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Il 1º aprile 1950 nasce a Riccione Paolo Conti.  In un'intervista pubblicata su Storie di calcio, racconta di se: «I miei volevano che mi diplomassi, niente sport serio, che credi? Albergo di proprietà, mica mancavano i soldi, questione di cultura, di orizzonti: lo studio prima di tutto. Non tifavo per nessuna squadra, facevo una vita normale. Poi appena fatta la maturità, al campo dopo una partita tra amici si avvicina un dirigente del Riccione, che allora faceva la serie D, la C2 di oggi, e mi fa: Conti, vuoi tesserarti? Era il ’68, il ’69… Accettai, ero diplomato, potevo giocare centravanti per puro diletto. Una volta tesserato l’allenatore un giorno mi fa: oh, Paolo, dài prova in porta. Ecco, Paolo Conti portiere è nato così. Poi sono finito in nazionale e ho fatto da secondo i Mondiali in Argentina». [caption id="attachment_460783" align="alignleft" width="957"] Paolo Conti nella Nazionale di Bearzot: la partita è Italia-Turchia (1-0, Firenze, 23_settembre 1978)[/caption] Dal Riccione, Conti approda al Modena e successivamente all'Arezzo in Serie B. La svolta nella sua carriera è il passaggio alla Roma, nella quale si alterna inizialmente ad Alberto Ginulfi per poi divenire stabilmente titolare. Durante tale permanenza, nella stagione 1974-1975 è il portiere meno battuto del campionato,

Scrive Pier Giorgio Pasini in "Il tesoro di Sigismondo e le medaglie di Matteo de' Pasti" (Minerva Edizioni, 2011): "II 31 marzo 1954, durante l’esecuzione di lavori di restauro alla parete est delle mura castellane di Montescudo, vennero trovate ventidue medaglie di Sigismondo (lettera del Sindaco di Montescudo alla Soprintendenza alle Gallerie di Bologna dell’1-4-1954, prot. del Comune di Montescudo n. 548)". "Sembra - prosegue Pasini - che queste fossero contenute in un vaso di terracotta che però non ci è stato conservato. Dai Carabinieri di Montescudo furono recuperate venti medaglie, perché due furono trafugate subito dopo il ritrovamento. L’unica, breve e generica notizia di questo ritrovamento è nel quotidiano "Il Resto del Carlino" di Bologna, nella cronaca riminese del 3 aprile 1954". [caption id="attachment_33215" align="aligncenter" width="1075"] Tre delle ventidue medaglie ritrovate il 31 marzo 1954 a Montescudo, ora conservate in Municipio[/caption] "Il deposito era formato da venti medaglie piccole col Tempio Malatestiano (Hill, 183), di cui diciotto recuperate; e da due grandi con il busto di Sigismondo con corazza al diritto e Castel Sismondo al rovescio (Hill, 185)". "Il ritrovamento è stato diviso in due parti uguali fra il Comune di Montescudo e la Soprintendenza alle Gallerie di Bologna che, dopo aver inventariato i

Il proclama di Rimini è l'appello, datato 30 marzo 1815, che Gioacchino Murat, insediato sul trono di Napoli da Napoleone Bonaparte, inviò agli italiani chiamandoli alla rivolta contro gli Austriaci e presentandosi come alfiere dell'indipendenza nazionale, nel tentativo di trovare alleati nella disperata battaglia per conservare il suo trono. Secondo alcuni in realtà il proclama venne emesso da Gioacchino Murat il 12 maggio con la falsa data del 30 marzo e fu rivolto ai Napoletani dopo la disfatta di Tolentino, che segnò di fatto la fine del Regno di Murat. Il testo del Proclama (in realtà due documenti, uno rivolto ai cittadini e uno ai soldati) è attribuito dalla maggioranza degli studiosi risorgimentali a Pellegrino Rossi, poi patriota di tendenza moderata e cattolica che propugnò un'Italia unica ma federale. Artefice della svolta costituzionale Papa Pio IX e suo primo ministro, finì ucciso dai carbonari alla vigilia della proclamazione della Repubblica romana, nel 1848. [caption id="attachment_33176" align="aligncenter" width="677"] L'assassinio di Pellegrino Rossi a Roma il 5 novembre 1848[/caption] Il Proclama di Rimini colpì positivamente Alessandro Manzoni, che compose una canzone dal titolo omonimo, che tuttavia rimase incompiuta in seguito all'esito negativo della campagna di Gioacchino Murat. Pietro Colletta, invece, che di Murat fu generale e barone, lo definì «

