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Il 18 e 19 maggio a Caldarola nei luoghi delle terremoto in provincia di Macerata


Arriva il Festival della Scomodità


16 Maggio 2024 / Paolo Vachino

La prima domanda che ci siamo posti è stata: perché il Festival della Scomodità? Perché ripassando e ripensando alle nostre vite ci siamo detti: vuoi vedere che le cose più importanti belle e necessarie della vita sono tutte scomode? Se comodo è molto semplicemente – la misura l’adatto l’opportuno – allora tutto ciò che è – smisurato inadatto e inopportuno – è davvero sinonimo di vita e di esistenza. Cosa c’è di più smisurato dell’amore, della bellezza, del desiderio, del piacere, dello stupore, della magia? Le estasi – come d’altronde i tormenti – non possono essere misurati.

Come il fascino, la genialità e il talento, la quantità di silenzio che aleggia in una stanza e quella che scava dentro al cuore. Le opportunità sono passaggi facili, treni inattesi, casualità. Ma sono le vie impervie da battere quelle che hanno illuminato le nostre paure e le nostre speranze. La comodità ce la andiamo a cercare, lo scomodità ci viene incontro lei: non per perseguitarci ma per invitarci a danzare con il tempo – negli spazi infiniti dei mondi che abbiamo il coraggio di abitare. Abbiamo compreso che la parola progresso è stata svuotata del suo senso primigenio: fare passi avanti, uno dopo l’altro, verso luoghi che prima erano sconosciuti. Dal moto peripatetico del liceo a quello del chiostro monacense l’uomo non ha mai smesso di camminare dentro e intorno a uno spazio chiuso. Il progresso è stato la marcia verso l’ignoto, il futuro, l’aperto. Lo svilimento del senso profondo di questa parola è consistito nel ridurla a mero lenimento degli sforzi, la strada maestra per raggiungere la facilità, – la comodità. Dall’aratro allo smartphone. Dalla fronte imperlata di sudore allo sfioramento con il pollice dello schermo tattile di un cellulare. Noi crediamo – invece – che i luoghi scomodi siano i più fecondi per generare pensieri scomodi, gli unici in grado di prendersi cura dei problemi dell’umanità e trasformarli subito in progetti. Il Festival della Scomodità, allora, anela e ambisce offrire a tutte e a tutti la possibilità di incontrare ciò che sembra angosciare il presente: la potenza liberatoria di sentirsi – smisurati inadatti e inopportuni – non per essere avviati all’emarginazione ma per essere collocati al centro del ciclone che è la vita stessa.

Questo fine settimana – a Caldarola (MC) – prenderà il via il Festival della Scomodità. Saranno due giorni di dialoghi pacatamente vibranti, di confronti placidamente accesi, di narrazioni esperienziali sospese fra la realtà e il sogno, una cascata di testimonianze intorno alla scomodità della vita intesa come eresia permanente. In ogni gruppo, comunità, famiglia, la presenza dell’individuo scomodo è salutare per tutti gli altri membri. Lo scomodo è qualcuno o qualcuna che pensa sempre prima di parlare e poi parla sempre senza pensare alle conseguenze. La scomodità agisce sulle certezze, prova a incrinarle, fino quando non si sgretolano – per aprire il varco alla strada maestra del dubbio. La scomodità non è una postura per farsi notare – tipica del bastian contrario. Non è un partito preso. È un treno perso. È continuare il cammino incuranti degli agi che la civiltà mette a disposizione. È seguire un ritmo interiore che detta il passo con cui marciare.

Gli ospiti e le ospiti che interverranno sono tutti e tutte Maestri di Scomodità, per averla praticata da sempre ed esserne tutt’oggi dei superstiti in grado di moltiplicare il loro vissuto con chi avrà la voglia, la pazienza e la possibilità di raggiungerci. Lo spazio di accoglienza non potrebbe essere più scomodo. Un container in mezzo alle case di legno assegnate e abitate dagli sfollati a causa della sequenza sismica del 2016-2017, provocante un elevato numero di morti e di feriti. Questo spazio è per noi il luogo di eccellenza in cui fermarsi, prendere fiato, sostare, guardarsi negli occhi, parlare, narrare, dialogare, abbracciarsi, mangiare e bere insieme, fare musica e cantare e danzare, fermarsi a dormire. Fare l’amore, insomma. Perché dopo il passaggio del terremoto – il paesaggio è un luogo fuori dal tempo, quindi, un luogo in cui conta solo ed esclusivamente il presente. Come ci insegna il grande romanziere boemo Milan Kundera: (chi) “è fuori del tempo, – in altre parole, è in uno stato di estasi: in tale stato non sa niente né della sua età, né di sua moglie, né dei suoi figli, né dei suoi guai e di conseguenza non ha paura, poiché l’origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere”.

Allora vi aspettiamo in tante e in tanti, il sabato 18 e la domenica 19 di maggio.

Mettetevi scomodi. È il vostro festival.

Paolo Vachino

IL PROGRAMMA DEGLI INCONTRI

Sabato 18 maggio

  • ore 10.00 Scomodità dell’Onestà Andrea ZUMMO
  • ore 11.00 Scomodità della Creatività Kimberly MCKEAN
  • ore 15.00 Scomodità del Corpo Masako MATSUSHITA
  • ore 16.00 Scomodità del Sud Gessica CIANI
  • ore 17.00 Scomodità della Violenza Franco BONISOLI
  • ore 18.30 Scomodità della Comodità Fabrizio Lombardi

Ore 19.30 Scomodità delle Note Musicali Serena ABRAMI e Enrico VITALI

Domenica 19 maggio

  • ore 10.00 Scomodità dell’Utopia Claudio JACCARINO e Teresa RICCO
  • ore 11.00 Scomodità dell’Ostinazione e Tenacia Vincenzo SPARAGNA
  • ore 15.00 Scomodità della Coerenza Michele MARZIANI
  • ore 16.00 Scomodità della Vita Ciro BUTTARI
  • ore 17.00 Scomodità della Poesia Paolo VACHINO