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Dicono che sia una dritta che si passano gli attori quando il copione prevede che scoppino in lacrime: bisogna sforzarsi di pensare alla sinistra italiana. Il pianto sgorga spontaneo, senza bisogno di cipolle o di canfora o di finte accuse di furto di mozziconi di sigaretta, il noto trucchetto che usò Vittorio De Sica per estorcere singhiozzi veri al piccolo Enzo Scaiola in Ladri di biciclette. A tre mesi dal 25 settembre, quella batosta elettorale sembra l’incidente più lieve e accettabile – è la democrazia, bellezza, e comunque non è il risultato peggiore conseguito dai progressisti negli ultimi vent’anni. Ma l'affaire Soumahoro? Che, precisiamo, non è indagato per i reati di cui è accusata la madre della sua compagna; ma è comunque passato da potenziale leader di una sinistra-sinistra che torna alle origini e si rimette a difendere gli oppressi a babbeo frignone che difende il diritto alla moda della sua fidanzata fashionista. Non avevamo ancora finito di elaborare l’eclisse del pasionario dei braccianti, che a Bruxelles scoppia lo scandalo Qatargate, coinvolti per ora sette italiani, fra cui un esponente di Articolo 1 e un eurodeputato Pd. Avrebbero incassato mazzette dagli emiri del Golfo e dai lobbisti del Marocco per addolcire

Il «miracolo di Natale», l’evento inatteso e commovente propiziato dall’atmosfera festiva, è un topos immancabile di questo periodo. In genere si tratta di un atto di generosità, una rappacificazione insperate, una guarigione provvidenziale o una gratifica su cui non si contava più. La cronaca ci insegna che i poteri taumaturgici del Natale si declinano anche in forme meno zuccherose, diciamo pure sgradevoli, ma altrettanto sorprendenti. In questa categoria di anti-miracoli natalizi rientra sicuramente la performance messa a segno dall’ospite quarantenne di un albergo quattro stelle di Marina Centro. Richiesto di lasciare la sua camera, prenotata da altri clienti per il giorno successivo, in un primo tempo ha espresso il suo disappunto con modi calmi e misurati, poi è sceso nella hall e ha distrutto tutto quel che incontrava, dai calici di cristallo del bar all’albero di Natale, a suon di pugni e calci. Dove sta il miracolo di Natale? Nei calci. Perché l’uomo, riferisce il cronista, aveva una gamba sola, essendogli stata l’altra amputata in seguito a un incidente. E la riprovazione per il vandalo, l’inevitabile pietà per la sua menomazione e la solidarietà con i proprietari dell’hotel danneggiato, con il personale e con gli altri ospiti, comprensibilmente scioccati da quell’esplosione di

«Chi li capisce questi giovani?» La tentazione di abbandonarsi a considerazioni da vecchi rimbambiti è irresistibile quando si leggono storie come quella del 21enne riminese arrestato perché usciva dagli arresti domiciliari, che scontava per una rapina, per andare a lavorare in nero come cameriere. E qui noi vegliardi non ci raccapezziamo più: quando ai ragazzi diciamo di alzarsi dal divano e uscire a cercarsi un lavoro (meglio se umile perché fortifica il carattere, come sostiene il ministro dell’Istruzione Valditara), ci mandano a quel paese. Quando è la legge a obbligarli a stare sul divano senza far nulla e a non uscire di casa, allora scappano per andare a servire ai tavoli di un ristorante. Che sia questa la strategia, più efficace dell’abolizione del reddito di cittadinanza, per schiodare i giovani fannulloni dal sofà casalingo e incitarli a tuffarsi nel mercato del lavoro (anche nero, via, il motto del governo Meloni è “non rompete le scatole a chi vuole fare”)? Subito dopo la maturità 2023, si potrebbe decretare la condanna agli arresti domiciliari per tutti i diplomati. Avremmo un’evasione di massa di diciannovenni verso ristoranti, bar e pizzerie e risolveremmo così il problema della carenza di personale negli alberghi per la prossima

Com’era prevedibile, quest’anno il rosso dei conti correnti e il verde delle tasche vuote hanno prevalso sul nero del Black Friday, trasformandolo in un deprimente marron, molto più intonato alla situazione in cui molti di noi si sentono immersi fino al collo, economicamente e non solo. Le file epiche davanti ai negozi e i bancomat che chiedono pietà sono solo un ricordo di tempi più prosperi, e molti negozianti hanno chiuso la giornata col muso lungo. A quanto pare, la parola «Black Friday» non è più la magica formula che scatena in noi consumatori la compulsione pavloviano di comprare a più non posso, nell’illusione di risparmiare. Se lo sconto è inferiore al quaranta per cento non è vero amore, quindi meglio aspettare saldi e superpromozioni, spesso più vantaggiose dei ribassi del «venerdì nero» e attive suppergiù quasi tutti i venerdì dell’anno. Nessuno di noi è più abituato a comprare il prodotto a prezzo intero. Lo trattiamo come un frutto acerbo che va lasciato maturare sullo scaffale, finché il cartellino, corretto e rietichettato, ci dice che è il momento giusto per la raccolta. Un po’ come certe uve che i francesi lasciano ammuffire sui tralci (pourriture noble, la chiamano, cioè putrefazione nobile) prima