Il 29 marzo 1897 nasce a Rimini Eraldo Ilari, pioniere del dirigibile e poi alto ufficiale dell'aeronautica. Figlio di Antonino, Eraldo prende parte appena ventenne alla prima guerra mondiale entrando subito fra i dirigibilisti. Il 18 agosto 1918 il suo primo comando, con il dirigibile PV.2, di stanza all'aerobase di Corneto-Tarquinia, per scortare la nave postale che tiene i contatti con la Sardegna. Terminato i conflitto, svolge un'intensa attività di collaudatore. Fra il 1924 e il '27 partecipa anche alle competizioni della Coppa Gordon Bennett, destinata ai palloni a gas di ogni nazione, che si disputava nel paese vincitore della precedente edizione. Nel servizio a fianco della Marina prende parte, nel 1926, alle operazioni di ricerca del sommergibile Sebastiano Veniero, affondato al largo di Capo Passero a seguito dello speronamento ad opera del piroscafo Capena. [caption id="attachment_460380" align="aligncenter" width="400"] Eraldo Ilari[/caption] Quando il generale Francesco Pricolo viene nominato Sottocapo di Stato maggiore della Regia Aeronautica, Ilari diventa suo Capo di Gabinetto. Ormai da sei anni non vola più e Pricolo lo rimanda ad aggiornale il ruolino. A partire dal 16 maggio 1939 assume il comando della IV Zona Aerea Territoriale di Bari col grado di generale di squadra aerea. Il 10 giugno 1940 l'Italia entra in guerra. Il 28

Il 28 marzo 2005 muore a Milano Raffaello Baldini, poeta e scrittore di Santarcangelo, dove era nato il 24 novembre 1924. La famiglia di Raffaello Baldini gestiva il "Caffè Trieste", dove si incontravano spesso gli amici che saranno ricordati come E' circal de' giudéizi: Tonino Guerra, Nino Pedretti, Rina Macrelli, Flavio Nicolini, Giuliana Rocchi, Gianni Fucci e altri ancora. Nel bar il giovane Raffaello aveva imparato ad osservare l'umanità in tutte le sue sfaccettature. Baldini si laurea in Filosofia all'Università di Bologna poi si dedica all'insegnamento per alcuni anni. Nel 1955 si trasferisce a Milano per lavorare come scrittore e poi come giornalista per Panorama. Nel 1967 pubblica con Bompiani Autotem, una piccola opera satirica sull'automobile vista come feticcio. La raccolta É solitèri ("Il solitario", Premio Gabicce), con cui nel 1976 debutta nella poesia dialettale, viene pubblicata a Imola a spese dell'autore. Nel 1982 esce La nàiva ("La neve"). Con Furistír ("Forestiero", 1988) Baldini vince il Premio Viareggio e con Ad nòta ("Di notte", 1995), il Premio Bagutta. Si dedica anche alla scrittura per il teatro. Suo è un monologo, Zitti tutti!, pubblicato da Ubulibri nel 1993. Nel 1996 Ravenna Teatro ha prodotto lo spettacolo Furistír (diretto e adattato da Marco Martinelli), nato dalla fusione di otto

