Mago, alchimista, stregone senza volto… Gli appellativi affibbiati a Baldo Baldinini nelle innumerevoli interviste da lui rilasciate a periodici e riviste specializzate sono pennellate di colore suggerite da un personaggio davvero unico nel suo genere. Tanto per cominciare lui il volto ce l’ha (ci mancherebbe altro!) ed è quello aperto e simpatico di un malatestiano doc che, per innata rudezza romagnola chiede ai fotografi di essere ritratto nei suoi laboratori soltanto di spalle. In quanto all’alchimista il paragone mi pare azzeccato se lo si immagina seduto, al lavoro, circondato da fiale e alambicchi, inteso a distillare, spremere, infondere saggiare, mescolare, annusare le essenze che daranno vita a prodotti alcolici dai nomi evocativi quali Paracelsus e Nostradamus anche se poi quando si alza in piedi ti accorgi che in luogo dell’individuo curvo e allampanato della tradizione medievale hai a che fare con un marcantonio dal fisico di nuotatore. Beh, per finire e sempre restando nella metafora, un po’ mago Baldinini lo è. Dove lo trovi, al mondo, uno in grado di aprire a caso una boccetta sulle trentamila di cui è dotato il suo Olfattorio descrivendo puntualmente quale ‘aroma’ contiene ? Lui però preferisce essere definito ‘Naso’. L’appellativo è in uso tra i
A proposito del mio ultimo pezzo dedicato al Fellini ‘estivo’ e agli amori scandinavo-malatestiani, una gentile lettrice (Anna C.) richiamandosi alle interviste rilasciate nell’estate’88 da giovani turiste svedesi ad Aftonbladet, quotidiano di Stoccolma, da me citate in una precedente Malatestiana* mi scrive: “Ma insomma se nel 1988 le svedesi tornavano a casa insoddisfatte per il disinteresse dimostrato dagli italiani di cui invece le loro mamme conservavano un romantico ricordo per la capacità (ignota ai propri connazionali) di ‘corteggiare come si deve una donna’ come si spiega che, nel medesimo periodo, esistesse, a Rimini un italian-lover come Zanza cui si rivolgevano in blocco altrettante ‘straniere?”. Cara Anna. La Tua perplessità è giustificata da una certa carenza di informazione su un fenomeno di costume che non è stato mai adeguatamente considerato nel suo percorso storico. Maurizio Zanfanti detto Zanza rappresentò un personaggio catturato e mandato in orbita dai mass-media rosa proprio perchè unico per non dire anomalo in quegli anni caratterizzati da una liberalizzazione sessuale che, non più prerogativa delle ‘nordiche’ d’antan, induceva ora il maschio romagnolo a rivolgersi alla disponibilità indubbiamente più calda e fantasiosa delle conterranee. Le performance dichiarate dal nostro ’sopravvissuto’ (250 conquiste “scandinave”, per stagione) erano oltretutto quelle di un
Care turiste Il culto che molte di voi nutrono per il nostro grande Federico Fellini di cui ricorre il centenario della nascita non deve indurvi nello stesso grave errore commesso dal Maestro, allorchè, in uno dei suoi capolavori, fece d’ogni erba un fascio identificando il birro romagnolo col Vitellone. Tra questi due esemplari umani, entrambi estinti, esisteva, infatti, una differenza sostanziale. I Vitelloni di Fellini (interpretati nell’omonimo film da Alberto Sordi e Franco Fabrizi) erano innanzitutto, come il loro creatore, privi di ogni rapporto col mare. Fellini, infatti (talmente magro e ossuto da esser soprannominato Gandhi o “Canocchia” dagli amici) vergognandosi di farsi vedere in costume, si presentava in spiaggia, le poche volte che ci veniva, vestito di tutto punto anche sotto il solleone. E, particolare non indifferente, non sapeva neppure nuotare. L’habitat del vitellone erano i bar del centro storico, mentre il birro riminese era un animale anfibio che dai sette ai sedici anni si sviluppava sugli scogli artificiali della Palata tra tuffi, immersioni subacquee, nuotate di ore al largo, accanite partite ad assette sul bagnasciuga e robuste remate sul moscone. Sessualmente il vitellone, fu un rassegnato, dalla carnagione pallida, un po’ flaccido, vittima della sua pigrizia e dei suoi complessi, costantemente in
Per rivendicare il diritto all’abbronzatura totale, le avanguardie femminili non hanno certo aspettato il 68. Processate e condannate per atti contrari alla pubblica decenza o addirittura per il grave reato di atti osceni in luogo pubblico, la Cassazione diede infine ragione alle prime eroiche trasgressive stabilendo, con la storica sentenza del 18 novembre 1978, che il seno scoperto in spiaggia non poteva più costituire illecito. Né penale né amministrativo. Restava però un dubbio. La pronuncia si riferiva alla metà del Cielo stesa, buona e ferma, sul lettino. Come la mettiamo con le passeggiate sul bagnasciuga? Non per nulla in una mia Malatestiana del 1984 dal titolo “Il Nuovo Cortegiano da spiaggia” sostenevo (creando anche un discutibile neologismo) che il dilagare del fenomeno imponeva l'adozione di un nuovo Galateo. Per cui, nella fattispecie esaminata, i Gentiluomini dovevano assolutamente evitare di “impoppirsi,” vale a dire bloccarsi in trance ipnotica, al passaggio, sulla battigia, di attributi particolarmente seducenti. Il dubbio durò poco. Soprattutto sui nostri lidi super tolleranti il topless divenne di uso comune anche per esercitare attività sportiva. Via in piena libertà pilotando un windsurf anche se i movimenti sussultori e ondulatori del mezzo potevano in certi casi pregiudicare l’estetica … Via
