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"Il ’79 cominciò con una gran tempesta di mare, che portò a rompere e a naufragare non lungi dalla torre delle Fontanelle un legno mercantile Olandese. Indi, quasi incredibile a dirsi, dal 4 gennaio al 13 maggio non cadde sull’arido suolo il ristoro di una stilla d’acqua. Si fecero, come in tali casi solevasi, replicate processioni colla miracolosa immagine della B. V. dall’acqua venerata in S.Francesco: ma invano il devoto popolo accorreva alle sacre cerimonie, invano supplicava. Finalmente il giorno 13 del detto mese di maggio cominciò a cadere una minuta e quietissima pioggia, che durò per tre giorni. Poscia non piovve più per quasi tutto l’anno, onde ragionevolmente si temeva una straordinaria carestia. E invece, cosa ben notevole e anzi portentosa, si ebbe la felicità di un raccolto abbondantissimo, in ispecie di grano e di vino". Così Carlo Tonini nel rievocare i fatti del 1779, con la Madonna dell'Acqua ancora una volta protagonista di eventi prodigiosi. La Madonna della Pietà del Tempio Malatestiano di  Rimini è un gruppo scultoreo di alabastro, di circa 40 cm di altezza, che rappresenta il compianto di Maria sul figlio morto. Per gli studiosi del passato - Luigi Tonini, Ricci e Rubertini - «si tratta di una scultura

La feconda discendenza dei conti di Carpegna produsse nei secoli diversi rami. Uno fu quello dei Conti di Pietracuta, che durante il Trecento costituirono un loro autonomo "stato". "Castrum Petre Acute", o "Petraccute" o ancora "Petragudolo" è già citato nel falso diploma di Ottone I, che lo avrebbe donato nel 962 a Ulderico di Carpegna. Documento fasullo, appunto; ma che il ripido scoglio strategicamente a strapiombo sulla valle del Marecchia fosse ben presto fortificato è abbastanza ovvio. La zona ha restituito reperti archeologici romani; i più notevoli e documentati, le otto sepolture rinvenute nel 1915 durante la costruzione della stazione ferroviaria di Pietracuta, ma in precedenza si ebbero notizie frammentarie su tombe presumibilmente "villanoviane" e di altri manufatti romani. Citazioni certe di una rocca risalgono almeno al 1140 e sempre come appartenente ai Carpegna. E' compreso nella lunga lista di castelli posseduti dal conte Rainerio quando nel 1228 giura fedeltà al Comune di Rimini insieme a Buonconte da Montefeltro. [caption id="attachment_368378" align="aligncenter" width="680"] Pietracuta[/caption] La produzione di documenti apocrifi doveva essere assai fertile da queste parti. Un altro atto grossolanamente contraffatto, dove si fanno figurare nel XIII secolo personaggi appartenenti a quello successivo, cita Guido da Pietracuta fra i confinanti con i conti

Annota Luigi Tonini: "Prevalendo nella città gli imperiali, avvenne che furono sanciti nuovi Statuti, alcun de' quali in offensione della libertà ecclesiastica". Siamo nel 1224 e Podestà di Rimini è il notaio bergamasco Suzo Coleoni, un antenato del celebre condottiero quattrocentesco Bartolomeo Colleoni. Il Consiglio è formato da Oddo di Ramberto, Ugo di Carpegna, Marco de' Pecci, Monaldo di Martin "trivigiano", Ugo Zambelli, Tedelgardo giudice, Rainerio giudice, Martin Marnelli, Atto di Giovanni "ravignano", Giovanni Randuini, Giovanbuono da Pusterla, Bentivegna di Piazza Maggiore. Sono tutti ghibellini, fra i quali in città primeggiano gli Omodei e i Parcitadi, le famiglie avversarie dei guelfi Gambacerri. La libertà ecclesiastica in questione è la potestà su beni, castelli, diritti fiscali, che il Comune tenta in ogni modo di sottrarre alla Diocesi di Rimini. Il Vescovo di Rimini è il vicentino Bonaventura Trissino, detto "Ventura", che ovviamente non ci sta e ricorre al Pontefice Onorio III, colui che aveva approvato la Regola di San Francesco d'Assisi, quella di San Domenico ed era stato tutore di Federico II di Svevia durante la minore età, per poi incoronarlo imperatore nel 1220. Il Papa rimette tutto al giudizio di Nicolò di Falcone, Legato Apostolico e Rettore della Massa Trabaria. E il giudizio è durissimo: se gli Statuti non

