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"E fu che Malatestino (cioè Malatesta da Verucchio, così appellato allora a distinzione del padre morto in quel torno), capitanando le militia riminesi alla volta di Imola d'ordine di Tommaso della Marca Conte di Romagna per l'Impero, sopraffece nel viaggio un tal Messo che portava al Conte lettere del Podestà riminese, nelle quali si conteneva che il Malatesta colà sostenersi prigione, siccome in sospetto di guelfo. Per la qual cosa Malatesta, scoperta l'insidia che gli era tesa, non fu tardo a voltare indietro sopra di Rimini, ove con l'ajuto dei cittadini a lui amorevoli si impossessò della persona del Podestà, e la città tutta in sua balìa ebbe, ad eccezione delle case di Ugolin Parcitade (il Viceconte) e altri pochi". [caption id="attachment_374087" align="aligncenter" width="400"] Presunto stemma degli Omodei[/caption] "Ciò sembra avvenuto adì 16 aprile. Fra coloro che furono al suo ajuto annoverano Taddeo Conte di Montefeltro e Urbino, i Conti di Carpegna, e Ramberto di Giovan Malatesta". Così Luigi Tonini ("Rimini avanti il ​​principio dell'era volgare vol.3" - 1862). Siamo nel 1248 e alla svolta cruciale nella storia della Rimini medievale. Poche settimane prima, il 18 febbraio, l'imperatore Federico II di Svevia era stato clamorsamente sconfitto sotto le mura di Parma dopo oltre

Il 15 aprile 1859 i volontari riminesi iniziano a partire per la fase decisiva del Risorgimento italiano, quella che sarà chiamata seconda guerra d'Indipendenza. Le autorità pontificie non oppongono troppa resistenza al radunarsi di armati e alla loro marcia in direzione delle truppe piemontesi che andranno ad affrontare quelle austriache, nonostante queste ultime presidino ancora diversi punti strategici dello Stato della Chiesa. [caption id="attachment_35411" align="aligncenter" width="1080"] Cavalleggeri del reggimento "Piemonte Reale" nel 1859[/caption] Soltanto i primi che partono vengono avvertiti che non potranno più tornare, perché incorreranno nell'esilio. Ma gli scaglioni successivi non riceveranno nemmeno questa minaccia. Ma ecco come Carlo Tonini racconta quei giorni, che visse in prima persona avendo allora 24 anni: "Come già queste cose si aspettassero, e con quanta fidanza, nelle varie terre italiane, ben tutti il rammentano; e rammentiamo noi pure come già Vittorio Emanuele Re d'Italia fosse preconizzato nel motto di viva Verdi, in cui quel voto copertamente esprimevasi: nè il Governo (pontificio, ndr) facea prova di reprimerlo, tuttoché ben facile fosse il penetrare sotto un tal velo: e ninna misura di rigore prendeva, tranne quella di alcuni e precarii arresti dei patrioti men cauti o troppo ardenti e avventati". [caption id="attachment_316287" align="aligncenter" width="882"] Il campo dell'Armata sarda in località Madonna della

Il 14 aprile 754 il re dei Franchi Pipino il Breve (Pépin III le Bref)  firma la cosidetta Promissio Carisiaca, (nota anche come Donatio Carisiaca, o donazione di Pipino, o patto di Quierzy o donazione di Quierzy). Con questo atto promette di conferire alla Sede Apostolica una serie di territori già appartenuti all'impero romano "bizantino" e ad esso sottratti dai Longobardi. L'aggettivo "carisiaca" deriva dal nome latino di Quierzy (Carisium). I territori sono: Ravenna, Comacchio, Cesena, Forli, Forlimpopoli, "Bobbio" cioè Sarsina, Rimini, Montefeltro, Pesaro, Fano, Senigallia, Urbino, Jesi, Cagli, Gubbio, Luceoli, Narni ed altri luoghi minori; fra i quali sono espressamente citati i castelli di Conca, Acerragio, Monte Lucari e Serra  di S. Marino. "Conca" era il fortilizio di Monte Vici presso la futura Cattolica; "Accerragio" sarebbe stato Cerasolo; mentre per il non identificato "Monte Lucari" le ipotesi si dividono fra Monte Luro presso Gradara e un Monte Lucati o Leucadi da qualche parte nel cesenate. [caption id="attachment_440496" align="aligncenter" width="800"] Carlo Martello divide il regno dei Franchi tra i figli maggiori, Carlomanno e Pipino III[/caption] Secondo quel patto, ai Longobardi sarebbero rimaste Ferrara e il suo ducato, Bologna, Imola, Faenza, Osimo e Ancona: ma i pontefici continueranno ostinatamente a rivendicarle per secoli

Dalle cronache di allora si evince che il sisma ebbe per epicentro proprio Rimini, dove si ebbero oltre 100 morti e gravissimi danni con una magnitudo stimata in ML 5.7 della scala Richter.  Il terremoto fu preceduto da un forte rombo e dal mare si alzò un’ondata che invase la spiaggia.  Oltre al Riminese, i morti furono 30 a Fano, 2 a Pesaro. Con questi articoli Oreste Delucca ha ricostruito cosa esattamente accadde quel terribile 14 aprile del 1672, a sera, con le chiese affollate per le funzioni del giovedì santo. https://www.chiamamicitta.it/1672-la-catastrofe-del-giovedi-santo/ https://www.chiamamicitta.it/rimini-1672-tremuoto-non-un-puro-castigo-dio/

