Sì, sì, belle le luminarie, i concerti di Natale, il Capodanno più lungo del mondo, eccetera. Ma quest’anno il Comune di Rimini ha deciso di mettere sotto l’albero anche un regalo utile e importante per tutte le donne: il taglio della tampon tax, cioè la riduzione dell’Iva dal 10 al 5 per cento su assorbenti e tamponi per tutto il 2025, nelle farmacie comunali. «Un segnale per il governo», ha detto la vicesindaca Chiara Bellini, dove “segnale” forse era un eufemismo diplomatico per «buon esempio» o «lezione», a beneficio di un esecutivo che preferisce spendere miliardi nella costruzione di centri migranti uso canile in Albania e in trattamenti wellness per poliziotti e carabinieri costretti all’ozio, piuttosto che nell’alleggerire il prezzo di articoli igienici di prima necessità per undici milioni e mezzo di italiane.
Anche se le feste di fine anno sono momenti consacrati all’ottimismo e ai buoni auspici, è davvero difficile credere che la lezione di Rimini possa essere recepita da palazzo Chigi, impegnato a rastrellare soldi ovunque tranne dove sarebbe sicuro di trovarli: nelle tasche degli evasori. Tanto per inquadrare la sensibilità femminile della premier donna-madre-cristiana-e-nessuno-potrà-toglierglielo, Giorgia Meloni ha chiamato “pizzo di Stato” le tasse sul reddito, e non lo scandaloso balzello sugli assorbenti, che fino al governo Draghi era al 22 per cento, come sui beni di lusso, e anche dimezzato è superiore all’aliquota sui tartufi (5 per cento) e sui francobolli da collezione (9 per cento).
Quando vi domandate cos’è il patriarcato, non pensate solo a molestie, maltrattamenti e femminicidi. Patriarcale è anche il totale, volontario e ignorante disprezzo per la fisiologia di metà della popolazione italiana e per le sue esigenze specifiche. Solo così si può spiegare come qualcuno possa ancora considerare un assorbente igienico più superfluo del tartufo di Alba o di un Gronchi rosa. Per i e le governanti, evidentemente, in linea di principio le italiane nei giorni del ciclo – tutti insieme occupano circa sette anni e mezzo nella vita di ogni donna – non dovrebbero usare nulla e macchiare spensieratamente abiti e lenzuola, oppure, se proprio ci tengono, infilarsi delle pezze nei mutandoni, come nella notte dei tempi, tanto il bucato lo fanno loro. Cos’è il bisogno di una donna di sentirsi a proprio agio e non sanguinare in giro, rispetto al legittimo desiderio di una grattugiata di tartufo sulle uova o di un francobollo raro per la propria collezione?
Sarcasmo a parte, sarebbe davvero bello che la piccola, virtuosa sortita riminese contro la povertà mestruale indirizzasse la politica sulla buona strada. Ma se non capirà l’antifona, ci vorranno azioni dimostrative più esplicite da parte delle associazioni femministe. Le prime idee che mi vengono in mente: spolverare di lamelle di assorbente il risotto servito alla buvette di Montecitorio, o riempire di assorbenti le bacheche dei negozi di filatelia.
Lia Celi