Top Stories

Il 7 maggio 1517 Rimini è nel panico. Ormai da febbraio lo spodestato Duca d'Urbino Francesco Maria della Rovere, partito alla riconquista del suo stato, sta devastando il territorio. Ed ora minaccia addirittura di voler prendere la città. [caption id="attachment_38493" align="aligncenter" width="649"] Hieronymus Bosch: "Il giardino dei piaceri", dettaglio[/caption] Francesco Maria della Rovere, dopo che il Papa Leone X gli ha tolto il ducato per darlo a suo nipote Lorenzo de' Medici, si è dovuto rifugiare esule a Mantova. Qui recluta mercenari disoccupati, spagnoli e guasconi, più mille volontari condotti da Federico Gonzaga da Bozzolo.  [caption id="attachment_38504" align="aligncenter" width="675"] Federico Gonzaga da Bozzolo[/caption] Rimini nel 1517 è del Papa. Quindi, oltre a doverci passare per rientrare nel suo ducato, per il Della Rovere rappresenta un territorio nemico. Ma al Duca deve anche essere apparsa una preda invitante, pingue e abbordabile. Dopo il crollo della potenza malatestiana, la tradizionale avversaria di Urbino è infatti in ginocchio. Non ha più un suo Signore a difenderla con le unghie e con i denti, ma solo un governatore pontificio che chissà quanto vorrà battersi per il suo dovere d'ufficio. La città si è anche spopolata e impoverita, le difese non sono più rincalzate puntualmente. [caption id="attachment_38523" align="aligncenter" width="663"] Raffaello: ritratto di Papa Leone X con

Il 6 maggio 996 l'imperatore Ottone III di Sassonia concede a Uberto, Vescovo di Rimini, un privilegium dove si confermano le sue giurisdizioni. Questo diploma - una copia si conserva ancora nell'Archivio capitolare della Diocesi di Rimini - è un documento di incalcolabile valore per gli storici, in quanto i nomi e i luoghi che vi si citano aprono squarci su di un periodo molto povero di fonti. [caption id="attachment_38337" align="aligncenter" width="675"] Il diploma di Ottone III nella copia riminese del XII secolo[/caption] Fra l'altro, è da questo testo che si hanno le uniche notizie proprio su quell'Uberto presule riminese. Sappiamo inoltre che la città era allora governata non più da un duca, ma da un conte nominato dallo stesso imperatore. E che quello in carica si chiamava Rodolfo: se non che fu accecato per ordine di Ottone perché usurpava diritti e beni del Vescovo. Proprio dall'elenco dei beni vescovili, spuntano informazioni sulla diocesi riminese prima del Mille: per esempio, sono citate per la prima volta, anche se dovevano esistere già da molto tempo, chiese cittadine come quella di S. Agnese e di S. Innocenza, e pievi come quella di S. Vito e di San Giorgio "cum oratori Sancti Stefani castri Conce ", cioè entro lo scomparso castello di Conca (Monte Vici presso

L'11 settembre 1943, all'indomani dell'occupazione tedesca, un gruppo di famiglie ebree, che provenienti dai Balcani nel corso degli anni precedenti avevano trovato rifugio in Italia, giunge a Bellaria nel tentativo di raggiungere il Sud già occupato dagli Alleati. A Bellaria il gruppo entra in contatto con Ezio Giorgetti, proprietario di una pensione, l'Hotel Savoia. Quella che all'inizio fu una decisione presa per motivo puramente economici, al fine di allungare la stagione lavorativa ormai agli sgoccioli, si trasforma ben presto in una rischiosa missione di solidarietà. Giorgetti, con l'attiva complicità del maresciallo dei carabinieri Osman Carugno, capo della stazione locale, ospita il gruppo e provvede alle loro necessità. Anche quando il gruppo è costretto ad evacuare, Giorgetti e Carugno si prendono cura della loro sistemazione, dapprima in altre strutture alberghiere e quindi in un casolare presso Madonna di Pugliano, fra Villagrande, San Leo e Maiolo. [caption id="attachment_38148" align="aligncenter" width="1284"] Al centro, il maresciallo Osman Carugno[/caption] Giorgetti, che ha numerosi contatti con gli antifascisti della regione e di San Marino, assieme al maresciallo Carugno continua a provvedere a tutte le necessità del gruppo; ottengono per loro anche tessere annonarie e documenti d'identità falsi. Quando la situazione si fa più critica nella zona con il passaggio del fronte e la

Gregorio Celli nacque verso il 1225 a Verucchio e venne battezzato nell’antica pieve di S. Martino. Era figlio di Giovanni, "giureconsulto di chiaro nome" e nipote di Tommaso de' Celli, e di Anna "figlia del Dottor Alberto Corradi". Aveva tre anni quando rimase orfano del padre e verso i quindici anni vestì da laico l’abito degli Eremiti di S. Agostino nel convento del suo paese. [caption id="attachment_37975" align="aligncenter" width="1281"] Verucchio, la chiesa conventuale di S. Agostino vista dall'omonima Porta[/caption] Trascorsero una decina d’anni nei quali Gregorio Celli dimostrò tutta la sua perfezione di vita evangelica. Anche la madre Anna, all'età di 45 anni, prese la veste di terziaria e si diede a sostenere il convento con i suoi beni. Però, insorse una non meglio specificata "invidia" nei confronti di Gregorio e proprio da parte dei religiosi del suo convento, che presero a rendergli la permanenza insopportabile. Allora si allontanò da Verucchio e si rifugiò in un eremo sul Monte Carnerio, nei pressi di Fonte Colombo (Rieti), dove visse molti anni. Secondo il Tonini, "passò alla gloria del Cielo nel 1343 adì 4 maggio". Ma nel calendario canonico la sua festa è l'11 maggio. [caption id="attachment_37972" align="aligncenter" width="1103"] Fonte Colombo[/caption] Il sant'uomo avrebbe così battuto in età e di gran lunga un

