HomeCulturaA Rimini cinque fotografi per il Green Festival S. Marino Montefeltro

Giorgio Busignani, Gabriele Mazza, Alessandro Mazzoli, Roberto Vecchiarelli e Tonino Mosconi al Laboratorio Aperto dal 18 ottobre al 15 novembre


A Rimini cinque fotografi per il Green Festival S. Marino Montefeltro


16 Ottobre 2024 / Redazione

Il Green Festival S. Marino Montefeltro cala un poker d’assi in occasione della sua quinta edizione che si svolgerà a Rimini nella sede del Laboratorio Aperto nell’ala nuova del Museo di via Cavalieri 22.

Giorgio Busignani, Gabriele Mazza, Alessandro Mazzoli, Roberto Vecchiarelli e Tonino Mosconi: cinque fotografi per raccontare attraverso le loro immagini temi di stringente attualità all’insegna della visionarietà ma anche degli aspetti ambientali ed ecologici, in connessione con il tema del Festival dal titolo “Bussole per la tempesta. Come vivere e non sopravvivere in tempi difficili”. I giorni del Festival, intenso di incontri e dibattiti, sono collocati dal 18 al 20 ottobre 2024.

Per “Io vivo tra le cose”, quattro fotografi ritraggono un mondo fatto di cose ritrovate, una casa dove la dipendenza da accumulo diventa la vetrina non solo per gli oggetti ma per altre riflessioni. Si tratta di un vero e proprio viaggio umano e fotografico nel difficile rapporto con le cose rifiutate o abbandonate, lasciando intuire per tutti loro, chiamati a documentare l’essenza degli oggetti e l’eccentrica visione del suo proprietario, una comune capacità di osservare da vicino il luogo e il suo stravagante contenuto. In parallelo emergono piani di lettura trasversali, a partire dai significati ecologici e del complesso ruolo della nostra società con il trash, la spazzatura, con la funzione del suo riuso e del suo ‘valore’ etico. Soprattutto nella necessità di recuperare un rapporto più vero con le cose e di promuovere uno stile di vita più sostenibile. Sottolineando anche l’importanza di ridurre drasticamente il consumo di beni destinati a diventare presto rifiuti, come insegna la obsolescenza programmata dei nostri acquisti.

Al centro del lavoro di ricerca dei fotografi nonché a guidarli è la stessa prospettiva del raccoglitore-accumulatore che conserva le cose destinate a svanire, il quale non ha paura di vivere nel loro tumulto, private come sono della loro funzione originaria, ma rese diverse da una nuova percezione. Ne fuoriesce inevitabile anche il suo profilo psicologico, che dalla poco edificante desolazione delle cose abbandonate, sa trarre un ‘codice sacro’ attraverso il quale conferisce dignità e vita agli oggetti e ai loro frammenti. Da qui, da questo deposito provengono i componenti che hanno popolato il Micro il Museo dell’Oggetto ritrovato di Verucchio, come la Bacheca degli oggetti viaggiati o l’Ospedale dei Soldatini, che assembla un’infinità di soldatini, mutilati, decapitati, disarmati, Le Plastiche raccolte sulle spiagge dopo le mareggiate.

Il potere del processo estetico trasforma questi insiemi e in virtù di un istinto ordinatore che guida sia gli accumuli che la loro esposizione, ravvivata da un intento museologico, gli oggetti si conformano in collezioni curiose. Si unisce una componente emotiva e feticistica accanto alla perizia tassonomica nel raccogliere e rubricare gli oggetti, smarriti nel tempo e nello spazio.
Così, frugando negli scarti del nostro quotidiano scaturisce un piccolo esercizio filosofico, un’indagine antropologica sugli oggetti del vissuto non percepito e dimenticato. Un viaggio questo compiuto da Giorgio Busignani, Gabriele Mazza, Alessandro Mazzoli, Roberto Vecchiarelli adatto a chi vuole aprire le porte non secondarie dell’attenzione e lasciarsi guidare da una diversa “percezione”.

Narratore di storie, tanto territoriali quanto universali, toccando temi che sono alla radice del vivere umano, Tonino Mosconi si è avventurato in un racconto multiplo che interseca piani di lettura diversi, filosofici e mitologici, letterari e storici, non certo nuovo ad affrontare viaggi antropologici alla ricerca delle ragioni profonde dell’umanità.
Con Prometheus (nell’immagine in apertura), il dono del fuoco affonda ed esplora attraverso l’obbiettivo fotografico le radici della storia umana e dei suoi archetipi non negando criticità verso quei paradigmi ideologici che condizionano oggi l’esistenza della vita sul Pianeta in un progressivo degrado e impoverimento.

L’avvento esponenziale della tecnica come unità di misura degli equilibri politici ed economici, le crepe dell’infallibile primato della scienza legate al primato dell’economia sono sotto la sua lente di ingrandimento ed enunciati come paradossi della contemporaneità.

Con il nitore di un bianco e nero inattaccabile e poetico, Tonino Mosconi racconta con le sue immagini il declino della civiltà occidentale o per meglio definire globale. Racconto e fotografie sono il frutto dichiarato del pensiero dell’autore sulle cose del mondo e della civiltà odierna, ma anche l’esito documentale raccolto in numerosi viaggi tra Occidente e Oriente in un pianeta che andrebbe diversamente illuminato. Condivisibile allora la citazione che in epigrafe chiude il suo racconto e che recita: “Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce“ (Platone). Le immagini presentate sono parte fondante di un poderoso libro, Prometheus, il dono del fuoco, edito da Pazzini nel 2024 con prefazione del filosofo Diego Fusaro.

Prometeo, il Titano, (il nome significa: Colui che vede prima) – quello che Zeus per punizione aveva fatto legare a una roccia dove un avvoltoio gli rodeva il fegato, perché aveva donato agli umani il fuoco rubato a Efesto e a Atena- dà il nome a questa impresa di Tonino Mosconi e ispira la sua narrazione attraverso immagini eloquenti.

È partito dal mito, da Prometeo, colui che ha incarnato il bisogno di autonomia contravvenendo le disposizioni degli dei e che attraverso la tecnica ha voluto imporre la volontà dell’uomo, dominando la natura. Poiché la tecnica, ovvero il sapere e la perizia, è in grado di produrre effetti e cambiamenti nella vita e nella società. Tuttora illusoriamente interpretata nelle sue capacità illimitate quando in realtà tutto nel Pianeta reclama attenzione ed è allerta: dallo ‘snaturamento’ della natura al global warming, dall’enfasi della crescita economica e del mercato globale a tutti i costi, alle strategie del marketing sino agli esiti incerti e interrogativi dell’intelligenza artificiale.

Con buona pace di Pandora (cognata di Prometeo) e del suo gesto scellerato di aprire il famoso vaso dal quale uscirono “tutte le Pene che possono affliggere l’umanità: la Vecchiaia, la Fatica, la Malattia, la Pazzia, il Vizio e la Passione. Le quali pene non esitarono e “subito esse volarono via a stormo e attaccarono i mortali.”

A queste sventure oggi si unisce la supremazia di una Technè non più al servizio dell’uomo. Allora, al tempo di Prometeo, a salvare i mortali uscì la fallace Speranza, giusto per mitigare le prospettive del futuro. Oggi l’auspicio sarebbe l’entrata in scena di una diversa etica, una diversa consapevolezza verso le sorti dell’uomo e della natura.

Info: TONINO MOSCONI, “Prometheus, il dono del fuoco” da venerdì 18 ottobre a venerdì 15 novembre 2024.
orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18,00 ingresso libero -Via Cavalieri 22 -LABORATORIO APERTO- RIMINI