Nella chiesa riminese di Santa Chiara si venera l’immagine della Madonna della Misericordia. Dalla sera dell’11 maggio 1850 quel viso inizia a muovere gli occhi. La prima ad accorgersene è la contessa Anna Baldini, che si è fermata per una preghiera davanti all'immagine insieme alla figlia e un'altra giovane. [caption id="attachment_39099" align="aligncenter" width="1103"] La chiesa di Santa Chiara a Rimini[/caption] Il giorno dopo la notizia dilaga per tutta la città e oltre. Il miracolo si ripete, ad intervalli, per otto mesi consecutivi suscitando cambiamenti di vita e conversioni profonde nei fedeli, che numerosissimi accorrono a pregarla. Le pupille della sacra immagine si alzavano verso il cielo e si abbassavano sui fedeli. A volte, riferivano i testimoni, erano lucenti come stelle, altre si velavano di pianto. Il volto, a tratti roseo, si faceva poi pallido quando abbassava gli occhi. Il Vescovo di Rimini, Monsignor Salvatore Leziroli, sollecitato anche da Papa Pio IX, per dare al fatto un’inconfutabile certezza storica, ordina un regolare processo. Fanno la loro deposizioni Cardinali, Vescovi, uomini illustri per scienza e comuni fedeli: tutti concordemente asseriscono la realtà del prodigio. La Madonna della Misericordia viene allora aggiunta ai Santi patroni della Città e della Diocesi di Rimini. Il 12 maggio è il giorno della festa annuale della Madonna;

Il 10 maggio 1805 vengono pubblicate la «Memorie relative al Porto, alle manifatture ed Arti di Rimini», un documento voluto dal Regno d'Italia appena proclamato da Napoleone (17 marzo 1805) e che oggi si rivela una fonte di precise e preziose informazioni. Dunque nel 1805, secondo questo testo ufficiale e come riporta anche Antonio Montanari ("Marineria e società riminese tra 1700 e 1800". Saggio presentato al convegno su Giuseppe Giulietti, Rimini, 21 giugno 2003, in "Il Rimino") nel porto di Rimini sono attive oltre cento imbarcazioni con 780 marinai: settanta sono da pesca con 480 marinai, e trentaquattro da traffico con 300 addetti. [caption id="attachment_466315" align="aligncenter" width="725"] “Disegno dello stato presente del canale” di Pietro Bernasconi, metà sec. XVIII, Archivio storico comunale Ravenna. Il disegno evidenzia il progetto di ripristino delle palizzate del porto canale di Rimini dopo l’ennesima piena del Marecchia. Lo “spaccato per il traverso del fiume” raffigura le tecniche costruttive dei moli, le aree maggiormente interessate dallo straripamento del fiume, mentre un bastimento con due vele latine “in croce” sottolinea la scarsa profondità d’acqua del porto canale[/caption] Il porto significa anche un robusto indotto. C'è un cantiere navale, anche se senza loggiato, dove quindi non è possibile lavorare nei mesi invernali. Poi esistono

