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Polemiche fuori luogo a Rimini e Riccione. Il futuro della partecipazione


Alla destra di Rimini e non solo danno fastidio le manifestazioni del 25 aprile


28 Aprile 2024 / Maurizio Melucci

La destra e l’antifascismo

Anche giovedì abbiamo assistito a numerosi esponenti del centrodestra che hanno fatto tutto il possibile per evitare di pronunciare la parola “Antifascismo” ad iniziare dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha liquidato la “pratica” 25 aprile, con il capo dello Stato Sergio Mattarella, in 20 minuti senza mai pronunciare la parola fatidica.

Non c’è solo una ragione identitaria nell’espulsione di quell’impronunciabile termine dal vocabolario della presidente del Consiglio. Così come non sono gaffes estemporanee le sortite del presidente del Senato sul mito fondativo della Carta. La destra postfascista si rifiuta di riconoscere l’antifascismo non soltanto perché resta fedele alla propria radice politica ma anche perché sulla Resistenza si fonda la Repubblica democratica che i nostri governanti vogliono cambiare. I propagandisti in pubblico confondono le acque: ma che importa agli italiani di fascismo e antifascismo? E invece importa moltissimo. È dalla lettura delle vicende storiche che dalla dittatura portarono all’Assemblea Costituente che dipende l’idea del paese che vogliamo. Il presidenzialismo passa anche di qua. Insieme a una diversa concezione della democrazia e dei diritti, della libertà d’informazione, dell’equilibrio di pesi e contrappesi.

Proprio per questa ragione in un anno e mezzo di governo Meloni, la destra e il partito di maggioranza relativa hanno portato a compimento il più duro attacco politico e “ideologico” mai mosso, dal dopoguerra ad oggi, ai fianchi della Memoria.

Memoria con la maiuscola perchè è di chi ha dato la vita per liberare l’Italia dal nazifascismo e restituirci l’aria tolta dal regime di Mussolini.

Sergio Mattarella con Giorgia Meloni in occasione del 25 aprile scorso

 

Al centrodestra di Rimini danno fastidio le manifestazioni del 25 aprile

A parte qualche raro esponente, il centrodestra ha disertato tutte le manifestazioni del 25 aprile organizzate dai Comuni. In compenso non hanno risparmiato polemiche e comunicati del tutto fuori luogo.

Una di queste polemiche riguarda l’intervento della vicesindaca di Rimini Chiara Bellini a conclusione della cerimonia in piazza Cavour. Le vengono contestati, da parte del consigliere comunale di Fratelli d’Italia Carlo Rufo Spina, sia i contenuti dell’intervento (la vicesindaca ha criticato le politiche del governo e la presidente Giorgia Meloni) sia il saluto a pugno chiuso alla fine dell’intervento.

La manifestazione del 25 aprile a Rimini

Per carità, tutto legittimo, comprese le critiche alla vicesindaca (a parte le strumentali e fuori luogo richieste di dimissioni in un Paese dove ministri indagati per truffa ai danni dello Stato non si sognano lontanamente di dimettersi). Faccio solo notare che il consigliere Rufo Spina si guarda bene, anche lui, nello scrivere la parola “Antifascismo” nella sua nota di critica alla vicesindaca. E fa anche di più, in tema di omissioni, se non di mistificazione della storia.

Secondo il consigliere meloniano, il 25 aprile sarebbe, testuale, “la riconquista della democrazia e della libertà dopo una sanguinosa occupazione straniera”. Delle due l’una: o la dittatura mussolinana e la Repubblica di Salò erano potenze straniere accampate sul suolo italiano, o la ricostruzione storica del partito erede dell’MSI comprende la cancellazione in toto del ventennio fascista e dei suoi protagonisti. Per stare all’oggi, aggiungo che non ho mai letto nulla da parte di Rufo Spina o di altri esponenti del centrodestra sulle dichiarazioni, atteggiamenti, iniziative di chiara e rivendicata matrice fascista da parte del sindaco di Pennabilli Mauro Giannini. “Sono partito per servire la bandiera, avevo solo un credo e la camicia nera” dice di se Giannini. E festeggia a modo suo il 25 aprile pubbicando un manifesto di propaganda bellica della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini. Ma tutto questo a Rufo Spina e agli altri esponenti del centrodestra non dà evidentemente fastidio. Anzi.

