Sadeghoolvad sul Pd: “No al partito dei cattolici. Ci serve più pragmatismo. L’integrazione? Chi arriva rispetti regole”
20 Gennaio 2025 / Redazione
L’attivismo dei cattolici progressisti delle ultime settimane sta animando il dibattito all’interno del Partito Democratico. Un fatto positivo, un arricchimento di pensiero che non può suonare fastidioso per alcuno. Venendo dall’esperienza della Margherita, provo a mettere in fila qualche rapido pensiero. 1. Sono d’accordo che non serva al centrosinistra e in generale al Paese un ‘partito dei cattolici’. 2. Convengo sul fatto che serva un pensiero moderato e non conservatore, pur con le enormi difficoltà di un dibattito che in tutto il mondo sta premiando posizioni estreme 3. Credo che ‘essere cattolici’ nel PD non debba aprire la strada a una corrente o a una richiesta di riequilibrio di potere interno.
La segreteria Schlein ha indubbiamente rilanciato il Partito democratico dal punto di vista elettorale, e merita il sostegno di tutti. Quello che posizioni moderate possono davvero apportare è uno stimolo di idee e un booster di concretezza con il dichiarato obiettivo di mettere al centro temi e cose che riguardano la vita di tutti, e non possono essere evitati per timidezza o qualsiasi spicciolo interesse interno 4. Su sicurezza e imprese noi del PD dobbiamo essere proattivi e pragmatici. E comprensibili nella comunicazione. Alla parola ‘riformismo’, molto da adepti, preferisco praticità. Sull’economia non possiamo pensare di limitarci a qualche buona idea o a proposte tutte in aumento della spesa pubblica. Sulle imprese come valore di comunità, come motore di sviluppo, lavoro e innovazione, il PD ha le competenze e la credibilità per dire e soprattutto fare molto. Anche a contrasto del turbocapitalismo da legge della giungla che sta affascinando il centrodestra italiano e non solo. Ma bisogna cambiare approccio e guardare con meno diffidenza al privato.
Lo stesso cambio di passo sulla sicurezza. Keir Starmer ha riportato il Labour Party al governo in Gran Bretagna grazie a un programma molto netto per il contrasto alla criminalità, anche in rapporto con l’immigrazione clandestina. Questo programma si intitola ‘Take back our streets’, riprendiamoci le nostre strade. Non so se quella sia una ricetta giusta per l’Italia, ma quello che so è che il programma di Starmer è quello e comprensibile da tutti. L’integrazione è un processo delicato, complesso ma necessario e la si può raggiungere solo nel rispetto delle regole che questo Paese (un Paese peraltro sensibile e sostanzialmente attento all’integrazione sociale attraverso il welfare) si è dato e che devono essere osservate da tutti, compreso chi ha scelto di viverci venendo magari provenendo da lontano. 5. Aggiungo una ulteriore riflessione: non avere paura della decisione.
Chi amministra, ad ogni livello territoriale, ogni giorno prende e sottoscrive decine di decisioni. promuove la partecipazione, si confronta, decide. Il suo ruolo è trovare sintesi e non mediare all’infinito, magari cercando di conciliare posizioni che non si potranno mai conciliare, con il risultato dell’immobilismo. E’ l’onere e l’onore di governare, sapendo bene che l’errore è inevitabile ma altrettanto bene che il più grave degli errori è stare fermi per paura o quieto vivere. Il PD nasce al Lingotto per questo: partecipazione e decisione. Significa non avere timore della leadership Elly Schlein sicuramente apprezzerà il contributo che sta arrivando dai cattolici, dai moderati, dai riformisti, dal civismo. Diciamo, superando le categorie del lessicalmente corretto, da chi pragmaticamente è ancora convinto che sono le idee e la loro possibilità di essere concretizzate la ricetta magari antica ma vincente per connettersi alla comunità nazionale. E il coraggio. Famosa la frase di Frankie Delano Roosevelt, ‘L’unica cosa di cui aver paura è la paura stessa’. Lezione anch’essa datata ma sempre attuale.
Jamil Sadegholvaad sindaco di Rimini