Leggendo gli sfavillanti pezzi di Lia Celi su Chiamamicittà.it e soffermandomi sull’ultimo (un magnifico assist all’azione legale del Sindaco contro gli haters del nostro mare!) non posso dimenticare il giorno in cui si presentò, alla mia fantasia di lettore inveterato di fantascienza, come una extraterrestre capitata nella nostra città in seguito a un guasto della propria astronave. Una extraterrestre bellissima (tipo quelle disegnate da Karel Thole sulle copertine di Urania) e già innamorata della nostra Città. Il colloquio si svolse… telepaticamente. -Li-a- Kelj, quale è stata l’impressione su Rimini da Lei ricevuta subito dopo l’atterraggio? -Ho notato il vostro evidente rifiuto della mestizia. Qui l’angoscia esistenziale non esiste. Perfino i vostri manifesti funebri, anziché in bianco e nero, sono a colori e mostrano il defunto allegro e sorridente, magari sullo sfondo di un romantico tramonto! -E le ragioni? -Beh, qui le possibilità di svago e di incontri sono talmente tante e concentrate su un territorio così ristretto, che prima di trovare il tempo di dire “Toh, sono malinconico” avete già trovato qualcosa di stimolante da fare o una persona interessante con cui parlare… Azzardo anche l’ipotesi che su questa particolare aspetto della vostra indole influiscano certi “piatti” tradizionali come le ricche misticanze di erbe crude
Lo confesso. Da iscritto all’Albo dei Pubblicisti da una vita, non ho mai capito bene, a partire dalle prime battaglie per la libertà d’antenna combattute sia con la toga che a mezzo stampa, dove in me finisca l’avvocato e cominci il giornalista. E viceversa, Prendiamo la vicenda di ‘Mani pulite’ quando vigeva, ad opera del famoso Pool milanese, quello che insigni giuristi ebbero a definire ironicamente ‘Rito Ambrosiano’.Vale a dire una interpretazione del tutto inedita e originale circa il verificarsi di quel ‘pericolo di reiterazione del reato’ che, ai sensi di legge consente la carcerazione preventiva dell’indagato. Considerato che il ‘rito’ in questione era stato a poco a poco adottato dai PM (e dai Gip) di mezza Italia ero, all’epoca, un penalista alquanto arrabbiato. E così, presa metaforicamente in mano l’altra tessera, mi parve doveroso commentare a modo mio sul periodico nazionale che ospitava una mia rubrica, quanto sorprendentemente affermato dal Procuratore Capo Saverio Borrelli sul ‘Sole 24 ore' del luglio 1992 in risposta alle garbate proteste di Giovanni Maria Flick (futuro Ministro della Giustizia) circa il ‘Rito’ in questione. “Neppure la confessione - sosteneva dunque il Borrelli - può considerarsi sufficiente a comprovare la cessazione di pericolosità del soggetto e quindi
Come è noto a la risata provocata dalle barzellette nasce dall’improvvisa distensione, dovuta a una battuta finale che elimini la situazione di ‘disagio’ prospettata dal narratore. Abbiamo così le barzellette blasfeme sulla religione. E quelle (che costituiscono la stragrande maggioranza) sui cosiddetti ‘diversi’. Col più che giusto imporsi del politically correct (non proprio condiviso da tutti gli Italiani come dimostra il successo elettorale dell’ormai famoso Generale) il materiale su cui costruire una barzelletta si è praticamente dissolto. Le battute sulla religione (nostra) sono praticamente scomparse, da quando, grazie all’agnosticismo dilagante, la blasfemia non provoca più quel pizzico di tensione indispensabile a strappare la risata liberatoria
Questo villeggiante francese non ha perso l’occasione di far coincidere la sua vacanza sulla nostra spiaggia con la ‘premiére ètape du Tour’. Ed io approfitto della lunga attesa dell’arrivo qui sul lungomare dalle parti del bagno 72, per una bella chiacchierata con lui. Marc (alla fine ci siamo presentati scoprendo che abbiamo più o meno la stessa età) è stato sempre, come me, uno sfegatato tifoso (e praticante) di ciclismo. Mi dice che sin da bambino stravedeva per il nostro Coppi per le sue vittorie al Tour nel ’49 e nel ’52, anziché per Bobet che pure lo avrebbe vinto nel 1953. – ‘Oui, j’étais fascinè par sa fragilité