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Il 29 maggio 1832 viene pubblicato a Rimini il "Piano di esecuzione dei lavori atti a migliorare e rinnovare l'antichissimo acquedotto della Pubblica Fonte ormai resosi inservibile". Insieme al "Promemoria pratico" del fontaniere Innocenzo Mussoni, questo documento risulta fondamentale per la conoscenza della Fontana della Pigna e del condotto di epoca romana che la alimentava. Infatti, come scrivono Marco Pretelli e Andrea Ugolini in "Le fontane storiche, eredità di un passato recente" (Alinea E., Firenze 2011) per la prima volta «si viene a conoscenza dell'estensione dei condotti, indicata in 908 metri, della profondità del pozzo della sorgente e del suo diametro , oltre che della presenza di sfiatatoi, detti 'torrini' data la loro conformazione, e della consistenza materica dei condotti».  [caption id="attachment_41877" align="aligncenter" width="675"] I "torrini" in un disegno di Severino Bonora (1838 ca.)[/caption] Si accerta la veridicità della tradizione: quel pozzo profondo 9 metri e del diametro di 32 centimetri è stato realizzato «in epoca romana con anelli di pietra o marmo posati su uno strato argilloso impermeabile». Tutto questo era stato ritrovato nell'Archivio di Stato di Rimini e studiato da Annamaria Bernucci fra il 1991 e il '92. Nel 1993 il materiale viene pubblicato per la prima volta nel libro "Le fontane di Rimini. Acque da bere acque da vedere" a cura

Il 28 maggio 1813 viene solennemente aperto il Cimitero di Rimini. Come racconta Carlo Tonini, «Fin dall’anno 1808 erasi proposto nel Consiglio comunale di erigere in Rimini il pubblico Cimitero, secondo una prescrizione o legge governativa». In realtà la discussione dura da molto prima e in tutti i territori soggetti in qualche modo a Napoleone. Tutto aveva avuto inizio infatti con il cosiddetto editto di Saint Cloud (Décret Impérial sur les Sépultures), emanato dal Bonaparte appunto a Saint-Cloud il 12 giugno 1804. L'editto aveva stabilito che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali. Nel nome dell'Égalité, si volevano così evitare discriminazioni tra i morti. Per i defunti illustri, invece, era una commissione di magistrati a decidere se far scolpire sulla tomba un epitaffio. Questo editto aveva quindi due motivazioni: una igienico-sanitaria e l'altra politico-filosofica. Vi erano poi le reminiscenze classiche, a quell'epoca al culmine della loro rivalutazione: anche gli antichi romani seppellivano solo fuori le mura. Ma con il Cristianesimo si era preso a deporre i defunti all'interno delle chiese o almeno il più vicino possibile a un luogo consacrato, sia che si trovasse dentro le città che al loro esterno. [caption

Il 27 maggio 359, partono da Costantinopoli i messi dell'imperatore Costanzo II con i dispacci che convocano il Concilio di Rimini. O meglio un sinodo, poiché non si convocava l'Ecumene, ovvero tutto l'impero, ma solo la sua parte occidentale. Secondo le fonti vaticane, le uniche disponibili, saranno circa quattrocento i vescovi dell'Occidente che risponderanno all'appello e si recheranno ad Ariminum. Un numero che appare esorbitante, quando si tenevano sinodi con meno di 100 vescovi. Concilio o sinodo che si sarebbe si doveva concludere entro il 31 dicembre, in modo che l'imperatore potesse aprire l'anno nuovo con la ritrovata pace religiosa. Ne aveva quanto mai bisogno. Costanzo II si era ritrovato unico imperatore romano nel 350, quando era stato assassinato il fratello Costante, che aveva avuto l'Occidente nella divisione dell'eredità di Costantino il Grande. Ma aveva sempre dovuto combattere duramente contro usurpatori che si erano proclamati successore di Costante, dal generale franco Magnenzio a Costanzo Gallo, figlio di un fratellastro di Costantino. Non bastasse, c'erano le pressioni dei Sasanidi dalla Persia, gli Alamanni da arginare, l'ennesima rivolta della Gallia al seguito del nuovo usurpatore Silvano, l'ascesa apparentemente inarrestabile del pagano Giuliano, che poi gli sarebbe succeduto come imperatore, l'ultimo nella storia ancora fedele alla

Il 26 maggio 1961 nasce a Rimini Angela Bandini. Riportiamo qui stralci del testo di David de Carvalho, con foto dell'archivio personale di Angela, pubblicato su Apnea Magazine il 5 marzo 2017. Mentre il panorama dell’apnea era dominato dal duello tra i due giganti Jacques Mayol ed Enzo Maiorca, Angela decise di immergersi senza maschera, scendere a 110 metri, battere il record assoluto di immersione in profondità e, per la prima volta, mettere una donna al primo posto della categoria. C’era una volta una ragazza, esile e introversa, che viveva vicino al mare, in una città italiana della costa adriatica. A differenza delle sue coetanee, non le interessavano i vestiti, le feste e i ragazzi. Era un po’ malinconica, le piaceva capire le cose, scoprire i misteri della natura e, spesso, preferiva la compagnia degli animali a quella delle persone. Angela era appena entrata nell’adolescenza, quando un incidente a un braccio durante gli allenamenti la costrinse a lasciare la ginnastica artistica, che praticava da quando era una bambina e che, in diverse occasioni, l’aveva portata a rappresentare il proprio paese in gare internazionali. Rimini, dove viveva, era allora come oggi una città turistica, conosciuta per i suoi vari parchi acquatici. Terminata la carriera nella ginnastica, visto il

