Pare proprio che, nel clima demagogico e populista che ci circonda, l’insulto e la parolaccia sparata dal politico o dall’intellettuale sgarbato di turno in interviste e talk show televisivi, possa giovare alla sua immagine. Forse in omaggio al principio, oggi di moda, che uno vale uno. E che si può anche essere Re, sia pure degli Ignoranti. Mi permetto, a tal proposito, di citare una mia esperienza personale. Ai tempi pionieristici di TeleRimini, in qualità di giovane legale dell’emittente, convinsi il Direttore a varare una trasmissione alla quale chiunque, venendo anche dalla strada, potesse democraticamente intervenire mentre andavamo in onda, assicurandogli che, con la mia presenza, avrebbe evitato i rischi che la ‘diretta’ (cui a quei tempi eravamo inevitabilmente costretti) potesse comportare. E dunque partimmo. Titolo: Hyde Park. Una gigantografia sullo sfondo, creata dal geniale Carlo Angelini, rappresentava il grande Parco Londinese e una cassetta di frutta e verdura era il pulpito sul quale, come nel famoso Speaker’s Corner, chiunque poteva salire per dire la sua su qualsiasi argomento. Bene. Io me ne stavo invisibile dietro le quinte e se l’intervento cominciava a degenerare in volgarità, insulti, attacchi personali e quant’altro, intervenivo (grazie a un potente altoparlante piazzato sul soffitto dello studio) con
Mi scrutò per alcuni secondi da sopra gli occhialoni da miope, mandando per aria due incredibili sopracciglia. Poi disse: "Va bene. Fammi ridere". Il Goliardo non era il periodico degli Universitari Riminesi, come si leggeva sotto la testata. Nato coraggiosamente durante il fascismo e risorto dopo la guerra era il giornale della tipografia Cosmi. Le generazioni di studenti si susseguivano, e Glauco Cosmi restava, punto di riferimento e selezionatore severo di giovani penne cui era affidato il privilegio di proseguire la tradizione della gloriosa testata. Glauco, elzevirista principe di quello stesso ‘fogliaccio’ era dunque un editore nel senso più nobile del termine. E in tale veste lo conobbi prima ancora che divenisse l’anima della Sagra Musicale Malatestiana. E (come si scoprì solo dopo la pubblicazione postuma dei magnifici versi casualmente rinvenuti sotto un cumulo di scartafacci) poeta dialettale intimista e sensibile. Tra le enormi macchine stampatrici si aggirava, silenzioso, il vecchio "Colino", il padre che Glauco, senza darlo a vedere, venerava. Tanto che per lui, per sopravvenute difficoltà nella gestione diretta della Tipografia, aveva abbandonato la carriera giornalistica al Corriere della Sera. [caption id="attachment_403155" align="aligncenter" width="697"] 25 settembre 1983, Rimini Teatro Novelli: Glauco Cosmi con Federico Fellini alla presentazione del film “E la
L’autogol turistico della chiusura degli stabilimenti al 22 settembre (non avendo i bagnini ritenuto remunerativo ottemperare alle recenti prescrizioni circa l’obbligo di mantenere il servizio dei marinai di salvataggio) mi ha lasciato perplesso per un semplice motivo. E cioè che al largo dalla spiaggia (dove esiste una vera necessità di pronto intervento specializzato), non nuota ormai più nessuno. A parte certi vecchietti di cui parlerò più tardi.. Mah! E’ davvero un po’ triste ricordare i tempi in cui i ragazzi e le ragazze che oggi frequentano quasi esclusivamente le piscine, amavano appassionatamente il mare profondo. Quel mare che ti fa lottare contro le correnti, ti culla quando galleggi disteso seguendo il volo di un gabbiano, ti scioglie da ogni tensione mentre nuoti a lente bracciate verso l’orizzonte. E magari ricorda ai più anziani un antico e scomparso punto di riferimento. Eh, già. Il mitico trampolino. Sulla scaletta di quella piattaforma, prima in legno e poi in profilati metallici, si arrampicava, considerata la distanza dalla costa, soltanto chi al mare dava del tu. Per cui, nel corso della stagione estiva, si ritrovavano lì, sempre gli stessi. Il Club del Trampolino. Con i tuffi di testa che gli istruiti chiamano carpiati e quelli di
Dopo aver letto un recente magnifico saggio di Federico Rampini (‘America. Viaggio alla riscoperta di un paese’) mi sono reso conto con somma meraviglia che le elezioni negli USA si giocheranno anche (e in misura rilevante) tra i fautori del politically correct e quelli che non ne possono davvero più di una cultura che, sorta giustamente in difesa delle minoranze black discriminate, si è trasformata, in certi Stati, in una ossessiva intolleranza contro chiunque non condivida il pensiero ‘progressista”. Quello, tanto per fare qualche esempio, sulla fluidità dei generi come materia d’insegnamento alle elementari, sulla supremazia delle minoranze etniche sulla razza bianca, sui diritti degli emigranti clandestini a superare le barriere e via imperversando. Fino a dichiarar guerra perfino alla storia, accusando Cristoforo Colombo di colonialismo e genocidio con conseguente rimozione di una sua statua e l’imbrattamento di altre. Cancel -culture…. Gli antichi Romani la chiamavano ‘damnatio memoriae’. Nulla di nuovo sotto il sole. Ci si è messo perfino Walt Disney o meglio i suoi eredi, censurando nel parco divertimenti in Florida, il bacio con cui il Principe sveglia Biancaneve dal coma provocatole dalla mela avvelenata. Bacio che, non avendo la bella addormentata espresso il suo consenso, deve considerarsi violenza carnale… Sotto processo alla Disney anche
