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Nell’ultima settimana prima del voto, dai cappelli dei candidati spuntano immancabilmente i conigli più imprevedibili da sventolare contro gli avversari e le loro liste: vecchie pendenze con la giustizia, pettegolezzi vintage, voci dal sen fuggite in anni lontani, quando una carriera politica non era ancora all’orizzonte. E le amministrative che si celebreranno a Rimini domenica prossima non fanno eccezione. Ma il coniglio che è uscito dal cilindro dell’Arcigay di Rimini contro una candidata della lista Ceccarelli (centrodestra), anziché agire come distruttivo roditore di popolarità, rischia di ottenere l’effetto contrario, almeno nel bacino d’utenza conservatore. La persona in questione, come ha ricordato Marco Tonti dell’Arcigay, è stata rinviata a giudizio per omofobia e stalking ai danni di un giovane vicino di casa. Non si limitava a storcere il naso o ad alzare gli occhi al cielo quando vedeva passare il ragazzo, ma gli urlava regolarmente insulti a gola spiegata, per essere sicura che nessun abitante del quartiere restasse all’oscuro della sua opinione su chi ha un orientamento sessuale non conforme. Personalmente trovo orribile un comportamento del genere, e se sapessi che il mio candidato sindaco ha nella sua lista una urlatrice omofoba rinviata a giudizio per stalking, pretenderei che se ne sbarazzasse in

Care signore, guardatevi allo specchio e rispondete con sincerità: siete esasperanti? In una scala da uno a dieci, quanto lo siete? È un dato importante quanto le analisi del sangue. Perché come il tasso di colesterolo cattivo e la glicemia, la vostra facoltà di esasperare può essere un indicatore della vostra speranza di vita. Non ce l’ha rivelato un medico, ma una giornalista autorevole e preparata come Barbara Palombelli, che qualche giorno fa, dall’aula televisiva di Forum, si è domandata se dietro la recente grandinata di femminicidi può esserci non solo l’«obnubilamento» dei partner «fuori di testa», ma l’atteggiamento «esasperante ed aggressivo dall’altra parte». Traduzione: se un uomo ammazza la compagna si può pensare che sia un poveraccio debole di mente, se una donna viene ammazzata dal compagno si può immaginare che fosse una gran rompiscatole. E che quindi se la sia cercata. Visto che rompere le scatole al partner significa in buona sostanza non fare ciò che vuole lui e/o criticarlo, si deduce che la ricetta vincente per non rischiare di finire accoppate sia accontentarlo in tutto e dirgli sempre bravo. Ma non bisogna esagerare: anche l’eccesso di consenso può diventare esasperante e addirittura essere scambiato per presa per il culo, scatenando

Ecco un primato di cui Rimini avrebbe voluto fare a meno: quello del numero di medici no-vax. Quarantuno in tutta la provincia, il 2 per cento del totale, il doppio della media nazionale, precisa il presidente dell’Ordine dei medici riminesi, Maurizio Grossi, che ha il crampo alla mano a forza di firmare decreti di sospensione. Medici sospesi significa pazienti abbandonati e, nel caso dei pediatri disobbedienti, bambini non seguiti e ricollocati presso colleghi già oberati di lavoro (gli specialisti in medicina infantile scarseggiano ormai da anni, un calo molto più rapido di quello della natalità). E, che lo voglia o no, ogni medico riluttante a vaccinarsi per questo o quel motivo, porta acqua al mulino dei matti convinti che il Covid non esista, che Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Janssen siano come le Gemme dell’Infinito con cui Thanos, il supercattivo degli Avengers, vuole sterminare metà del genere umano, o che i non vaccinati debbano fare sesso solo fra di loro per preservare intatto il loro Dna. I medici vaccino-obiettori, 1500 in tutta Italia, sono altrettante frecce all’arco dei paranoici cospirazionisti che non si limitano ad avvalersi della facoltà di non vaccinarsi o a criticare il green pass, ma si appiccicano la stella gialla

Lia Celi non ha firmato al banchetto, ma ecco pechè lo farà al più presto

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Lia Celi: "Questa è l’estate dei miracoli, e a forza di «non succede, ma se succede…»"

