatività, tendenze, divertimento. In questo Ferragosto di tutto questo non c’è traccia. In compenso si è discusso di altro. Non c’è stato il pieno di turisti tipico del periodo, il mare vede la presenza delle mucillaggini e questo ha spostato la discussione. Come è successo anche nel passato si cercano soluzioni ai problemi del turismo balneare e del nostro mare pensando a qualche scorciatoia. Nel 1989 dopo la “scoperta” sulla costa romagnola delle mucillaggini (in realtà è un fenomeno conosciuto anche nel 1700) il dibattito che si aprì vedeva due aspetti della discussione: Interventi urgenti con scarsa efficacia e gli interventi di prospettiva. Tra gli interventi urgenti ma inutili le panne in mare che dovevano contenere le mucillaggini a distanza dalla riva. Le mucillaggini ci passavano sotto.

Molto interessante la prospettiva. Lotta all’inquinamento e nuove frontiere per il turismo riminese. Prima delle mucillaggini il mare Adriatico aveva dovuto fare i conti con l’eutrofizzazione del mare (proliferazione di alghe con il culmine nel 1984) per l’apporto di troppi nutrienti  in particolare fosforo e azoto contenuti nei concimi e nei detersivi. La politica intervenne: finanziamenti per i depuratori delle grandi città ad iniziare da Milano (che non aveva ancora un depuratore) e la legge che eliminò il fosforo dai detersivi.

Dopo 4 anni dalla proliferazione delle alghe, nel 1988 la prima avvisaglia delle mucillaggini che durò pochi giorni. Nel 1989 l’esplosione che ricoprì il mare per settimane con disdette turistiche soprattutto estere. A quella situazione si rispose soprattutto con la conferenza regionale sul turismo del dicembre 1989 che lanciò la destagionalizzazione del nostro turismo. Non solo balneare, ma anche turismo tutto l’anno che significava strutture per eventi sportivi, congressuale e fieristici. Vi furono anche finanziamenti per la riqualificazione alberghiera funzionale alla destagionalizzazione. I risultati vi furono, siamo arrivati a circa 400 alberghi aperti tutti l’anno oltre alla realizzazione della nuova Fiera, della Darsena, del palazzetto dello sport, del palacongressi.

Si discusse allora anche delle piscine negli alberghi. Ne furono realizzate tante, alcune vere, altre discutibili.

Ebbene anche oggi, a fronte della presenza delle mucillaggini, è ripartita la discussione sulle piscine, questa volta in spiaggia.

Le piscine più grandi d’Europa o la fine di un ciclo?

Chiedere di fare le piscine sulla spiaggia sembra una soluzione a portata di mano per i problemi che sta attraversando il turismo balneare.

Faccio notare che sul versante Adriatico le piscine sono negli alberghi e villaggi turistici. Non vi sono sulla spiaggia. Le piscine sulla spiaggia vi sono in alcune zone del versante tirrenico e soprattutto a Viareggio realizzate tanti anni fa.

Nelle nostre realtà sono stati autorizzati giochi d’acqua con un altezza non superiore 30 cm. Cosa diversa sono le piscine.

Io credo sarebbe un errore, grave, realizzare piscine sull’arenile di Rimini. Vi sarebbe un impatto ambientale consistente (la Soprintendenza dovrebbe dare parere contrario) senza risolvere il problema del nostro turismo, per la semplice ragione che non possiamo rinunciare a promuovere il nostro mare, che è un mare pulito e sicuro. Le piscine non sono un’alternativa al mare, non possono essere un’alternativa al mare.

C’è chi ha detto che a Rimini dovremmo fare le piscine più grandi d’Europa. Immagino che chi l’abbia detto sia consapevole di cosa parli. A Berna il Freibad Weyermannshaus è la più grande piscina svizzera e probabilmente dell’intera Europa occidentale ed ha una superficie di quasi 16.000 metri quadrati, pari a più del doppio di un normale campo da calcio. L’ingresso alla struttura è gratuito.  E potrei proseguire facendo altri esempi di grandi piscine in Europa e Italia, non parchi acquatici.