Il 3 maggio, Festa della Santa Croce, i contadini romagnoli andavano a "piantè al crosi": "Nel campo - spiega Gianni Quondamatteo - si piantavano croci fatte con ramoscelli d'ulivo benedetto, affinché vegliassero a proteggere le piantagioni dalle tempeste, bruchi, topi e altre calamità".  Non era l'unico rito che si doveva compiere in quei giorni. I primi di maggio erano infatti dedicati alla "majè", la maggiolata: "Si guarnivano - prosegue Quondamatteo - di fronde verdi e di fiori di betulla le finestre e le porte delle case per festeggiare lo sboccio della primavera. Tale rito - fra le altre cose - si pensava avesse la virtù di tenere lontane le formiche voraci e quella di propiziare la stagione agricola. Lo Spallici aggiunge che 'piantè maz', piantar maggio, comportava, il primo giorno del mese, recare un ramo di acacia fiorita alla finestra della innamorata, come buon augurio". [caption id="attachment_37768" align="aligncenter" width="1307"] La Maggiolata a Lucignano, in provincia di Arezzo[/caption] Il giorno era importante anche per trarre osservazioni e previsioni sul raccolto, come si conservano in numerosi proverbi: "Par Senta Cros, e' gren spigos" ("Per Santa Croce, il grano con la spiga"; se non ce l'ha ancora, qualcosa non sta andando per il verso giusto); per "Senta Cros,

"Nell'anno mille trecento trentacinque del mese di Maggio cominciò la Signoria di Malatesta, e di Galeoto in Rimini, facendosi chiamare assolutamente Signori, e non più Capi, Difensori, e Conseruatori": cosi Cesare Clementini nel suo "Racconto istorico dela fondatione di Rimino

Sulla figura di S. Aldebrando (o Ildebrando, Aldibrando, Aldobrando) le notizie sono molte ma incerte e confuse, anche per gli equivoci indotti dall'omonimia con altri personaggi. Non è neppre chiaro se sia Santo o solo Beato, tuttavia Fossombrone non ha dubbi e lo onora quale suo Patrono. [caption id="attachment_377997" align="alignleft" width="2560"] Il castello di Sorrivoli[/caption] Aldebrando nacque molto probabilmente a Sorrivoli, il bel castello tutt'ora ben conservato presso Roncofreddo, intorno al 1164. La nobile famiglia cesenate dei Faberi molti secoli dopo lo pretese fra i propri antenati, ma non esistono notizie coeve che lo confermano. Si sa invece che nel 1199 era già canonico di Santa Maria in Porto a Ravenna, alla cui prestigiosa scuola probabilmente avvenne la sua formazione nelle arti liberali e nel diritto. [caption id="attachment_377998" align="aligncenter" width="311"] Stemma dei Faberi[/caption] Nel 1222, o forse ancora prima, fu eletto Preposto del Capitolo della Cattedrale di Rimini. Qui si trovò ad affrontare gli eretici patarini, che avevano gran seguito in città. La sua Legenda precisa che a Rimini ancora non erano giunti gli ordini mendicanti - francescani e domenicani - a fronteggiare le eresie con le loro prediche. Compito che il Preposto assunse "con molto zelo", confutando vigorosamente i Patarini "i quali si

Alle prime ore del mattino del primo maggio 1898, a Rimini una folla formata soprattutto da donne e bambini va all'assalto di mulini e panifici, saccheggiandoli. Nel pomeriggio arrivano anche i braccianti e vengono svuotati a forza diversi depositi di farina e granai. In quel 1898, il pane costa anche 60 centesimi al chilogrammo, quando un operaio guadagna fra le 1,50 e le 1,75 lire al giorno. Un bracciante prende ancora di meno e non lavora tutti i giorni. Tumulti a Rimini sono già scoppiati il 30 aprile, ma non solo: fatti analoghi stanno accadendo nel resto della Romagna e in Puglia, fin dal 26 aprile. Sarà la più grave e tragica crisi sociale vissuta dal Regno d'Italia da quando è nato. [caption id="attachment_37538" align="aligncenter" width="667"] Bari, la "rivolta della farina" a fine aprile 1898[/caption] La situazione nazionale era già problematica per la notevole disoccupazione e i bassi salari, ma il fatto decisivo per il malcontento di massa è l'aumento del costo del grano e quindi del pane da 35 a 60 centesimi al chilo a causa degli scarsi raccolti e, in parte, all'aumento del costo dei cereali d'importazione dovuto alla guerra ispano-statunitense nella quale la Spagna aveva perduto numerosi possedimenti coloniali quali Cuba e le Filippine, passati

/