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È una chiesa? È un museo? Un grande albergo? No, caro turista che interroghi il passante indigeno indicandogli la solenne mole dell’edificio che occupa il lato di piazza Cavour rivolto a occidente. È un teatro, come si può desumere (aguzzando la vista) dalla scritta in latino sulla facciata… Ehm, veramente no. Quella scritta, «aere civium ingenium ecc. ecc.» significa «con denaro pubblico e con l’ingegno di Luigi Poletti 1857». Spiega chi ha pagato l’edificio, chi l’ha progettato e quando è stato ultimato, non a che cosa serve. Ci sono teatri che si dichiarano subito, così, senza giri di parole: il Duse di Bologna, l’Opera di Roma, il Carlo Felice di Genova, per citarne alcuni, lo portano scritto a chiare lettere sopra l’ingresso. Altri, come il Regio di Parma o la Scala di Milano, mostrano un’aristocratica reticenza, degna di leggendari templi della lirica che non hanno bisogno di presentazioni. Ma in caso di necessità, a rivelare ai meno ferrati la loro destinazione sono le locandine che ne decorano il porticato, annunciando il cartellone della stagione in corso e i grandi eventi passati e futuri che si sono consumati sui loro augusti palcoscenici. È bello fermarsi davanti alle locandine, sbirciare i nomi degli artisti,

Un consiglio ai bagnanti che affollano la Riviera: abbondate con le docce in spiaggia. Non eviterete solo i colpi di calore scatenati dall’infernale anticiclone Lucifero, ma anche imbarazzanti equivoci che potrebbero rovinarvi la vacanza. Perché più sabbia avete addosso, più rischiate di essere scambiati per borseggiatori da ombrellone. Pare che la tecnica più gettonata dai ladruncoli dell’estate 2021 sia per l’appunto quella di impanarsi abbondantemente di sabbia e strisciare così mimetizzati fra i lettini per agguantare borse, cellulari e portafogli incautamente appoggiati dai turisti sul ripiano dell’ombrellone o sul bordo della sdraio. I carabinieri riminesi l’hanno chiamata “tecnica della salamandra”, denominazione che colpisce sicuramente la fantasia, ma non è centratissima dal punto di vista zoologico, e viene da pensare che i militi non abbiano visto abbastanza documentari del National Geographic. È vero che le salamandre strisciano ventre a terra, al pari delle lucertole, dei gechi e degli alligatori, ma le similitudini con i nostri borseggiatori finiscono qui. La salamandra infatti vive in ambienti freschi e umidi, prevalentemente boschivi, è un animale notturno e circola di giorno solo se ha piovuto molto, e quindi non ha niente a che fare con le sabbie dei deserti o delle spiagge. Dove peraltro verrebbe subito notata,

«Cubista, cubista, come balli tu io non ho ballato mai»: la citazione da «Fossi figo» di Elio e le Storie Tese - struggente, a suo modo - sorge spontanea alla notizia della morte di Renato Ricci, il tycoon del divertimento in Riviera negli anni d’oro. Ma sarebbe il caso di chiamarlo il Picasso delle discoteche, perché se il grande Pablo negli anni Dieci del ‘900 inventò il cubismo, Ricci negli anni Ottanta ha inventato le cubiste. Non perturbanti demoiselles d’Avignon con gli occhi storti e il naso ribaltato, ma conturbanti danzatrici dai corpi perfetti e molto scoperti, che ballano solitarie su grandi cubi per «scaldare» l’atmosfera sulla pista. Figuriamoci se anche quest’idea - semplice, efficace e «virale» quando ancora l’aggettivo era limitato alle brutte malattie - non veniva in mente a un romagnolo. A dire il vero non è una vera e propria «invenzione» - i go-go dancers ambosessi impazzavano negli Usa fin dagli anni Sessanta - ma una versione più essenziale e, in un certo senso, asettica dell’originale americano: la cubista danza in cima a un cubo che la rende distante e intoccabile, come una specie di idolo o di feticcio, l’incarnazione dello spirito della discoteca, un luogo in cui si

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