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Il 21 maggio 1962 nasce a Rimini Paolo Ceccaroli, uno dei giocatori più blasonati del "batti-e-corri" in Italia. E per questo, dal 2011, fa parte della Hall of Fame del baseball italiano. Ceccaroli è cresciuto nel vivaio del Rimini Baseball e ha debuttato in prima squadra nel 1977. Ricopre il ruolo fondamentale di lanciatore (poi sarà anche prima base), ma a differenza di molti pitcher è forte anche in battuta. Ed è un un braccio che non si rompe mai: alla fine della sua esperienza in Serie A, nel 2003, ha stabilito il record di 412 partite, 2024 riprese giocate, 488 opportunità difensive, 34 errori, 930 di media difensiva.   [caption id="attachment_40673" align="aligncenter" width="835"] Da sinistra, Paolo Ceccaroli, Elio Gambuti, Giuseppe Carelli nella Trevi Rimini del 1985-86[/caption] Nel 1979 e nel 1980 ha vinto i suoi primi due scudetti e la prima Coppa dei Campioni con Rimini targato Derbigum.  I primi successi di una lunga serie, dato che nei 15 anni trascorsi con la formazione riminese ha vinto complessivamente cinque scudetti e due Coppe dei Campioni. Nel 1981, all'età di 19 anni, ha preso parte al suo primo campionato europeo con la Nazionale azzurra. Le presenze con l'Italia saranno in totale 119, con 5 Coppe Intercontinentali, 6 Mondiali e 7

"Paso" nasce a Rimini il 18 luglio 1938. Figlio di Massimo, anch'egli corridore motociclista e detentore di diversi record di velocità, inizia intorno al 1958 a gareggiare nel motocross, pur avendo una grande passione per la boxe. Eppure non era, come molti piloti, un buon esempio di atleta; non rinunciava al fumo e da romagnolo purosangue, amava bere, mangiare e fare tardi. La sua guida, tutta istintiva, nelle curve era un gioco di equilibri e gas, dando sempre la sensazione dell'imminente caduta. (Wikipedia) Dopo essersi fatto le ossa negli Juniores ottiene la licenza da senior per la stagione 1964 che disputa in sella all’Aermacchi nella 250cc e 350 cc con cui debutta nel campionato del mondo. Sarà ancora in sella al Macchi per le due successive stagioni dove arriverà al terzo posto nella classifica di campionato della 350 cc nel 1966. Pasolini dà sempre il massimo e oltre ma, contro le pluricilindriche è pura utopia prevalere. Sul finire della stagione 1966 viene chiamato dalla Benelli in sostituzione di Provini dopo che l'asso piacentino deve abbandonare l'attività in seguito al terribile incidente occorsogli al Tourist Trophy. Paso non delude, a Vallelunga al debutto con la Benelli vince nella 500 con Agostini che per cercare di

Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli nacque a Santarcangelo il 31 ottobre 1705, al n. 38 dell’attuale via Pio Massani; una lapide sul portone ricorda l’evento. La famiglia Ganganelli era di S. Angelo in Vado, nelle Marche, allora Legazione di Urbino; ma il padre Lorenzo, di professione medico, si era trasferito qualche anno prima a Santarcangelo per svolgervi l’attività di medico condotto (dal 1699 al 1708). Dopo la sua prematura morte, la vedova Angela Serafina Macci fu costretta a traslocare con la famiglia a Montegridolfo. Giovanni nel 1723 divenne frate francescano conventuale a Urbino e, in ricordo del padre, una volta presi gli ordini religiosi, assunse il nome di frate Lorenzo. [caption id="attachment_40329" align="aligncenter" width="864"] La chiesa e il convento di San Francesco a Urbino[/caption] Divenne insegnante di filosofia e teologia. Nel 1740 fu nominato rettore del collegio di San Bonifacio a Roma. Scrittore affermato, dedicò a Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, la sua Diatriba theologica. Il suo operato in qualità di reggente del collegio gli procurò la stima di papa Benedetto XIV, che lo nominò consigliere dell'Inquisizione. Proposto come Generale del suo Ordine per due volte (1753 e 1756), Ganganelli entrambe le volte rifiutò. In seguito papa Clemente XIII gli concesse la porpora cardinalizia, ma il suo dissenso nei confronti della

Il 18 maggio 1995 entra in carica il primo governo di Romano Prodi. I ministri del precedente dicastero di Lamberto Dini passano le consegne ai loro successori. Fra coloro che lasciano l'incarico c'è Antonio Paolucci, fin qui titolare dei beni culturali e ambientali. È stata l'unica esperienza ministeriale per lo storico dell'arte, durata un anno e quattro mesi.  Paolucci è stato fin qui l'unico riminese a ricoprire la carica di ministro nella storia dell'Italia repubblicana. Anche il Regno d'Italia, dal 1861 al 1946, ebbe un solo ministro nato a Rimini: fu Aldo Ovìglio, ministro della Giustizia del primo governo Mussolini dal 1922 al 1925. Un altro riminese che fece parte di un governo italiano fu il Conte Daniele Felici, ministro dell'Interno del Regno d'Italia napoleonico dal 1804 al 1806. Antonio Paolucci era nato a Rimini il 29 settembre 1939 da una famiglia di antiquari. Laureato in Storia dell'arte nel 1964 con Roberto Longhi, inizia la sua carriera al Ministero della Pubblica Istruzione (cui fino al 1975 spettavano le competenze in seguito devolute al Ministero dei Beni Culturali) sin dal 1969, avvicinandosi al mondo delle soprintendenze. Rivestirà poi dal 1980 il ruolo di Soprintendente prima a Venezia, poi a Verona, a Mantova e infine a Firenze, dove è