Il 25 maggio 1927 nasce a Viserba di Rimini Elio Pagliarani, figlio di Giovanni e di Pasquina Pompili. Il nome della famiglia ha sempre oscillato, anche negli atti anagrafici, tra Pagliarani e Paglierani, come spesso accadeva un tempo. Il padre proveniva da una famiglia di allevatori di cavalli ed era "fiacrista", esercitava cioè la professione di vetturale. La famiglia era imparentata alla lontana con quel Luigi Pagliarani accusato nel 1867 dell'assassinio di Ruggero Pascoli, padre del futuro poeta Giovanni e amministratore della tenuta dei principi Torlonia a San Mauro; da quell'accusa fu poi prosciolto. Laureatosi in Scienze politiche a Padova, Elio si trasferisce negli anni Quaranta a Milano, dove lavora nella scuola e collabora a giornali e riviste. Negli anni Sessanta va a vivere a Roma, abitando in Via Margutta, "la via degli artisti". Pagliarani collabora alle più importanti riviste letterarie del secondo Novecento, come Officina, Quindici, Il Verri, Nuovi argomenti, Il Menabò. Negli anni Cinquanta è redattore dell'Avanti! e a partire dal 1968, diventa critico teatrale per Paese Sera. Nel 1971 fonda la rivista Periodo Ipotetico diventandone il direttore; fa pure parte della redazione di Nuova Corrente. Negli anni Ottanta fonda e dirige con Alessandra Briganti la Rivista di Letterature Ritmica. Oltre a far parte del Gruppo 63 (insieme, fra gli

"Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio, dei primi fanti il 24 maggio

Il 23 maggio 1976, per la 36.a Giornata del Campionato italiano di Serie C, Girone B, si disputa a Teramo la partita fra i padroni di casa e il Rimini. Arbitra il signor Tullio Lanese di Messina. I biancorossi scendono in campo con questa formazione: Sclocchini, Agostinelli, Marchi, Sarti, Guerrini, Berlini, Fagni, Savoia, Cinquetti, Romano, Carnevali. Al 39' segna Giordano Cinquetti. Al 51' raddoppio dei Riminesi con Giovanni Carnevali. Ma i Teramani non ci stanno e rimontano, prima al 69' con Piccioni, per poi pareggiare due minuti dopo con Jaconi. Finisce così, 2-2. Ma è quanto basta: con questo pareggio il Rimini conquista la Serie B per la prima volta nella sua storia. Ci era già andato vicino nelle due stagioni precedenti, mancando il traguardo per un soffio: secondo dietro la Sambenedettese nel 1973-1974 e dietro il Modena per due punti nel 1974-1975. Si compie così la promessa del Presidente Gilberto Gaspari, che aveva assunto il timone del comando nella stagione '73-'74 proprio con questo tabellino di marcia: promozione nella serie cadetta in tre anni. [caption id="attachment_40944" align="aligncenter" width="1300"] Gilberto Gaspari[/caption] La classifica finale di quel campionato, terminato il 6 giugno a Giulianova, vedrà il Rimini primo con 51 punti, 20 vittorie, 11 pareggi, 7 sconfitte, 46 gol fatti e

Il primo dopoguerra anche nel Riminese è segnato dalla violenza, come riepiloga Luigi Montanari sulla scorta di Don Giovanni Montali (Una cara “vecchia quercia - Ed. Il Ponte). Il 2 giugno 1920, mentre si sta recando alla fiera di Cattolica, viene freddato con un colpo a bruciapelo Secondo Clementoni, possidente di 44 anni di San Martino in Strada, Riccione; i sospetti ricadono sugli anarchici. L'11 maggio 1921, alla vigilia delle elezioni che si terranno il 15, a San Marino viene ferito il dottor Carlo Bosi,  simpatizzante fascista; "muore il 14, dopo una straziante agonia". [caption id="attachment_40764" align="aligncenter" width="1123"] Arditi del Popolo di Parma[/caption] Luigi Platania in gioventù è anarchico, poi diviene acceso interventista; pluridecorato al valor militare e mutilato di guerra, è uno dei fondatori del fascio riminese. Il 19 maggio 1921 viene ucciso alla stazione ferroviaria di Rimini, dove lavora come guardasala. Come esecutore materiale dell'omicidio viene arrestato  Guerrino Amati, portalettere di 23 anni, anarchico e pregiudicato politico. Quali complici, finiscono nelle carceri di Forlì suo fratello Zeno, Dante Lazzari, tale Gabellini, Zeno Zavoli, tutti anarchici; i socialisti Francesco Zama ed Edgardo Magrini, quest'ultimo poi divenuto comunista. [caption id="attachment_40761" align="aligncenter" width="662"] Luigi Platania[/caption] "Nel '23, del delitto si assume la responsabilità Carlo Ciavatti, che non poteva essere l'autore del fatto -

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