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Concessioni spiagge, chi ha vinto e chi ha perso. Aeroporto, i conti non tornano


Il Pd e le elezioni regionali: a Rimini c’è una candidatura di troppo


8 Settembre 2024 / Maurizio Melucci

Il Pd e le candidature regionali

Non avevo messo in programma una pillola sulle candidature del Pd per le prossime elezioni regionali del 16 e 17 novembre. Mi sembrava, sulla base delle esperienze di passate elezioni regionali un percorso da gestire senza particolari problemi. A Rimini assisto invece negli ultimi giorni a un dibattito acceso e talvolta polemico sul come arrivare alla scelta dei quattro candidati (due femmine e due maschi) previsti per la lista regionale.

“Una gestione delle candidature che non ci piace, non ci soddisfa e che contestiamo” dichiara ai quotidiani Roberto Perazzini, segretario del circolo Pd di Torre Pedrera e Viserbella, in rappresentanza degli iscritti dell’area nord di Rimini (Viserba, Santa Giustina, Torre Pedrera). “Il metodo che il segretario Filippo Sacchetti ha utilizzato per selezionare quelli che dovranno diventare i nostri rappresentanti in Consiglio regionale è lontano mille miglia dall’idea di democrazia che abbiano noi”. Di fatto Perazzini chiede un voto segreto degli iscritti su chi dovrà essere il candidato e non soltanto una consultazione come hanno fatto altri circoli del Pd sul territorio. Ovviamente quando si pone un problema di metodo in realtà vi è un problema politico. Provo a spiegarlo in modo semplice.

Lo statuto regionale del Partito Democratico prevede: “Non è ricandidabile da parte del Partito Democratico a cariche pubbliche in assemblee o esecutivi in Regione, Province e Comuni superiori a 15.000 abitanti chi abbia già ricoperto le medesime cariche per la durata di due mandati pieni consecutivi”. Ebbene la legislatura regionale attuale si conclude in modo anticipato (per l’elezione di Bonaccini in Europa) rispetto alla scadenza naturale del gennaio 2025. Due mesi di legislatura in meno che non fanno scattare la norma dello statuto sulla incandidabilità dopo due mandati. E’ il caso di Nadia Rossi al suo secondo mandato come consigliera regionale, ma non concluso pienamente. Con questa situazione e tenendo conto dei criteri usati nel passato (riconferma dei consiglieri uscenti) le due candidature certe dovrebbero essere Emma Petitti (al suo primo mandato come consigliere regionale) e Nadia Rossi.

Sarebbe anche il caso di evitare di infilare in questa discussione Emma Petitti, come detto, al primo mandato in consiglio regionale e presidente dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna che ha condotto in questi anni con competenza ed autorevolezza. Si sta parlando della seconda carica istituzionale della Regione.

Dopo le candidature delle due donne dovrebbe esserci una candidatura maschile per la zona sud di Rimini già individuata in Simone Gobbi, presidente del consiglio comunale di Riccione e un’altra candidatura maschile per Rimini Nord (Santarcangelo, Valmarecchia, Bellaria). Con questo schema nasce il secondo problema politico: Alice Parma sindaca di Santarcangelo fino pochi mesi fa, è sostenuta da buona parte del partito di Santarcangelo e della Valmarecchia per la candidatura in consiglio regionale. A questo punto i candidati diventano 5 di cui tre donne. Ma non basta. Anche tra i maschi l’elenco sta diventando sempre più ampio soprattutto per la candidatura di Rimini: Giacomo Gnoli segretario del circolo del V Peep. Edoardo Carminucci e Giovanni Casadei consiglieri comunali di Rimini.

Dal mio punto di vista fare votare gli iscritti nei circoli senza un minimo di regolamento ed in modo uniforme su tutto il territorio provinciale rischia di essere solo controproducente, aprendo una polemica pubblica che non serve a nessuno.  Si concluda la consultazione tra i circoli e poi la direzione provinciale del Pd decida. Una lista per le regionali non può essere oggetto di pseudo primarie come se fosse una carica istituzionale monocratica (sindaco o presidente). Infatti saranno gli elettori con il voto di preferenza a decidere chi delle quattro candidature sarà eletto consigliere regionale. Il problema è arrivare alle quattro candidature. Alla prossima puntata.

