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Il 23 giugno 1926 nasce a Morciano di Romagna Arnaldo Pomodoro. Dopo soli pochi mesi la famiglia si trasferisce a Orciano di Pesaro, dove Arnaldo trascorre l'infanzia. Qui il 17 novembre 1930 nasce il fratello Giorgio, che in arte sarà Gio' Pomodoro, scultore, orafo, incisore e scenografo, morto a Milano il 21 dicembre 2002.  Nel 1937 Arnaldo si trasferisce a Rimini dove frequenta la scuola media e poi l'istituto tecnico per geometri. Allo scoppio delle Seconda Guerra Mondiale ritorna a Orciano. Si appassiona alla lettura di autori contemporanei italiani e stranieri, fra cui in particolare Vittorini, Pavese, Hemingway, Faulkner, Steinbeck, Fitzgerald. Conclusa la guerra, Pomodoro ottiene il diploma di geometra e si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Bologna. Lavora al Genio Civile di Pesaro, con incarico di consulenza per la ricostruzione di edifici pubblici; tra il 1949 e il 1952 frequenta l'Istituto d'Arte di Pesaro, dove nasce il suo forte interesse per la scenografia. Legge intanto testi teatrali classici e moderni (Eschilo, Sartre, Brecht). Nel 1953 lascia Pesaro, chiamato a lavorare a Como per sei mesi. Poi si trasferisce a Milano e nel 1957 abbandona definitivamente il Genio Civile, approfittando di condizioni di favore per chi si licenziava volontariamente: con la liquidazione e assieme al fratello

Il 22 giugno 1614 viene inaugurata a Rimini la statua di bronzo dedicata a Papa Paolo V. Come rammenta Carlo Tonini, è allora che la piazza della Fontana (piazza Cavour) assume le dimensioni attuali: «al quale effetto furono atterrate le case, che tuttavia sorgevano presso la pubblica fonte». Cioè viene raso al suolo un intero isolato che fino ad allora occupava la porzione della piazza rivolta al Corso; e non erano solo case, ma anche l'antica chiesa di San Silvestro, i portici sotto cui tenevano banco i notai e, probabilmente, anche una sinagoga. La statua, prosegue Tonini, «secondo il modello del Cordieri detto il Franciosino, che per morte non avea potuto eseguirla, era stata fusa ed a perfezione condotta da Sebastiano Sebastiani di Recanati: e il nostro Raffaele Adimari, notissimo autore dell’operetta intitolata 'Sito riminese', dietro incarico avutone dal patrio Consiglio, trasportavala felicemente per la via del mare da Recanati a Rimini». Collocata sopra il suo piedistallo di marmo disegnato da Giovanni Arrigoni, la statua fu scoperta al pubblico quel 22 giugno «dopo i vespri, al cospetto del card. Legato, e di un numeroso popolo accorso anche dalle città vicine, al suono delle campane e delle trombe, al battere de’ tamburi, al rimbombo de’ moschetti e delle artiglierie, o di una particolare

Il 1860 è l'anno decisivo dell'unità d'Italia. E anche Rimini scoppia di entusiasmo. E non solo in senso figurato. Come ricorda Carlo Tonini, già il 18 marzo, quando era giunto l'annuncio ufficiale che il re Vittorio Emanuele aveva "accettato" l'esito dei plebisciti con cui i Romagnoli - aventi diritto al voto: 252.727, votanti 203.384 (80,48%), favorevoli 202.659 (80,19%), contrari 254 (0,10%), astenuti 49.343 (19,52%), nulli 471 (0,19%) - i Bolognesi, gli Emiliani e i Toscani avevano scelto l'annessione al regno sabaudo, a Rimini «furono subito sparati 101 colpi di cannone; addobbate le finestre; messa in moto la banda per la città, che tutta fu percorsa da grande folla di gente e con gridi di evviva; aperti due teatri con drammatiche rappresentazioni. Rimini a’ quei tempi era piena d’insolita vita pel trovarsi in essa numerose milizie di ogni arma, che rallegravano il popolo col suono delle molte bande, e colle parate che spesso facevano, delle quali bellissima era stata quella specialmente eseguitasi il 14 pel natalizio di Re Vittorio». [caption id="attachment_45373" align="aligncenter" width="1308"] Carlo Farini porge a re Vittorio Emanuele II i risultati dei plebisciti nelle Legazioni[/caption] Ma per ora si tratta di variopinte milizie volontarie. L'esercito piemontese arriva il 18 aprile con alla testa il generale Enrico

Il 20 giugno 1935 si apre al palazzo dell'Arengo di Rimini la mostra  su "La Pittura Riminese del Trecento" curata interamente da Cesare Brandi. La mostra si chiuderà il 30 settembre dello stesso anno. [caption id="attachment_45212" align="alignnone" width="1307"] Cesare Brandi[/caption] Brandi, a 27 anni, nel 1933 aveva vinto il concorso per Ispettore nei ruoli dell'Amministrazione delle Antichità e Belle Arti e quindi era passato alla Sovrintendenza ai Monumenti di Bologna, sezione medievale. Come scriverà Antonio Paloucci nel 1995, presentando una mostra analoga a Rimini, «Si tratta della prima ricognizione moderna in un settore della storia artistica italiana fino a quel momento incognito oppure conosciuto solo per episodi parziali e disarticolati. È merito di Brandi (