Con un diploma del 27 marzo 1328 l'imperatore Ludovico IV "il Bavaro" nomina i cugini Nolfo e Galasso da Montefeltro Conti Palatini e li conferma nei loro possessi nella diocesi del Montelfetro. In pratica, se la costa da Rimini ad Ascoli è quasi tutta dei guelfi Malatesta, nell'entroterra sono annidati i ghibellini Montefeltro a iniziare dall'atavico feudo comitale di Monte Copiolo. Ma questi ultimi riescono a ottenere dall'imperatore il titolo comitale ereditario di Urbino; e un bel giorno con Oddantonio diverranno addirittura Duchi, questa volta per nomina papale. Di quella città i Montefeltro si erano già insignoriti nel 1213, quando Bonconte I la ricevette in feudo dall'imperatore Federico II di Svevia. Ma quell'investitura era sempre stata contestata, in primo luogo da molti degli stessi Urbinati che anelavano invece alla libertà comunale, ma soprattutto dai Papi. Facente parte dell'Esarcato di Ravenna e in particolare dell'antica Pentapoli "annonaria", o "montana", assieme a Gubbio, Cagli, Fossombrone e Jesi, i pontefici i pontefici la rivendicavano esattamente come l'altra Pentapoli, quella "marittima", che comprendeva Rimini, Pesaro, Ancona, Senigallia e Fano. Secondo loro, decaduto il diritto degli imperatori di Costantinopoli sull'Esarcato, loro legittimo erede era l'Arcivescovo di Ravenna, soggetto però a Roma. Egli volente o nolente, poichè a lungo

Il 26 marzo 1903 nasce a Rimini Romeo Neri, atleta, ginnasta e allenatore di ginnastica artistica italiano, tre volte Campione olimpico e quattro volte Campione italiano assoluto per la ginnastica. A lui è intitolato lo stadio di Rimini. Nel 1996, in occasione delle Olimpiadi di Atlanta, è stato commemorato negli Stati Uniti con una serie di T-shirt celebrative. Ultimo di cinque figli, iniziò a praticare il nuoto, classificandosi terzo nella traversata del Golfo della Spezia, città nella quale si era trasferito nel 1916 in cerca di lavoro; si diede anche all'atletica, riuscendo conquistare il bronzo ai campionati italiani nei 400 metri piani. [caption id="attachment_459814" align="alignleft" width="1600"] Romeo Neri nelle figurine Panini[/caption] Una volta tornato a Rimini nel 1918, si aggiudicò altri titoli nel nuoto gareggiando per l'Unione Sportiva Libertas e successivamente, sollecitato dal direttore sportivo della società Giovanni Balestri, nel 1920 iniziò a praticare la ginnastica con risultati promettenti. Nel 1925, alla fine dei due anni di servizio militare, entrò a far parte della scuola di Balestri, Braglia e Corrias, che saranno i suoi maestri, ed iniziò a farsi notare a livello agonistico iniziando a mietere elogi e i primi successi. Nel 1926 si laureò campione italiano alle parallele, mentre nel 1928 vinse invece il titolo generale individuale, il

La battaglia delle Celle, o battaglia di Rimini, fu combattuta il 25 marzo 1831 tra i volontari delle Province Unite Italiane guidati dal generale Carlo Zucchi e le truppe austriache del maresciallo Bentheim. Erano circa 1500 i patrioti italiani che affrontarono 5000 austriaci. E li respinsero più volte prima di doversi ritirare verso Ancona. Fu la prima volta che delle truppe unicamente italiane si batterono contro l'esercito austriaco, tenendo loro testa. Era successo tutto ad un'incredibile velocità. Dopo i moti che nel 1830 avevano sconvolto mezza Europa, anche le popolazioni delle Legazioni di Ravenna, Forlì, Bologna e Ferrara erano insorte contro il Papa, sovrano dello Stato della Chiesa. Il 3 febbraio 1831 si erano sollevati per primi i Ducati di Modena e Parma, poi l'insurrezione aveva raggiunto lo stato pontificio: oltre a Bologna e la Romagna, anche le Marche, l'Umbria e il Lazio settentrionale.  Il 26 febbraio 1831, in un congresso a Bologna, fu decretata l'emancipazione totale di tutte le provincie insorte dal dominio temporale dei Papi. [caption id="attachment_32508" align="aligncenter" width="692"] Papa Gregorio XVI[/caption] Il nuovo pontefice, Gregorio XVI, poteva chiedere aiuto solo all'Austria; e lo fece. Dissuaso il nuovo re francese Luigi Filippo dall'intervenire, l'imperatore austriaco Francesco I inviò allora un'armata che, attraversando il Po, prese possesso di prima di Modena, poi di Ferrara e

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