Il 17 maggio 1534, Papa Clemente VII revoca ad Antonello Zampeschi da Forlimpopoli il dominio su Santarcangelo, di cui era stato investito appena quattro anni prima dietro il versamento di 10 mila ducati. [caption id="attachment_39952" align="aligncenter" width="1303"] Luca Longhi: “Madonna in trono con Bambino fra i Santi Francesco e Giorgio” (1531). A destra è raffigurato, in completa armatura e inginocchiato, il committente Antonello Zampeschi. Sempre in basso, al centro si vede lo stemma degli Zampeschi[/caption] Cos'era successo? Per capirlo bisogna riepilogare qualche vicenda precedente. Santarcangelo, il principale centro del territorio riminese, da sempre è il più riottoso al dominio dei sipuléin (se già "seppiolini" era il nomignolo dei Riminesi). Ha sempre rivendicato da sempre la propria autonomia e per qualche periodo l'ha ottenuta; o meglio,  stata nelle mani di un signore diverso da quello di Rimini. Lunghissima la lista delle sue ribellioni e ancor più lunga e dolorosa quella delle conseguenze che la cittadina ha dovuto patire. Solo ultimo in ordine di tempo, il terribile saccheggio di cui ci è giunta la descrizione di un testimone oculare, il santarcangiolese Santini: «Adì 29 settembre 1503 fu il sacco di S. Arcangelo che fu il giorno di S. Michele Avocato di detto luoco, e tal sacco durò 22 giorni,

Il 16 maggio 1994 l'Ufficio della Motorizzazione Civile di Rimini consegna al dott. Bruno Sbordone, Commissario di Governo per la Provincia di Rimini, la targa automobilistica RN 000001. La provincia di Rimini è istituita nel 1992, ma ancora non ha assunto tutte le sue funzioni. Più che l'elezione del primo consiglio provinciale, che arriverà nel 1995, per molti il vero segno tangibile della conquistata "indipendenza" è proprio la targa. Tanto che qualcuno era arrivato a fabbricarsela falsa. E basta con quel FO, che per giunta in giro per la Penisola scambiano addirittura per Foggia! Se non che, prima piccola amarezza, l'agognata targa non è la RM che da anni campeggiava nell'adesivo biancorosso e che ogni buon irredentista riminese piazzava sul posteriore dell'auto. Il perchè ha ha origini remote. Fin dal 1927 le targhe italiane erano rimaste di un funereo nero con numeri bianchi. A parte qualche lieve ritocco - come la sostituzione del metallo con la plastica nel 1963 - tali erano rimaste fino al 1976. Una trovata con pochi riscontri al mondo portò a scomporre la targa in due parti, una con la sigla della provincia e l'altra con i numeri. Non si volle rinunciare al tradizionale sfondo ferale, ma forse per contrastralo la sigla

"Ditto anno et die XV de Maggio cominzioe in Arimino una grandissima mortalità, et poi per lo contado. Et durò fino adì primo decembre; et morì de tre persone le doe. Et prima morì la poveraglia. e poi gli altri grandi; fora che tiranni e signori non morì nessuno. Et questa mortalitade fo generale in ogni paese". Così l'anonimo cronista "malatestiano" di quell'anno, il 1348. È la Peste Nera che ghermisce anche Rimini. La peste che sarà detta "del Decamerone" perchè descritta nei suoi effetti a Firenze nel capolavoro di Giovanni Boccaccio, fu una delle peggiori epidemie nella storia dell'umanità.  [caption id="attachment_39294" align="alignnone" width="1300"] La sepoltura delle vittime della Peste Nera a Tournai, in Belgio (miniatura del 1353 circa)[/caption] Si calcola che fra il 1347 e il 1352 in Europa morirono tra i venti e i venticinque milioni di persone, un terzo della popolazione continentale dell'epoca. Ma la somma globale delle vittime fu certamente di gran lunga superiore, anche se difficile da calcolare per mancanza di fonti certe. Perché se sappiamo che il morbo marciò con un tasso di letalità del 60% fino agli angoli più remoti del suolo europeo, arrivando perfino in Groenlandia, nessuna cifra affidabile ci è giunta sul suo iniziale serpeggiare

Nei primi mesi del fatidico 1848, sembra che tutti gli stati italiani siano decisi a unirsi nella guerra contro l'Austria. Anche nello Stato della Chiesa, in seguito alle aperture di Pio IX, c'è un governo "liberale" che vuole l'alleanza con i Piemontesi. E sebbene il Papa sia contrario, quello pontificio è addirittura il primo esercito ad essere mobilitato. Intanto arrivano gli altri alleati che vanno a combattere "lo straniero". Il 15 maggio passano le truppe del Regno delle Due Sicilie, "bellissima e bene equipaggiata gente, a piedi e a cavallo", annota Carlo Tonini. Il pomeriggio del medesimo giorno arriva la fotta napoletana, che per salutare festosamente i commilitoni e la città procura invece qualche patema: "in numero di otto legni, transitando in faccia a questo porto, e saputo del loro passaggio per la nostra città, li salutò con un cannoneggiamento, che da prima destò qualche timore nella popolazione, ignorandosene il motivo". Nelle città e nei centri principali l'entusiasmo prevale comunque sulle preoccupazioni, mentre gli "austriacanti" e i reazionari sembrano tacitati. Ma nelle campagne si respira un'altra aria. Per esempio, il giorno prima della possente parata napoletana, come annota sempre  Tonini per il 14  maggio 1848, "essendo andati que’ di S.Arcangelo nella terra di Ciola con bandiera tricolorata,

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