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Amici medici aiutatemi a capire i vostri no vax


11 Settembre 2021 / Lia Celi

Ecco un primato di cui Rimini avrebbe voluto fare a meno: quello del numero di medici no-vax. Quarantuno in tutta la provincia, il 2 per cento del totale, il doppio della media nazionale, precisa il presidente dell’Ordine dei medici riminesi, Maurizio Grossi, che ha il crampo alla mano a forza di firmare decreti di sospensione.

Medici sospesi significa pazienti abbandonati e, nel caso dei pediatri disobbedienti, bambini non seguiti e ricollocati presso colleghi già oberati di lavoro (gli specialisti in medicina infantile scarseggiano ormai da anni, un calo molto più rapido di quello della natalità). E, che lo voglia o no, ogni medico riluttante a vaccinarsi per questo o quel motivo, porta acqua al mulino dei matti convinti che il Covid non esista, che Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Janssen siano come le Gemme dell’Infinito con cui Thanos, il supercattivo degli Avengers, vuole sterminare metà del genere umano, o che i non vaccinati debbano fare sesso solo fra di loro per preservare intatto il loro Dna.

I medici vaccino-obiettori, 1500 in tutta Italia, sono altrettante frecce all’arco dei paranoici cospirazionisti che non si limitano ad avvalersi della facoltà di non vaccinarsi o a criticare il green pass, ma si appiccicano la stella gialla sulla maglietta e farneticano sulle chat Telegram di droni al tritolo da sganciare su Palazzo Chigi o di molotov contro le troupe dei telegiornali.

Amici medici, aiutatemi a capire. A me l’espressione «medico no-vax» suona come «pilota con la fobia del volo», «barman astemio» o «macellaio vegano». Voglio dire, pazienza se a credere alle teorie complottiste e a dubitare della scienza è gente che la laurea in medicina l’ha presa alla fermata dell’autobus, ma com’è possibile che dei veri professionisti, competenti e preparati, si impuntino rispetto a un farmaco che, senza essere infallibile o a prova di reazioni avverse (al pari di qualunque altro preparato farmacologico, Tachipirina compresa) sta dando risultati tangibili in termini di contenimento del contagio e indebolimento dei sintomi?

Possibile che nessuno dei sieri in circolazione, diversi per formula e strategia di contrasto al Covid, sia in grado di convincerli, e preferiscano diventare i testimonial di bande di scocomerati potenzialmente pericolosi? Ho conosciuto abbastanza medici bevitori e fumatori per non credere che ogni medico sia tenuto a essere in prima persona un esempio specchiato di attenzione alla propria salute. Ma vaccinandosi il sanitario proteggerebbe anche i propri pazienti, specie se anziani e fragili, o piccoli da seguire nel percorso di crescita, se non altro perché eviterebbe di venire sospeso dal servizio per disobbedienza, e potrebbe continuare ad assisterli.

Non sarebbero questi – e diciamole, le brutte parole: spirito di servizio, senso di responsabilità verso la collettività – motivi sufficienti per superare eventuali perplessità riguardo ai vaccini? I medici in zona di guerra indossano il giubbotto antiproiettile: non salva la vita ed è scomodo, ma aiuta a fare il meglio e il più a lungo possibile il proprio lavoro, per il bene del prossimo. Un po’ come il vaccino.

Lia Celi