Nel rione di Rimini che dava sul porto, Borgo Marina, che era di gran lunga il più popoloso dei quattro, i marinai parlavano da sempre un dialetto chiamato “Purtlòt” (Portolotto), che era un linguaggio veneto, quasi incomprensibile per la gente romagnola di terra.
Era invece capito benissimo in tutti i porti dell'Adriatico e su entrambe le sponde, perché si trattava della "lingua franca" della marineria in quello che venne detto per secoli il "Golfo di Venezia". Nel Portolotto, come nelle altre lingue franche dei marinai, la parlata dominante (in questo caso il veneziano, con il suoi affini come il giuliano, l'istriano, il dalmata) pescava parole in ogni approdo, creando un proprio gergo: qua e là vi affioravano termini greci, arabi, turchi, slavi, albanesi, ma anche spagnoli ed ebraici.
[caption id="attachment_102358" align="aligncenter" width="844"] *Il Golfo di Venezia" in una carta francese del 1730[/caption]
A loro volta, i dialetti locali se ne servirono e se ne servono abbondantemente quando si tratta di cose di mare. Per esempio, tutti i nomi dei pesci e i termini marinareschi del dialetti romagnoli, riminese compreso, vengono direttamente dal Portolotto: per questo in Adriatico, per esempio, non si dice cozze ma "pidocchi" (bdocc, peòci in veneziano) non vongole ma "poveracce" (purazi,