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Sulla virulenza delle suocere c’è una letteratura immensa e plurimillenaria: il primo testo conosciuto a vederla protagonista è una commedia di Apollodoro di Caristo, autore greco del III secolo, poi ripresa dal latino Terenzio. Sui suoceri invece si è sempre scritto poco, anche se probabilmente di rompiscatole nel corso dei secoli ce n’è stati e ce ne sono in abbondanza. Peggio ancora quando diventano ex suoceri, riunendo le degenerazioni tipici dell’ex malmostoso (lo spirito persecutorio e la tendenza allo stalking) all’ostilità preconcetta caratteristica dei peggiori suoceri. Un tipico esempio è il signore di cui parlano le cronache di ieri, che per “punire” la non più moglie del figlio non ha trovato di meglio che denunciarla alla giustizia per violazione delle norme anti-Covid sugli assembramenti in occasione di una festa in casa sua. Infrazioni che si verificano nelle migliori famiglie, compresa quella dell’onorevole di Italia Viva Luigi Marattin, tirato in ballo nei giorni scorsi a causa di un rumoroso e affollato party organizzato dalla sua compagna. In quel caso a chiamare le forze dell’ordine sono stati i vicini di casa, insospettiti e soprattutto infastiditi dal chiasso. L’ex suocero delatore invece lo ha fatto proprio per malanimo. Evidentemente non ha accettato la rottura, forse perché

Non so voi, ma io in questo weekend speravo di tornare al cinema. O meglio: un mese fa pensavo che il weekend del 27 marzo sarebbe stato quello in cui sarei tornata al cinema. L’aveva detto il presidente del Consiglio, quello di prima, e io ci avevo creduto, anche se pure allora mi sembrava una promessa un tantino ottimistica, visto che i contagi e i decessi continuavano a crescere e la campagna vaccinale era già in alto mare. Però vuoi non fidarti di un premier più noto per la facilità a chiudere che per quella di riaprire? “In verità, in verità vi dico, il 27 marzo sarete tutti seduti davanti a un grande schermo con il popcorn in mano a guardarvi Justice League Snyder’s Cut.” Ma la speranza è durata solo qualche giorno, e ieri, incrociando in piazza Cavour la manifestazione “Noi non siamo invisibili”, promossa dai lavoratori della cultura e dello spettacolo, mi resa conto che la data fatidica era diventata una beffa crudele. Tanto più che si sta facendo concretamente strada l’ipotesi di restare zona rossa almeno fino alla fine di aprile. E quindi non si potrà non solo tornare al cinema e a teatro, ma nemmeno in palestra, in

«Cos’avranno pensato le capre di Bikini?» si domandava Italo Calvino in un celebre articolo apparso sull’Unità nel 1946. Bikini, all’epoca, non evocava un costume da bagno, ma l’atollo dove gli americani dal 1946 al '58 sperimentarono le loro bombe atomiche fino a quella all'idrogeno, uccidendo centinaia di capre selvatiche dopo le decine di migliaia di giapponesi dell'esordio. E cos’avranno pensato i gatti nelle case bombardate, e i cani in zona di guerra, e i pesci allo scoppio dei siluri? All’infinita lista di animali, innocenti testimoni e vittime totalmente estranee e inconsapevoli della cieca crudeltà delle guerre umane, potremmo aggiungere le migliaia di bovini arsi vivi nelle stalle durante la ritirata di Caporetto e i leoni e gli elefanti straziati dalle bombe e ululanti di dolore negli zoo della Berlino del 1945. Forse le cinquanta galline sterminate tre giorni fa a Vivaro, nei dintorni di Pordenone, dal cannone che ha sbagliato mira, centrando il loro allevamento, non hanno avuto nemmeno il tempo di pensare. Non per la presunta limitatezza del loro cervello, smentita dalla scienza (polli e galline sono capaci di pensiero aritmetico, oltre che di memoria e capacità di comunicazione), ma perché il proiettile di un blindato le ha sorprese nel

La piada ha meno sapore, il Sangiovese è meno rosso, lo squacquerone è acido, il nostro mare è in lutto. Piangi Romagna, Raoul se n’è andato, il maledetto Covid ci ha portato via anche lui, la nostra bandiera, rappresentativo come il Passatore, il gallo e la caveja dei anèl. E sempre per colpa del virus non potremo nemmeno salutarlo come meriterebbe, né onorarlo con funerali degni del re del liscio - e questa è forse la cosa che ora fa più male. E non solo a noi romagnoli. Grazie a lui la nostra musica è diventata patrimonio comune. Per chi oggi ha più di cinquant’anni, i figli del boom e anni limitrofi, Casadei era la colonna sonora dell’estate, quello che per i giovani d’oggi sono reggaeton, lambada e salsa. Ciao mare, Simpatia e La mazurka di periferia erano indissolubilmente legate alle vacanze sulla nostra riviera, il lusso annuale alla portata di tutti, e non c’è bambino degli anni Settanta che non abbia piroettato al ritmo di tre quarti sulla pista di una festa di piazza o di una sagra. Avevo un’amichetta che vestiva la sua Barbie come “la Rita di Casadei”, predecessora di Luana Babini e voce dei super classici di Raoul, e

