La “transumanza politica” è una delle tante malsane eredità lasciate da Berlusconi, che dopo esserne stato l’iniziatore ne ha detenuto a lungo il monopolio, riuscendo così ad evitare, in più di un’occasione, che il suo Governo uscisse con le ossa rotte.
Il caso più clamoroso e ben riuscito di quelle compravendite parlamentari fu quando si portò a casa Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, che lasciarono “Italia dei Valori” di Di Pietro trovando più remunerativi i valori di “Forza Italia”.
Ma pare che oggi ci risiamo, poiché a seguire certe vicende di questa antivigilia elettorale si ha l’impressione che non pochi politici siano presi dalla voglia di imitare ciò che succede nel mondo del calcio, quando un giocatore, fatti i suoi conti, decide dall’oggi al domani di trasferirsi in un’altra squadra, fregandosene altamente se i tifosi che abbandona lo riempiranno di contumelie, tanto ci penseranno quelli nuovi a continuare ad osannarlo sugli spalti.
Così come nel calcio chi intenda cambiare casacca cerca quasi sempre il miglioramento remunerativo che possa pervenirgli da una compagine messa meglio in classifica, allo stesso modo vi sono politici che aspirano a fare “il salto della quaglia” per mettersi sotto l’ala protettrice del cameratismo melonian-sovranian-populista, che al momento comanda in Italia.
Fra i ripudianti non marcano pure taluni personaggi di sinistra (o giù di lì), ma molti di più sono i legaioli che, temendo di perdere la poltrona a causa della peracottagine di Salvini, cercano di “travasarsi” all’interno della destra stessa, chiedendo soccorso alla Meloni o, se proprio non riescono a fare meglio, magari pure a Tajani.
Questo poco dignitoso traghettamento sta soprattutto verificandosi a livello nazionale, anche se non ne mancano dei casi pure qui da noi, come ricordava Maurizio Melucci nel suo articolo di domenica.
Fra questi ce n’è uno che mi colpisce profondamente, sul piano personale più ancora che su quello politico: lo sgambetto di Tonini contro coloro con cui a Misano ha condiviso la gratificante passione dell’impegno politico ed il ruolo di assessore comunale.
Per come l’ho conosciuto e l’ho stimato, se qualcuno mi avesse predetto che un giorno avrebbe tentato l’autogol contro la sua casa madre, gli avrei dato del provocatore.
Invece è proprio così, si è messo “elettoralmente all’asta”, come lui stesso ci ha tenuto a chiarire: «Da parte mia nessun pregiudizio verso nessuno. Gli accordi li faccio con i misanesi, di destra, di sinistra, non importa».
Pare che però la sua abiura non stia raccogliendo a destra l’elogio di tutti. Forza Italia non dimentica come lui non abbia mai stimato Berlusconi, mentre i post-almirantiani figurarsi se se la sentono di imparentarsi con uno nato politicamente nel Partito Comunista e che, almeno in passato, non ha avuto remore a dichiararsi antifascista.
Gli è dunque rimasto il premio di consolazione dei leghisti che, a imitazione di come Salvini sta sbavando per il Generale autore di quel vomitevole libro, stanno vivendo Tonini un po’ come il loro “Vannacci di Misano Monte”.
Ma a lui basta e avanza, perché Piccioni se la dovrà vedere col merluzzo volante del suo “Voltiamo Pagina”: un minaccioso “drone ittico” che – parola di Tonini – «sta sotto la superficie dell’acqua ma poi sorprende tutti volando nell’aria», proprio come un missile lanciato dal sottomarino.
Sarà, ma a me tutta questa sua infatuazione per la destra, più che ad un pesce mi sembra collegabile ad un altro animale, citato nella frase che in casi come questo avrebbe detto mia nonna: «E fa cumè Sant’Antogni, che us’è inamurè de baghin».
Nando Piccari