Alice Parma e Filippo Sacchetti

Concessioni spiaggia

Il centro destra dopo avere promesso di escludere gli stabilimenti dalla direttiva Bolkestein (sono ancora freschi nella memoria i passional interventi di Giorgia Meloni da leader di Fratelli d’Italia a difesa della categoria), ha partorito una norma debole e pasticciata, concordata in qualche modo con la Commissione Europea

Soltanto alcune considerazioni in attesa che il decreto venga convertito in legge e che la Commissione Europea chiuda la procedura d’infrazione. Nel frattempo commento l’accordo indicando chi ha vinto e chi ha perso in questa lunga storia iniziata nel 2008.

  • Ha vinto il diritto europea ed italiano sulla libera concorrenza e contro le lobby di potere. La prima sentenza della Corte Costituzionale è del 2010
  • Ha perso la politica, tenuta in ostaggio da poche migliaia di imprese che hanno impedito di realizzare una legge moderna ed hanno bloccato dal 2008 gli investimenti nel turismo balneare,
  • Hanno vinto le associazioni dei consumatori e degli ambientalisti che per la prima volta hanno indicato le proposte ai tavoli nazionali ed europei
  • Hanno perso le associazioni dei balneari, i consulenti delle associazioni, gli avvocati che raccontano balle. Si dovrebbero dimettere tutti e chiedere scusa, se no  pagare i danni. Ma non lo faranno.

Ora i Comuni farebbero bene a procedere con i bandi per le concessioni che non hanno fatto investimenti negli ultimi 5 anni (la stragrande maggioranza). Non sono sicuro che la proroga prevista nel decreto del governo (fino al 2027) regga alla prova della giustizia amministrativa italiana.

Aeroporto di Rimini, i conti non tornano

Quasi tutti i mezzi d’informazione hanno titolato nei giorni scorsi: “Crescita per l’Aeroporto Rimini-San Marino: +14,3%”. La realtà è ben diversa.

AIRiminum 2014, la società di gestione dell’Aeroporto Internazionale di Rimini e San Marino, comunica che al 31 agosto, l’incremento dei passeggeri commerciali registrato nei primi 8 mesi del 2024 è di circa +14,3% rispetto allo stesso periodo del 2023 ma ancora sotto il 2019. Apparentemente una notizia positiva, che fa seguito ai tanti comunicati durante l’anno che hanno sempre per oggetto l’incremento dei voli e dei passeggeri sullo scalo riminese.

Sinceramente le cose non stanno così. Continuare a dire che va tutto bene non aiuta nessuno. Non vanno bene quei dati per la semplice ragione che oltre il 46% dei passeggeri (106.000) provengono da rotte che fanno outgoing (portano turisti in quelle località). Tirana e Cagliari (operativi anche nella stagione invernale) sono le “top destination” rispettivamente con 42.332 passeggeri e 34.210 mila passeggeri, seguite da Palermo (30.136 passeggeri).

In realtà le tratte funzionali all’incoming (turismo in entrata a Rimini) sono molte ridotte. Per questa ragione la politica dell’aeroporto di Rimini deve essere profondamente modificata. Sono consapevole che si tratta di una società privata i cui piani industriali non necessariamente debbano coincidere con l’interesse pubblico del territorio dove opera. Nel nostro caso vi è un evidente interesse principale per le tratte aeree che portano turisti.

Ma credo si possa definire un patto tra società Ariminum e le istituzioni del territorio per la gestione dei finanziamenti pubblici che sono stati previsti dalla Regione. Un coinvolgimento di tutti i protagonisti del territorio dove equilibrio economico dell’aeroporto ed interessi collettivi del nostro turismo possano coesistere.

Maurizio Melucci