Immaginate una stanza a soqquadro, sporca, disordinata, con le tendine di ragnatele che pendono dal soffitto, muffa nera negli angoli, assi del parquet sollevate e colonie di scarafaggi sotto il tappeto. Assumete a caro prezzo per risanarla uno che nei suoi spot pubblicitari si vanta di trasformare in quattro e quattr’otto una topaia in una reggia e sostiene di essere l’unico serio in un settore pieno di sciattoni scansafatiche. Finalmente riuscite a portare questo superuomo nella stanza da mettere a posto, domandandovi, speranzosi, quale problema risolverà per primo. Ci darà dentro con il bidone aspiratutto? Sparerà l’antimuffa più potente del mondo? Spianerà il parquet con un rullo compressore? No, appena entrato nella stanza si rimbocca le maniche, fa qualche flessione sulle ginocchia per riscaldarsi, poi si avvicina a una parete e raddrizza un quadretto. Anzi, neanche lo raddrizza: lo mette storto, ma dall’altra parte, perché secondo lui sta meglio così. Dopodiché vi guarda compiaciuto come per dire «visto che mantengo le promesse?», poi si asciuga il sudore e va a casa a fare un TikTok in cui afferma di avere sfacchinato tutto il giorno. Ecco, con Matteo Salvini più o meno è la stessa cosa. Un esempio: appena fu nominato ministro

"Il giornalista a riposo che ha rapinato due banche e non sbaglia un congiuntivo, con certi portaborse in circolazione fossi nel ministro Sangiuliano non me lo farei scappare"

"Il giornalista a riposo che ha rapinato due banche e non sbaglia un congiuntivo, con certi portaborse in circolazione fossi nel ministro Sangiuliano non me lo farei scappare"

Piano piano, dolce Carlotta non è solo un vecchio film del 1964 con la grande Bette Davis. È anche quello che molti di noi vorrebbero dire a Carlotta Rossignoli, una signorina veronese di cui molto si è parlato e twittato in questi giorni. Non solo perché a soli 23 anni si è laureata in medicina all’università del San Raffaele di Milano continuando a fare la modella, la influencer e la collaboratrice di una tv locale, ma anche perché, fra i suoi segreti, c’è il poter fare a meno del sonno. «Non ho bisogno di dormire molto, mi sembra una perdita di tempo,» ha detto a Verona Sera, «mi bastano quattro ore per notte.» Cinque minuti dopo la diffusione dell’intervista sul Corriere, i social esplodevano. Sotto accusa, prima di tutto, i media: come si fa ad additare a modello una che si priva volontariamente del sonno, così importante per la salute psicofisica a tutte le età? Da notare che gli stessi media propongono, un giorno sì e l’altro pure, allarmanti articoli sul dilagare dei disturbi del sonno, sui legami fra insonnia e malattie degenerative e cardiovascolari, ritardo nella crescita, sovrappeso, senescenza precoce e, last but not least, invecchiamento della pelle. In un

Io questa destra proprio non la capisco. Non l’ho mai capita, ma dopo l' insediamento del nuovo governo la capisco ancora meno. Propugna il ritorno del merito, e mette un incompetente confesso, Gilberto Pichetto Fratin, sulla delicatissima poltrona dell’Ambiente e della Sostenibilità energetica. Il suo unico merito è essere più arrendevole di Paolo Zangrillo, cui inizialmente era stato assegnato il ministero più rognoso del momento. Appena l’ha saputo, ha scongiurato Meloni di scambiarlo con quello della Pubblica amministrazione, per il quale era già stato designato Pichetto Fratin. Così, sette minuti dopo la diffusione della lista dei ministri, è avvenuto il mini-rimpasto, il più veloce della storia dei governi. Il nuovo ministro dell’Ambiente e dell’Energia ne sa così poco dell’uno e dell’altra che gli è stato assegnato un ministro di sostegno, il suo predecessore Stefano Cingolani. E non parliamo della titolare del Turismo, Daniela Santanché, che qui a Rimini dovremo tenere d’occhio perché avrà in mano i destini dell’industria che dà da mangiare a mezza città: ci ha informato via social che non parteciperà al primo vertice nazionale sul turismo perché deve studiare i dossier riguardanti il turismo. Il che significa che non è proprio un'esperta della materia, pur essendo lei stessa

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