Direi di lasciare perdere queste proposte. Se si vogliono fare le piscine si utilizzino gli spazi del Parco del Mare e non certo occupando l’arenile. Parliamo di piscine che debbono essere permanenti (non si possono smontare durante l’inverno per ovvie ragioni) e utilizzare acqua di mare (pensare di usare acqua potabile è semplicemente impossibile con la scarsità di acqua che vi è). Ultimo non certo per importanza, si deve decidere chi paga questi investimenti e chi li gestisce (i costi sono alti).

Sarebbe utile fare questa discussione, come ho già detto non a Ferragosto, ma quando avremo un quadro più puntuale della stagione balneare, che sappiamo comunque essere problematica. L’impressione che ho è che siamo alla conclusione di un ciclo economico e non servono soluzioni improvvisate e inadeguate.

Le piscine negli stabilimenti di Viareggio

 

Nel turismo l’unità di misura è lo “spannometro”

Claudio Montanari, neopresidente di Federalberghi Riccione, qualche giorno fa affermava: “Venti anni fa si veniva in vacanza per due settimane, poi fino a qualche anno fa una settimana, ora le persone si accontentano di tre o quattro giorni”.

Montanari è un imprenditore del turismo da anni, tuttavia, fa un’analisi che non trova conferma nei dati ISTAT. Nel 1999 la permanenza media in provincia di Rimini era di 6 giorni. Riccione aveva la stessa permanenza media (fonte Provincia di Rimini statistiche del turismo). Nel 2019 (anno precovid) la permanenza media era di 4,4 giorni in provincia di Rimini e di 4,1 giorni a Riccione (fonte Regione Emilia-Romagna). In 24 anni abbiamo perso due giorni di permanenza media senza nessuna azione concreta per contrastare questo declino che riguarda in primo luogo il turismo balneare. Per trovare una permanenza media di due settimane dobbiamo tornare indietro di oltre 40 anni.

 

Viva il panino con la mortadella

Mio genero, cittadino americano che vive a New York con mia figlia, quando arriva in Italia si mangia un panino con la mortadella. A casa mia spesso vi è mortadella insieme alla spianata sulla tavola per il pranzo.  La mortadella è una delle eccellenze della gastronomia italiana e bolognese in particolare. Parto da qui per commentare il dibattito in corso a Bologna sulle caratteristiche del turismo presente nel nostro capoluogo di Regione. Dico subito che condivido la posizione del sindaco di Bologna Matteo Lepore.

La giornalista Ilaria Maria Sala ha raccontato sul Times di come Bologna, la sua città natale, da meta tutto sommato di nicchia negli ultimi anni si sia ritrovata invasa da turisti («I voli low cost, gli affitti brevi e i social media hanno cambiato tutto»), e sempre più legata a uno dei suoi prodotti più tipici, la mortadella. Sempre più negozi indipendenti hanno chiuso durante la pandemia, lasciando spazio ad antiche salumerie che, come racconta Sala, sono catene e non così tanto antiche.

La risposta di Lepore è stata netta: “Bologna è attraversata dai fenomeni che toccano tutte le città occidentali avanzate, come l’arrivo delle piattaforme per gli affitti brevi e il riscaldamento globale, ma rimane una città dotata di un welfare solido e in grado di allargarsi di anno in anno. Le città sono la frontiera e il luogo del conflitto tra i vecchi e i nuovi interessi. Tutti viviamo le stesse contraddizioni ma, vi assicuro, nessuno penserebbe mai di definire Bologna una città con cervello, cuore e occhi intasati di mortadella”. Per governare la città abbiamo bisogno di “una sinistra senza puzza sotto il naso, che si tuffa nelle contraddizioni della vita reale per guidare e governare i cambiamenti” conclude Lepore. E’ proprio così.  Aggiungo conoscendo Bologna, che il settore turistico è decollato grazie soprattutto a Ryanair e ha prodotto più occupazione e generato ricchezza. Il fenomeno va gestito, ma non ci sono solo aspetti negativi.

In ogni caso della mortadella occorre parlare bene, lasciamola in pace.

Maurizio Melucci