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Per il sindaco che cerca di succedere a se stesso probabile un ballottaggio con un rivale insidioso a sinistra e molti nel centrodestra con cui dover venire a patti


A Bellaria comunque vada per Filippo Giorgetti sarà un insuccesso


27 Aprile 2024 / Onide Donati

L’ansia da prestazione lo sta divorando. Filippo Giorgetti, sindaco di Bellaria-Igea Marina e aspirante a succedere a sé stesso, affronta la campagna elettorale con le esagerazioni degli insicuri. Esagerati i metri cubi di asfalto distribuiti nelle ultime settimane, esagerate le ruspe civetta che segnalano cantieri ben lungi dall’essere aperti, esagerata la pioggia di numeri di bilancio con avanzi che nessuno del mestiere è capace di interpretare e figurarsi un comune cittadino, esagerato l’annuncio che nella prevedibile futura voragine finanziaria della vecchia fornace è nato tra i calcinacci un improbabile nuovo parco con giochi, piste da skateboard e meraviglie varie (se andate a cercarlo in macchina fate attenzione alla strada piena di buche).

Il fatto è che Giorgetti sa già di essere, insieme, il probabile vincitore e il probabile perdente. Comunque vada sarà un insuccesso. E non è un paradosso, per quattro validi motivi: ha un pessimo carattere che i suoi yes man non gli hanno mai corretto e lo tiene inchiodato prima della soglia della piena popolarità; ha a sinistra un avversario insidioso che molto meglio di lui interpreta le aspirazioni dei moderati; ha una inedita concorrenza al centro con un candidato cattolico fuoriuscito dalle sue fila; ha una diaspora a destra che, per quanto Giorgetti tenda a dissimulare come la mattata degli scappati dalla sua casa, in realtà potrebbe costargli cara.

Detto questo, è certo che il 9 giugno il suo nome uscirà dalle urne primo ma è anche probabile che andrà sotto il 50% e dovrà affrontare, seppur da favorito, un ballottaggio che si presenta in salita. Contro chi è facile da prevedere: Ugo Baldassarri, architetto, candidato sindaco di una inedita coalizione progressista, uno dei pochi campi larghi d’Italia che ha resistito a ogni terremoto tra Pd e M5S.

Con tutta la buona e cristiana volontà, il cattolico Primo Fonti può ipotecare un po’ di voti nel centro che guarda a destra pur fedele a Papa Francesco, nella sinistra cattocomunista e in quella parrocchia da sempre cassaforte dei voti della destra. Arriverà a un risultato dignitoso ma non farà i fuochi d’artificio. Da verificare come si schiererà in caso di ballottaggio, certo è che non si accorderà mai con Giorgetti.

Discorso più complicato per la diaspora a destra, che porta con sé una serie di implicazioni di dislocamento politico di partiti che, in teoria, dovrebbero sostenere Giorgetti e il ritorno sulla scena di un personaggio del passato con un probabile seguito nel presente: Enzo Ceccarelli, due volte sindaco prima di Giorgetti. I due non hanno mai legato. Ceccarelli è stato avvistato l’ultima volta con la camicia verde della Lega messagli addosso dal deus ex machina del Carroccio Jacopo Morrone che ne voleva fare addirittura il sindaco di Rimini (figurarsi con quale trasporto degli alleati di destra!). Il front man di Ceccarelli è Gianni Giovanardi, geometra suo fidato assessore, brava persona, amante dei border collie, interessato alla nautica e navigatore di centro. Ha un limite: gli manca il quid, come disse Berlusconi di Angelino Alfano. Nel gruppo c’è anche una vecchia conoscenza dell’estremismo di destra, quel Gianluca Medri Ottaviani. che in Consiglio comunale difese lo stragista Luigi Ciavardini, uno degli esecutori della strage alla stazione di Bologna. Una compagnia variamente assortita che potrebbe spostare verso la lista capitanata da Giovanardi i residui voti leghisti, una fetta di imprenditoria soprattutto alberghiera, oltre a catturare l’attenzione di certi poteri forti economici entrati tra loro in rotta di collisione dopo che il vaso di pandora della destra si è scoperchiato. Insomma, non ci sarebbe da stupirsi se Giovanardi centrasse un risultato a doppia cifra.

I ballottaggi, si sa, in genere sono una nuova partita. A volte si ricomincia da zero, senza la rete di protezione di un apparentamento. A volte, invece, ci si mette insieme ai parenti serpenti di cui bisogna assecondare ricatti e pretese. Il dilemma di Giorgetti si riassume in uno slogan leniniano: che fare? Andare a patti con Ceccarelli-Giovanardi-Medri sarebbe la scorciatoia per la vittoria elettorale al secondo turno ma anche la certificazione della sconfitta politica e personale per l’ovvio alto prezzo da pagare. Puntare sulla vittoria in solitaria sarebbe la scelta eticamente più chiara e apprezzabile ma rischiosissima perché Baldassarri non è un competitor facile. Il dilemma verrà sciolto dopo il 9 giugno. Fino ad allora ai bellariesi toccherà ascoltare gli annunci di nuove meraviglie, assistere ancora a qualche sbadilata d’asfalto e al via vai di ruspe civetta. È il prezzo da pagare all’ansia di prestazione del primo cittadino pro-tempore.

Onide Donati