Nonostante l'anno di celebrazioni per il settimo centenario dantesco, il nome di Guido Vernani resta ai più sconosciuto. Perfino la sua Rimini sembra esserselo del tutto dimenticato, nel 2021 come del resto da sempre. Eppure Guido Ariminensis, o Vergnani, o Vernano o de Vergnano, fu l'ideologo dei più accaniti avversari del Sommo Poeta. Ma non si trattava di poesia, bensì di politica. E l'idea politica del fiorentino è condensata nel trattato De Monarchia. La poesia rende immortali, la politica difficilmente ci riesce. Eppure la meravigliosa costruzione poetica di Dante voleva essere innanzi tutto politica e filosofica. Per i contemporanei, almeno i più potenti e istruiti nel latino in cui è scritto, il De Monarchia andava letto con attenzione ancora maggiore della Commedia. Un'attenzione che per gli avversari politici di Dante si risolse in condanna totale. E fu così che nel 1329 - la data e nemmeno l'episodio hanno il conforto di prove certe, ma sono riferite pochi anni dopo da Bartolo da Sassoferrato e poi da Boccaccio, cui danno credito la maggioranza degli storici odierni - tutte le copie del De Monarchia che si riuscirono a rastrellare furono messe al rogo nella piazza di Bologna. A volere la condanna per heresia, il cardinale Bertrando

Nella prima metà del Settecento, l'Italia è ancora politicamente dominata  dagli Spagnoli. Fra breve saranno gli Austriaci a subentrare nel ruolo, ma per il momento è Filippo V, primo Borbone sul trono di Spagna, a dare le carte fra gli staterelli in cui è diviso lo Stivale. Quanto allo Stato della Chiesa, di cui Rimini fa parte, è ovviamente Sua Maestà Cattolica di Spagna che provvede alla sua sicurezza. Disseminando pertanto le sue guarnigioni ovunque, Rimini compresa. E dunque, "il Re Cattolico volendo premiare la fedeltà e devozione di Francesco III Duca di Modena, che per aver seguite le parti di Spagna, discacciato dagli stati suoi esulava colla moglie e coi figli in Venezia, deliberò di conferirgli il grado di generalissimo delle armi sue in Italia: ond’egli ebbe a condursi a Rimini per assumerne il comando". Le armi di Filippo in Italia sono concentrare soprattutto in Lombardia, che è ancora possesso diretto della corona di Spagna ed è continuo oggetto del contendere con gli Asburgo di Vienna. [caption id="attachment_38727" align="aligncenter" width="1300"] Modena nel 1725[/caption] Da Venezia arriva a Rimini prima la moglie di Francesco, Duchessa Carlotta di Borbone-Orléans, ma si ferma poco e non vuole onori ufficiali. Si limita ad assistere ad una messa celebrata,

Amato Ronconi nacque a Saludecio attorno al 1226. Rimasto orfano in giovane età, fu accolto dal fratello Giacomo e dalla sua famiglia. Per seguire il modello di vita proposto dai Vangeli si dedicò inizialmente all'accoglienza di poveri e pellegrini, fondando l'ospedale di Santa Maria di Monte Orciale. Qui, ancora oggi, inglobata in una costruzione più recente, è ben riconoscibile la Casa del Santo. Salendo la scalinata posta sulla sinistra dell'edificio è visibile un arco in mattoni e al di sopra un'incisione riportante la scritta “HOSPITALE B AMATI”. Sulla facciata è invece dipinto un grande affresco con la raffigurazione del Santo in abiti religiosi e con la conchiglia di Santiagio, pellegrinaggio che compì ben quattro volte. [caption id="attachment_307293" align="alignleft" width="1280"] L'ospitale di S. Maria del Monte Orciale[/caption] In seguito donò tutti i suoi averi e si ritirò in un piccolo cenobio francescano sul Monte Formosino, tra i castelli di Montegridolfo e di Mondaino. Effettuò numerosi pellegrinaggi, a Rimini per venerare le reliquie di san Gaudenzo, sul Monte Titano dove visitò lo speco di San Marino, e quattro volte a Santiago di Compostela. Durante tali pellegrinaggi, secondo il suo biografo Domenico Franzoni, il Ronconi avrebbe compiuto diversi miracoli, compreso l'aver riportato in vita un

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