Claudio Galassi nasce a Rimini il 13 aprile 1941. Da bambino quando gioca a calcio lo mettono in porta e lui non si muove più di lì. La sua prima squadra è "La Corsara" della Sinistra del Porto, poi passa al San Nicolò. Qui nel 1956, quando ha 15 anni, viene notato e ingaggiato dalla Rimini Calcio, che allora milita in Promozione. Gioca la sua prima partita in biancorosso in un'amichevole il 1º novembre 1956 contro il Perticara. Il 22 gennaio 1959 debutta in campionato in IV Serie contro Pesaro da titolare, sostituendo in quell'occasione Giano Pattini. Nel campionato seguente in Serie C è il secondo di Franco Luison. Nel campionato 1961-1962 sempre in Serie C, con Renato Lucchi come allenatore, scende in campo in sole tre occasioni contro Tevere Roma, Perugia e Viareggio. Nella stagione successiva, dopo l'acquisto da parte della società di altri due portieri, gioca 8 partite. Intanto fa il vigile urbano. Nella stagione 1962-1963 con Romolo Bizzotto allenatore trova la propria consacrazione. I tifosi lo chiamano affettuosamente "Scaramazòn", abbreviato in "Scara", per l'irruenza delle sue uscite. Questa stagione gli vale il salto di categoria con la maglia dell'Udinese in Serie B. A Udine, Galassi viene chiamato a sostituire Dino Zoff passato al Mantova.  In terra friulana

Il 12 aprile 1681 il Consiglio municipale di Rimini prende una decisione in cui Carlo Tonini, quasi due secoli dopo, trova ancora "cagione di non poca meraviglia". Come mai? Il fatto è che nel 1672 Rimini era stata colpita da un catastrofico terremoto, dal quale la città ancora era lontana dal riprendersi. Fra l'altro anche i palazzi comunali erano crollati, torre civica compresa. Fra le misure prese dopo la sciagura, c'era stato anche il solenne voto cittadino "circa l’astensione dai divertimenti carnevaleschi" per 12 anni. Ciò nonostate, con tre anni di anticipo, la delibera comunale prevedeva niente meno che il via libera alla costruzione di un teatro, cioè proprio il luogo innanzi tutti deputato a quei divertimenti. E nemmeno in un edificio qualsiasi, ma addirittura dentro la Sala dell'Arengo ancora diroccata. [caption id="attachment_462497" align="alignleft" width="1200"] Frontespizio di una Relazione sul terremoto riminese del 1672, edita a Bracciano[/caption] E pensare, commenta il Tonini, che ai riminesi non dovevano mancare preoccupazioni e urgenze di tutt'altra natura. Per esempio, "i progressi dei Turchi che già minacciavano la stessa Vienna, il pericolo continuo delle costoro incursioni, massime nelle città marittime, come la nostra, ed oltre a tutto questo i sospetti dell’invasione di altro nemico non men formidabile quale era

L'11 aprile 1906, alle prime ore del mattino, la carovana di Buffalo Bill giunge a Rimini. Dal 1883 William Cody ha allestito uno spettacolo viaggiante, il "Buffalo Bill Wild West Show", con protagonisti veri cowboy e "pellerossa" tra cui gli Sioux Toro Seduto e Alce Nero; ne faceva parte anche Calamity Jane, "la donna pistolero". Lo spettacolo ebbe un gran successo sia negli Stati Uniti che in Europa per oltre venti anni. Nel 1906 in Italia fu a Roma, Torino, Genova, Brescia, Bergamo, Udine. E Rimini. Il biglietto non costava poco: 2 lire. Come si legge su tuttiarimini.com, il circo di Buffalo Bill viaggiava "in quattro treni speciali provenienti da Ancona, ognuno dei quali era composto da dodici o tredici carri e da due vetture regolari, per una larghezza media di circa 250 m. ciascuno. La mostra era composta da 700 persone e da 500 cavalli, era qualcosa di unico, di spettacolare, tutti a Rimini ne parlarono per molto tempo, fu un’opportunità unica vedere coi propri occhi un mondo nuovo che popolava la fantasia di grandi e bambini". "Lo spettacolo durò 2 ore circa e mostrava al pubblico brani di vita vissuta: Pony Express, la battaglia del generale Custer (1876), veri indiani con le loro famiglie si esibivano, quel

Il 10 aprile 1848 partono da Rimini le prime due compagnie di volontari della Guardia Civica. Si uniranno alle colonne dell'esercito pontificio che va a combattere assieme ai Piemontesi di re Carlo Alberto contro gli Austriaci. Fra gli stati italiani che hanno aderito alla coalizione, quello della Chiesa, sebbene Papa Pio IX sia contrario, è il primo a inviare aiuti militari al sovrano sabaudo; comprendono una prima divisione regolare (circa 7.500 uomini, organizzati in quattro reggimenti di fanteria italiana, reggimenti svizzeri, due reggimenti di cavalleria, tre batterie da campagna, due compagnie del Genio ed una di artificieri) al comando del piemontese Giovanni Durando, e una seconda divisione (circa 3.000 uomini) composta da appartenenti alla Guardia Civica Mobile e da volontari agli ordini del repubblicano Andrea Ferrari. Quest'ultimo promuove fra le colonne un canto che poi resterà quello dei volontari romagnoli e del centro Italia: «Bianchi e rossi color di pomodoro morte a Radesky, evviva Pio IX zitti, silenzio, che passa la ronda zitti, silenzio e chi va là evviva Carlo Alberto e la guardia nazional». Il corpo d'armata entra nel Lombardo-Veneto dalla Legazione pontificia di Ferrara. [caption id="attachment_462159" align="alignleft" width="2176"] Dragone pontificio[/caption] Ecco come Carlo Tonini ricostruisce gli avvenimenti e racconta la partenza dei soldati riminesi: "La rivoluzione avea già rovesciato il trono imperiale nella

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