Il 19 giugno 1417, alle ore 15, nasce a Brescia Sigismondo, figlio di Pandolfo Malatesta e Antonia di Barignano. Questa ricorrenza, nel seicentesimo anniversario, è stata celebrata nel 2017 dal Comune di Rimini con i più autorevoli interventi e anche con un'iniziativa a Los Angeles e per parlare di Sigismondo non bastano certo questa sede modesta e questa penna inadeguata. Vogliamo però almeno ricordare qualcosa dei primi anni del futuro signore di Rimini, utilizzando l'opera di Oreste Delucca, "Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe" (Bookstones, 2016). Pandolfo Malatesta, già Vicario pontificio di Fano, in quel momento è signore di Brescia e Bergamo. Dai suoi matrimoni non ha avuto figli. Invece Antonia, una delle sue amanti, gliene darà due: dopo Sigismondo nel 1418 verrà Domenico, mentre da Allegra de Mori nel 1411 aveva avuto Roberto. Antonia, fra l'altro, sopravviverà a entrambi i figli, morendo solo nel 1471. [caption id="attachment_45046" align="aligncenter" width="675"] Pandolfo Malatesta in un "mezzo grosso" d'argento di Brescia[/caption] Delucca segnala che i discendenti dei Di Barignano esistono ancora: si chiamano Bargnani e in particolare Alberto "oggi coltiva le memorie di famiglia, è da anni riminese di adozione ed è solito trascorrere le sue estati nella città adriatica". E ai primi del 2019 era a Rimini per l'intitolazione di una via alla sua antenata.  Sono rimasti i

La costruzione della ferrovia Rimini- Mercatino Marecchia (come si chiamava Novafeltria fino al 1941) ebbe inizio a metà del 1916; la concessione alla Società Anonima delle Ferrovie e Tramvie Padane risaliva al 10 marzo 1913. Il tracciato previsto, con scartamento a 950 mm, partiva dalla stazione di Rimini Centrale, posta nei pressi della stazione FS, rasentava l'Anfiteatro, sfondava le mura malatestiane per poi corrervi attorno - non senza un passaggio a livello a dir poco incongruo di fronte all'Arco d'Augusto - e proseguiva lungo la valle del fiume Marecchia fino alla destinazione. Qui trovava i pani di zolfo trasportati in teleferica dalle miniere di Perticara. [caption id="attachment_153515" align="aligncenter" width="681"] L'Arco d'Augusto prima delle demolizioni degli edifici circostanti. Ben visibili sulla sinistra le sbarre alzate del passaggio a livello che tagliava il ponte sull'Ausa[/caption] La ferrovia fu aperta al traffico con trazione a vapore il 21 giugno 1916 tra Rimini e Verucchio (sezione di 18 km), nel 1921 fu raggiunta la stazione di San Marino-Torello e fu completata l'anno dopo: il 18 giugno 1922 fu aperta la rimanente sezione fino al capolinea di Mercatino Marecchia. Era il "trenino dello zolfo", perché la principale ragione della sua costruzione consisteva nel trasporto del minerale scavato nelle miniere di Perticara fino al

Nella primavera del 1528 Rimini ha ancora buone probabilità di tornare malatestiana. Nonostante le angherie e la manifesta incapacità di Pandolfaccio, che dalla città è già stato cacciato tre volte e un'altra l'ha venduta ai Veneziani, l'ipotesi è ancora valutata seriamente dalla Santa Sede. Evidentemente la famiglia che aveva dominato la città per oltre due secoli poteva ancora vantare qualche titolo giuridico, o qualche entratura politica da non potersi ignorare. E così in febbraio si erano offerte ai Malatesta i feudi Bertinoro, Sarsina e Meldola, purché rinunciassero ai loro diritti su Rimini. Ma poi il loro reintegro sembra cosa fatta, quando l'8 aprile Papa Clemente VII invia da Orvieto una breve all’Arcivescovo Sipontino, "Presidente di Romagna", incaricandolo, come narra Luigi Tonini, «di concedere, a quelle condizioni che migliori credesse, la città e il contado di Rimini a Pandolfo e a’ suoi figliuoli in solido, o pure a Sigismondo (il figlio maggiore di Pandolfaccio) e a Malatesta, od anche al solo Sigismondo, e a tutti i loro discendenti per linea maschile fino alla terza generazione. Al quale atto di sovrana condiscendenza ei dichiarava di venire in contemplazione dei servigi resi in passato dalla Casa de’ Malatesti alla S. Sede». [caption id="attachment_210893" align="aligncenter" width="792"] Papa Clemente VII,

Il 16 giugno 1333 Papa Giovanni XXII scrive da Avignone, dove risiede, una lettera al Legato di Romagna, cardinale Bertrando del Poggetto (Bertrand du Poujet, suo nipote), dove gli raccomanda di «non tenere crudi modi» con Malatesta e Galeotto da Rimini, che erano al suo servizio. [caption id="attachment_44701" align="aligncenter" width="674"] Galeotto Malatesta[/caption] Da qualche tempo la situazione in Romagna è più ingarbugliata che mai. I Malatesta sarebbero guelfi, ma in questo momento stanno dalla parte della Chiesa solo perché costretti. Il Papa, infatti, ha inviato in Romagna il suo Legato non solo per combattere i Ghibellini, ma anche per riportare sotto il controllo diretto della Santa Sede città e castelli affidati a propri fautori, che tendevano però a comportarsi come signori assoluti, quasi si trattasse di roba loro. E i Malatesta erano in cima alla lista, con il vasto dominio che si erano già creati fra Romagna e Marche. La famiglia è però scossa da feroci lotte fratricide come ha dimostrato l'ennesimo delitto, l'assassinio a tradimento di Ramberto, figlio di Gianciotto, da parte di Malatestino Novello, figlio di Ferrantino. Cogliendo la palla al balzo, Bertrando fa piovere una grandine di scomuniche e bandi: chiede a Ferrantino di consegnargli il figlio omicida. Ferrantino fa orecchie da mercante, ma nell'aprile 1331 il Legato

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