Una storiellina di pura fantasia dedicata alla Presidente della Banca Centrale Europea recentemente invitata a un più coraggioso taglio dei tassi. Nell’alberghetto-pensione di un piccolo paese dell’Appennino Tosco-Romagnolo a gestione familiare, si presenta, in piena estate, un tedescotto di mezza età in sandali, camicia colorata aperta sul collo, calzoncini corti, barba di due giorni, uno zainetto quale unico bagaglio. Poiché il “tugnino” si rende conto di non destare una buona impressione, eccolo estrarre dal portafoglio duecento euro che mette sul banco della Reception facendo nel contempo questo discorsetto al figlio della proprietaria (momentaneamente assente). “Mi chiamo Otto Ottel e zono un tetesco di Ghermania venuto da mio Hotel di Rimini per spazziren un po’ in Appenninen. Desidero kontrollaren si fostro alberghi essere gut. Potere vedere kameren, bitte?” Il ragazzo conduce allora il potenziale cliente a una minuziosa visita delle camere al piano superiore. La proprietaria signora Petronilla, sopraggiunta subito dopo, vede i duecento Euro sul banco e pensando si tratti del pagamento anticipato del tedesco che poco prima ha intravisto salire le scale col figlio: “Proprio quello che mi ci vuole per saldare il debito con Artemio che è da un mese che mi sta addosso”. Esce dall’alberghetto, si reca al negozio di Artemio,
L’attuale carenza di servizi igienici pubblici in una città che durante la stagione estiva quadruplica il numero dei propri abitanti, evoca in me il ricordo dei vespasiani di Piazza Malatesta e dei Giardini Fellini, improvvisamente eliminati quarant’anni fa per ragioni avvolte tuttora nel mistero. Le stesse ragioni che più o meno nello stesso periodo condannarono a morte perfino l’elegante bunkerino scintillante di marmi variopinti in Piazza Ferrari che, a causa delle scalette, i turisti distratti scambiavano regolarmente per l'ingresso a una metropolitana.* Per non parlare del modernissimo cesso elettronico, posto sotto il voltone della scalinata dalla quale si accede a Palazzo Garampi, giustiziato senza processo nel 2012 nonostante gli indubbi vantaggi economici recati al Comune dal momento che l’accesso, consentito da una modesta monetina da venti centesimi, non prevedeva però la restituzione del resto di quelle di maggior importo. Così che in caso di urgente necessità anche i due Euro potevano essere ghigliottinati. Ciò che più mi stupisce è che Palazzo Garampi abbia ritenuto di risolvere il problema disponendo che (art. 52 del Regolamento di Polizia Urbana) “I titolari degli esercizi pubblici attivi nel territorio comunale, tenuto conto della vocazione turistica della città ed in considerazione del notevole afflusso di turisti durante
Ho sempre sostenuto che la patacaggine non sia una qualità connaturata ma vada riferita a una situazione contingente. Ne farebbero fede, a mio sommesso avviso, frasi quali “nun fa e pataca”, “lassa andè d’fe e pataca” che esprimono semplicemente il desiderio di aiutare una persona, cui evidentemente si vuol bene, a liberarsi di un comportamento dovuto a una momentanea mancanza di autocritica o a una eccessiva ingenuità..* Provate infatti a sostituire alla frase “nun fa e pataca” quella di “nun fa l’invurnid” e vi renderete subito conto che “non suona” altrettanto bene. Tanto è vero che, specie nelle nostre campagne si vezzeggia il figlioletto chiamandolo “e mi bel patachìn” e non certo “e mi bel invurnidìn”… Altra distinzione, sempre a mio sommesso avviso, occorre operare per l’accrescitivo “Patacone” che, a differenza di “pataca”, ritengo definisca un vero e proprio tipo psicologico, con conseguenti caratteristiche irreversibili. Interessante la scoperta dell’origine di questo aggettivo. “Pata”, in spagnolo, significa “zampa” e “Patagones” venivano chiamati dai conquistadores, a causa dell’enorme dimensione dei loro piedi, i cacciatori-guerrieri (giganteschi e smargiassi, ma, a causa della loro goffaggine, facilmente sconfitti in battaglia) di quella regione, battezzata conseguentemente Patagonia. Terra, cioè…di pataconi. Non un complimento. I soldati spagnoli, e, successivamente, anche
Fellini (testuale): “Mio padre voleva che facessi l’Ingegnere, mia madre il Vescovo e invece… sono diventato un aggettivo! Immagino che per fellinesco si intenda qualcosa di opulento, stravagante, onirico, bizzarro, anomalo…fregnacciaro. Sì, forse fregnacciaro è il significato che corrisponde di più a questa definizione…” Beh. Se Fellinesco, è certamente più dolce e carezzevole del romanesco fregnacciaro, una cosa è certa. E cioè che essere ‘fellineschi’ rende infinitamente di più che essere… felliniani. Pensate per un momento alla ‘Grande Bellezza “ di Sorrentino con gli immortali personaggi del Maestro trasformati nelle maschere di un teatrino: Suorine sfarfallanti in corsa sbilenca, Vescovi incomunicabili, Sante sbeffeggiate, bambine diaboliche, il figlio mammone, lo scrittore fallito… Insomma, l’apoteosi del fellinesco. E qui bisogna riconoscerlo, Sorrentino è stato bravissimo. E infatti si è beccato l’Oscar! Comunque, dài, qui a Rimini qualcosina di Fellinesco è già stato fatto. Il primo esperimento si è avuto posizionando in Piazzale Fellini una gigantesca statua a colori della Gradisca troneggiante su un altrettanto imponente piedistallo. Poi, purtroppo. qualcuno si è pentito… e adesso non si capisce più dove sia andata a finire. Un po’ come è successo con il colossale monumento del Pantani in bicicletta. Sia detto per inciso: chissà perché ce l’abbiamo tanto