Poi arriviamo al ridicolo. A Riccione, con il centrodestra assente alla manifestazione del Comune, il responsabile di Fratelli d’Italia, Stefano Paolini, prende carta e penna per polemizzare con la sindaca Daniela Angelini che appare in una foto di gruppo con consiglieri e dirigenti del Pd presenti alla celebrazione del 25 aprile. Apriti cielo. Ma come, scrive Paolini, la sindaca si è sempre dichiarata un’esponente del civismo ed ora si fa fotografare con dirigenti e militanti del Pd?

Con involontaria comicità, Paolini si dimentica che la sindaca, non iscritta ad alcuna forza politica, è a capo di una coalizione di centrosinistra che ha vinto le elezioni. A suo sostegno vi era il PD, che ha ricevuto dall’elettorato il ruolo di partito di maggioranza nella coalizione e nella città. Dall’esponente di Fratelli d’Italia ci si attende identica indignazione ogni qualvolta i ministri “tecnici” del governo Meloni – Piantedosi, Sangiuliano, Schillaci, Calderone, Abodi – compaiono in foto assieme a esponenti dei partiti di destra che sostengono l’esecutivo di cui fanno parte. A dire il vero nel caso di Andrea Abodi l’occasione per impermalirsi Paolini l’ha già avuta: il ministro “tecnico” dello Sport era a Bellaria per un’iniziativa elettorale di Fratelli d’Italia a sostegno del sindaco uscente Filippo Giorgetti e della candidatura alle elezioni europee del meloniano Stefano Cavedagna; tuttavia non abbiamo riscontrato levate di scudi nè a Riccione nè altrove. Bene ha fatto la sindaca Angelini a replicare: “Caro Stefano se tu, come altri consiglieri della minoranza, foste stati presenti ad una festa, quella della LIBERAZIONE, che è una festa di chi si riconosce nei valori antifascisti, al di là del l’appartenenza politica, sarei stata ben fiera di fare la foto con tutti voi”.

La foto che ha provocato la polemica di Paolini di Fratelli d’Italia

Quartieri, dai nostalgici al futuro di una comunità

La scorsa settimana ho dedicato una “pillola” ai quartieri che sono stati aboliti con le elezioni comunali del 2011. Ho scritto che è stato un errore politico grave. Ne è nata una discussione interessante che messo in risalto tanti favorevoli al ripristino di forme di partecipazione, compresi esponenti del centrodestra ed anche chi ritiene questa forma di partecipazione superata. Vi è anche chi pensa che io sia un nostalgico o che ritiene che i social possano ricoprire quel ruolo avuto dai quartieri. Ovviamente tutte posizioni legittime, ma faccio notare che se da una parte il decentramento amministrativo (la delega ai quartieri di funzioni amministrative) risulta essere anacronistico e privo nel 2024 di significato importante, dall’altra la partecipazione alla vita politica ed amministrativa di una città rimane un aspetto fondamentale ben lontano dall’essere risolto.

Infatti la diminuzione della partecipazione alle elezioni dimostra che i social non servono a colmare un deficit di rapporto cittadini-amministrazione-politica. Viceversa vi è una domanda di partecipazione che non trova risposte. Lo dimostra la ripresa dell’attività del piano strategico del Comune di Rimini. Dopo la presentazione al cinema Fulgor che ha visto la partecipazione di tanti cittadini ed associazioni, anche la prima iniziativa tematica del piano strategico al Teatro degli Atti con la docente universitaria Elena Granata ha visto una buona partecipazione. Rispondo agli scettici, oppure ai contrari, a nuove forme di partecipazione di quartieri, con quanto scritto dal piano strategico sintetizzando l’intervento di Elena Granata.

  1. Priorità alla socialità e alla natura: la nuova città va ri-progettata con la matita e la gomma e non più con la penna questo perché il cambiamento climatico preme sulle nostre città ed è essenziale dare priorità alla socialità e alla condivisione degli spazi.
  2. Aumentare il senso di comunità: è essenziale che la comunità eserciti il proprio diritto di prendersi cura della propria città; una città vibrante è quella che promuove l’incontro tra diverse età, culture e generi, ripensare gli spazi urbani per renderli più accoglienti e inclusivi, promuovendo luoghi di socializzazione e connessione.
  3. Rompere gli schemi: perché i luoghi non possono più essere pensati dentro una sola scatola. La nuova visione di città dovrà riuscire a tenere insieme sostenibilità, economia, clima e relazioni per poter rispondere ai bisogni delle persone, che oggi sono sempre più mutevoli.

Tre punti condivisibili che guardano al futuro. Pensare che si possa andare avanti senza strumenti di partecipazione non serve a nessuno.

Maurizio Melucci