Amore e briganti in quell’ultimo bastione dei Borboni
3 Maggio 2020 / Paolo Zaghini
Pietroneno Capitani: “Le ultime ore di Civitella. Con il brigante Piccioni alla ricerca dell’amore” – Primiceri Editore.
“Nessuno decide di nascere dove in effetti nasce, l’importante è ricordarselo sempre, si è figli della propria terra, a questa si appartiene e ognuno di noi porta con sé un po’ della sua storia” (dalla introduzione di Piétrë dë Vëjëlì “Bussavamo con i piedi” edito da Capitani nel 2006). Senza questa premessa non è possibile capire Pietroneno Capitani, nato a Montedinove in provincia di Ascoli Piceno il 4 maggio 1956 (oggi dunque è il suo compleanno: auguri!), e trasferitosi con tutta la sua famiglia contadina nel Riminese nel 1958 (lui aveva si e no due anni). Pietroneno era l’ultimo di otto fratelli, tutti maschi.
Questo legame con la sua terra di origine è rimasto fortissimo nel corso dei decenni, tanto è vero che l’ambientazione di questo romanzo, così come di quello precedente (“Il Melograno” edito da Primiceri nel 2017), sono le ultime colline dell’ascolano al confine con l’Abruzzo. Racconta, in maniera romanzata, le vicende della caduta dell’ultimo bastione borbonico, la fortezza di Civitella del Tronto, assediata dai piemontesi dalla fine di ottobre del 1860 (cadrà il 20 marzo 1861, cioè un anno esatto dopo la proclamazione del Regno d’Italia).
Il periodo storico è quello della unificazione del nuovo Stato italiano sotto la monarchia dei Savoia, a cavallo fra 1860 e 1861. “La resistenza contro i Piemontesi, visti da molti come invasori, è ovunque; sfocerà nel sanguinoso e lungo fenomeno del brigantaggio, una vera e propria guerra civile e di resistenza, a opera dei legittimisti, a difesa dello Stato Pontificio e del Regno delle Due Sicilie. Anche tra le Marche e l’Abruzzo si sviluppa, verso la metà del 1860, un movimento anti unitario fomentato dal clero e dai fedeli al Regno Borbone”.
I Piemontesi, al comando del generale Ferdinando Augusto Pinelli, si macchiano di numerosi atti brutali: incendi di paesi e borghi, esecuzioni sommarie senza processo, instaurazione di un clima di terrore. “D’altronde i briganti, un paio di migliaia nella zona, non sono da meno: vessazioni, furti, omicidi, rapimenti di proprietari terrieri per esigere riscatti e finanziare la guerra sono all’ordine del giorno”.
Il comando della resistenza anti piemontese viene affidato a Giovanni Piccioni, “priore, cioè sindaco, di Montecalvo. E’ istruito, mostra qualità da stratega e ha, dalla sua, esperienza bellica. E’ maggiore degli ausiliari papalini e ha già combattuto contro i giacobini e i francesi, durante l’invasione dello Stato Pontificio nel 1815, e contro la Repubblica Romana, nel 1849”.
In realtà Piccioni, al di là di come lo descrivono le carte piemontesi, non fu un volgare ladro di strada, tanto che a lui furono rivolte imputazioni per attentato alla sicurezza dello Stato per la rivolta antiunitaria che capeggiò quando venne arrestato nel 1863. Fu condannato a vita ai lavori forzati nel carcere di Forte Malatesta di Ascoli Piceno e qui morì nel marzo 1868. Una figura ancora viva nell’immaginario popolare, un po’ come il nostro “Passatore” in Romagna.
Il libro racconta, in questa ambientazione storica, la storia di un amore che coinvolge il lettore fino all’ultima pagina: quello di Vincenzo Leone che deve raggiungere la donna che vuole sposare, Evelina, nella fortezza di Civitella. La storia sarà svelata attraverso la lettura di un diario manoscritto ereditato da un lontano nipote ai giorni d’oggi. Leone per raggiungere l’obiettivo dovrà affrontare boschi, gole, freddo, neve, pericoli e briganti. “Mi sono messo in un bel pasticcio ma, d’altra parte, l’amore non è forse una follia, necessaria per vivere?”.
Paolo Zaghini
“Le ultime ore di Civitella” si può ordinare online direttamente all’editore: primicerieditore.it
Disponibile presso la Libreria Mondadori, in piazza Tre Martiri, presso l’edicola di piazza Cavour e “Il mosaico”, edicola di Gaiofana.