Domani mio padre, 82 anni, potrà finalmente prenotarsi per ricevere il vaccino e, se tutto va bene, entro una decina di giorni potremo tutti vivere un po’ più tranquilli. Il “se tutto va bene” si riferisce a eventuali ritardi o disguidi della macchina buro-sanitaria, non a ipotetiche reazioni avverse legate alla vaccinazione. Sempre possibili, beninteso; ma mio babbo, come molti anziani, prende abitualmente farmaci che, se leggessi attentamente la voce “effetti indesiderati”, preferirei che non toccasse nemmeno con la canna da pesca. Considerato che il Covid19 si porta via ogni giorno qualche centinaio di vecchietti anche nel 2021 inoltrato, il rischio vale la candela. Una volta superata la diffidenza per il vaccino, le domande e i dubbi amletici sarebbero altri: quale tipo sarebbe più adatto al paziente? Per ora la possibilità di scelta non c’è, bisogna prendere quello che passa il convento, Pfizer o AstraZeneca, ma bisogna dire che queste due aziende cominciano a starci decisamente sulle scatole, con tutte le loro promesse mancate. Come civette d’altri tempi, continuano a tenerci sulla corda con continui tira e molla, prima disponibili e generose, poi sfuggenti e riluttanti, poi possibiliste, poi incerte, e noi qui a pendere dalle loro provette e a domandarci

Che gli amici si riconoscano nel momento del bisogno è una verità talmente risaputa che la prima attestazione scritta è stata rinvenuta sulle tavolette d’argilla dei Sumeri. Ma c’è un’altra verità meno trita: gli amici si riconoscono anche nel momento del sogno. Cos’è che accende e intreccia le amicizie se non saper scambiare e condividere i sogni, le aspirazioni, le fantasie? E’ questa corrispondenza a rendere possibili le esperienze che trasformano ogni vera amicizia, specie se nata negli anni giovanili, in un’epopea indimenticabile: i viaggi, le vacanze, le trasferte sportive, i concerti. Anzi: l’amicizia fra sognatori dura più di quella fra bisognosi, perché i bisogni si esauriscono sulla terra, mentre i sogni possono prolungarsi oltre la vita, nell’immensità spaziotemporale del cosmo. Come il sogno che un gruppo di riminesi ha regalato all’amico Massimiliano scomparso trentasettenne dodici anni fa: una lunga vacanza virtuale su Marte, dove si è appena posata la sonda Perseverance, un nome che si inserisce perfettamente in una storia fatta di sentimenti indelebili e di memoria tenace. Perché - come ha raccontato News Rimini - dal 2009 la compagnia di Massimiliano non ha mai smesso di ricordare l’amico perduto e di stare vicino alla sua famiglia, sollecitudine non così scontata

Non ho mai ringraziato tanto il cielo di non essere giovane come da quando è scoppiata la pandemia. E me ne rendo conto soprattutto oggi che è san Valentino, una festa ora azzoppata, sterilizzata, distanziata, in cui tutti gli innamorati devono forzatamente rispolverare Dante, non perché è l’anno dantesco, ma perché gli tocca vagheggiarsi da lontano, accontentarsi di un saluto, struggersi per contatti impossibili, come doveva fare il sommo poeta con la sua Beatrice. Siamo tutti stilnovisti, nell’anno del coronavirus. Okay, stilnovisti con PornHub, risorsa cui Dante, Cavalcanti e Guinizzelli non potevano certo ricorrere, ma comunque inchiodati ad amori impossibili, non perché non corrisposti o proibiti dalle leggi o dalla morale, ma perché impastoiati da dpcm che hanno sostituito la mappa delle zone erogene con quella delle zone gialle e arancioni. Tutti stilnovisti e tutti adolescenti, con l’orario del coprifuoco alle 22 (che in tempi normali è improponibile già agli over-14, specie qui a Rimini) e soprattutto tutti endogami, cioè costretti a circoscrivere il territorio dove intrecciare una nuova relazione al comune, alla provincia o alla regione, a seconda del colore della propria zona. E mi domando come avrei fatto se un’emergenza pandemica si fosse presentata quando avevo vent’anni e stavo vivendo una

E se diciamo che ci siamo assembrati in piazza per festeggiare l’incarico a Mario Draghi, la polizia chiuderà un occhio? Forse un po’ di movida è perdonabile, nel primo weekend in zona gialla, giunto al termine di una settimana in cui siamo passati dal marasma politico totale alle speranze più rosee. La notizia di ieri è che perfino Salvini, il sovranista populista che flirtava con i no-euro, i no-vax, i fautori dell’Italexit e i fan di Medjugorje, disposto a dialogare con Supermario, in una versione aggiornata, riveduta e molto scorretta della leggenda medievale di san Francesco e del lupo di Gubbio. Ma forse l’avvento dell’ex presidente della Bce nel teatrino sguaiato e fatiscente della politica italiana ricorda più il copione di The Greatest Showman, con Phineas Barnum che raccoglie freaks, casi umani e fenomeni da baraccone assortiti, e con polso da imprenditore, oltre che da impresario, trasforma la patetica accozzaglia di infelici creature in una compagnia di professionisti capaci di riempire i teatri. Non è solo una metafora: siamo ancora in piena pandemia, i teatri veri e i cinema sono ancora chiusi, perfino il festival di Sanremo si svolgerà senza pubblico e sarà meno glamour dell’ultimo esame di maturità. E così è diventata

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