Dopo due anni di indagini e processi, a Rimini giungono le prime condanne per i componenti del gruppo di imprenditori calabresi accusati di essersi spacciati per affiliati alla ’ndrangheta nella Riviera romagnola. Il caso, esploso nel 2021, ha portato a una serie di condanne che vanno da un massimo di tre anni e nove mesi a un minimo di un anno e nove mesi, oltre a quattro rinvii a giudizio.
Il contesto e l’operazione “Popilia”
L’indagine, condotta dai finanzieri del Comando provinciale di Rimini e coordinata dal pubblico ministero Luca Bertuzzi, è stata denominata “Operazione Popilia”. Aveva portato alla luce un sistema di illegalità radicato tra il 2018 e il 2021, che coinvolgeva un gruppo di imprenditori di origine calabrese operanti in Romagna. Il gruppo gestiva attività turistiche, tra cui un hotel e un chiringuito sulla spiaggia di Viserba, attraverso intestazioni fittizie di beni e società, retribuzioni irregolari e minacce rivolte a dipendenti e fornitori.
Un dipendente, vessato e non pagato, aveva avuto il coraggio di denunciare, dando avvio a un’indagine che ha svelato una sfilza di reati, tra cui: Estorsione; Detenzione e porto illegale di arma da fuoco (una pistola calibro 7,65 utilizzata per minacciare il personale e i locatori); Intestazione fittizia di beni e società.
Le misure cautelari e i sequestri
Le indagini hanno portato al sequestro preventivo di beni aziendali e quote sociali di sei società fittiziamente intestate a prestanomi, operanti nel settore turistico-ricettivo e negli allestimenti fieristici nelle province di Rimini, Forlì-Cesena e Siena. In totale, sono stati sequestrati 1,5 milioni di euro in conti correnti e quote societarie.
Nel corso dell’operazione, cinque persone sono finite agli arresti domiciliari e tre hanno ricevuto obblighi di firma. Gli indagati, difesi da un team di avvocati tra cui Giuliano Renzi, Alessandro Guidotti e Gilberto Gianni, erano complessivamente otto.
Le condanne e i rinvii a giudizio
Il giudizio abbreviato si è concluso con la condanna di quattro imputati. Tre anni, nove mesi di reclusione per due degli indagati; rre anni, un mese e dieci giorni per un altro; un anno e nove mesi per il quarto condannato, con l’aggiunta dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per due dei quattro. Gli altri quattro indagati sono stati rinviati a giudizio, con il processo davanti al Tribunale collegiale di Rimini fissato per l’11 febbraio 2024.
Un sistema diffuso e consolidato
Il gruppo calabrese aveva esteso le proprie attività gestendo strutture ricettive e alberghiere non solo a Rimini, ma anche a Chianciano Terme, Castrocaro, Cesenatico e San Mauro Mare. I prestanomi e le società fittizie costituivano lo strumento principale per eludere controlli fiscali e legali, mentre minacce e violenze garantivano il controllo delle operazioni.
Tra gli episodi più gravi emersi dall’indagine, l’uso della pistola per intimidire sia il dipendente del chiringuito, sia il proprietario dei muri dell’hotel di Viserba, che aveva richiesto il pagamento degli affitti arretrati.