Non che abbia mai rimpianto la mia breve avventura alla Rai (la televisione, credetemi, è una gabbia di matti in cui si sopravvive solo se si gode di un’inossidabile salute mentale o si è molto più psicopatici della media; chi come me è solo mediamente disturbato non ha speranze). Ma se mi fosse rimasta qualche nostalgia per viale Mazzini, gli eventi di questi giorni l’avrebbero del tutto dissipata. In un’epoca in cui le settantenni dànno dei punti alle quarantenni per verve, intraprendenza e fascino, mamma Rai festeggia le sue sette decadi nella sua forma peggiore, perdendo colpi, spettatori e professionalità a getto continuo. Il bollettino delle figuracce è diventato preoccupante: solo nell’ultima settimana si registrano, nell’ordine, la fuga di Amadeus, il re Mida degli ascolti e della pubblicità; il Porta a porta sull’aborto con tutti ospiti maschi, che è un po’ come un convegno sulla matematica affidato a un panel di opinionisti; last but not least, per impreziosire il weekend, la censura del monologo antifascista dello scrittore Antonio Scurati previsto ieri sera su RaiTre, come anticipo delle celebrazioni del 25 aprile.
Nel suo intervento l’autore della trilogia su Mussolini ricordava l’assassinio di Matteotti e le stragi di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto, che a distanza di vent’anni disegnano la parabola omicida del fascismo, dall’assassinio politico all’eccidio indiscriminato. La scusa delle eccessive pretese economiche di Scurati (la tattica difensiva dell’attuale dirigenza Rai è sostenere che i censurati e i fuggiaschi volevano essere pagati, insinuazione che aizza sempre l’opinione pubblica di un Paese dove i salari non crescono da trent’anni) ha retto per poche ore, impallinata nel pomeriggio dalla diffusione di un documento interno che testimonia come l’annullamento della prestazione di Scurati sia avvenuta «per motivi editoriali». Traduzione: perché parlava male del fascismo.
Ora, parlare male del fascismo è considerato giusto e normale in tutti i paesi civili (dove, per inciso, per fascismo si intende anche il nazismo, senza i distinguo che facciamo noi italiani per salvarci la faccia). Nei paesi civili, che siano governati da conservatori o da liberali, dire Mussolini e di Hitler hanno provocato disastri è un’ovvietà, una tautologia, come affermare che l’acqua è bagnata o che il cavallo è un quadrupede che nitrisce, salta e galoppa. Se oggi la nostra televisione pubblica sopprime un monologo in cui si sostiene ciò che è evidente al resto del mondo, come devono regolarsi le persone che ci lavorano per quella televisioni? Altre enunciazioni su cui nessuna persona ragionevole si sognerebbe di discutere potrebbero costare a qualche malcapitato posto e stipendio. E non mi riferisco a cancellazioni di programmi su Galileo e sul sistema eliocentrico, o alla messa al bando di speciali sulle teorie evoluzionistiche di Darwin, che sicuramente sono i prossimi obiettivi nell’agenda dei vertici Rai. Voglio dire, ci sarà ancora un segnale orario Rai, o sarà divisivo anche affermare che una certa ora è esatta? E il meteo potrà ancora diffondere le previsioni elaborate dal satellite che non rispetta la par condicio fra sole e pioggia, o preferirà farsele mandare direttamente dall’ufficio stampa della premier?
Lia Celi