Written by

Top Stories

Quest’anno la ricorrenza più dolce e attesa dell’anno non è uno sport per signorine. Non è il solito fiume zuccheroso e defatigante che ci ghermisce a fine novembre e ci trascina con sé, sempre più impetuoso, rumoroso e irresistibile, fino a quando, il 24 dicembre, non ci sbatte su una sedia davanti alla tavola imbandita per il cenone con i parenti. Il Natale 2020 è una grande lezione. Avete presente quel monito in cui nessuno di noi ha mai creduto davvero, «attento ai tuoi desideri perché potrebbero avverarsi»? Eccolo qui, realizzato sotto i nostri occhi. Quante volte ci siamo lamentati delle feste? Delle corse nei negozi affollati per acquistare i regali in cui se ne va tutta la tredicesima, per chi di noi ha la fortuna di riceverla. Di dover assistere agli interminabili saggi e alle stucchevoli recite natalizie dei figli. Delle corvée in cucina per preparare pasti per un mare di parenti, metà dei quali non possiamo sopportare, ma dobbiamo ospitare sotto il nostro tetto. Delle trasferte nelle seconde case fredde e sporche, in paesi di montagna dove tutto è carissimo, dal pane allo skipass, ma non cade un solo fiocco di neve fino al giorno dopo che siamo partiti,

Ancora non è arrivato in Italia e già se ne vedono gli effetti collaterali: nervosismo, accentuata litigiosità, discorsi a vanvera. Se il vaccino anti-Covid stimola la risposta anticorpale dal virus con la stessa efficacia con cui eccita la dabbenaggine umana, quando finalmente potremo vaccinarci saremo tutti al sicuro dal virus, se saremo sopravvissuti alle conseguenze della stupidità. E’ da marzo che aspettiamo con ansia l’arma vincente che protegga i nostri anziani, permetta ai nostri ragazzi di tornare a una vita (quasi) normale di studio e di socialità e riattivi, insieme agli spostamenti e alle gioie del tempo libero, anche i commerci e l’economia in generale. Ma adesso che il vaccino, anzi, i vaccini, ci sono, molti - un italiano su sei, pare - fanno gli schizzinosi e tirano fuori mille perplessità, in una gamma che va dalla ragionevole prudenza al complottismo più scocomerato: sì, ma le conseguenze a lungo termine? Non è che queste case farmaceutiche dai nomi da romanzo distopico vogliono guadagnarci qualcosa? E se poi insieme al vaccino ci iniettano un microchip per asservirci al malvagio complotto di Soros in combutta con gli alieni? Nel primo infuriare del coronavirus molti pensavano che uno dei suoi pochi effetti positivi, forse l’unico, sarebbe stato

Jeff Bezos, il padrone di Amazon, rosica. Asos e Zalando, i negozi di abbigliamento online più gettonati, masticano amaro. Anche in tempi di Covid, a Rimini il low-cost non passa sul digitale, ma resta in presenza, anzi, in piazza: il mercato ambulante bisettimanale, almeno per ora, resta al suo posto. A quanto pare le nostre amate bancarelle rispettano i requisiti previsti dall’apposita ordinanza regionale, perché sono distanziate, disposte in un’area perimetrata con entrate e uscite differenziate, e c’è una vigilanza pronta a disperdere gli assembramenti. E così, mentre nei paesi del Nord vengono annullati uno dopo l’altro i tradizionali mercatini natalizi, immancabile e seguitissimo appuntamento invernale, noi ci teniamo l’unico mercato all’aperto non pericoloso per la salute e altamente benefico sia per l’umore che per le tasche. Buona parte della popolazione maschile di Rimini non sarà d’accordo: il mercato è il regno delle donne, il vero Paradiso delle signore, e sono pochi gli uomini che lo apprezzano. Del resto espone solo merci che interessano a noi, abbigliamento, calzatura, casalinghi, piante e fiori; di maschi ce ne sono, di ogni età e nazionalità, ma stanno per lo più dietro al bancone, e hanno verso le clienti un atteggiamento che, in tanti anni di

L’illusione di poterne “uscire migliori” l’abbiamo già archiviata da un pezzo, e non ci vogliamo ancora rassegnare all’idea di uscirne peggiori. Ma i produttori del settore abbigliamento una certezza ce l’hanno: ne usciremo tutti più sciatti. Già, perché se i cambiamenti morali sono difficilmente quantificabili e soprattutto relativi, quelli nel look e nella cura di sé sono sotto gli occhi di tutti. O meglio: proprio perché con il lockdown e il confinamento il nostro look non è più sotto gli occhi di tutti, abbiamo cominciato a disinvestire tempo, denaro e attenzione rispetto al guardaroba. A che serve rinnovarlo o aggiornarlo con qualche outfit alla moda quando, un decreto dopo l’altro, le occasioni sociali si sono ridotte a zero? Anche chi la sera non si tuffava nella movida ci teneva a far bella figura in ufficio o a scuola. Nella prima ondata di smartworking e di teleconferenze c’era una certa attenzione almeno alla parte superiore del corpo, quella che veniva inquadrata nello schermo. Dalla vita in giù tutto era permesso - pantaloni della tuta, bragoni del pigiama, gli antiscivolo con gli orsetti, plaid - ma quel che spuntava dalla scrivania non doveva essere troppo casual, i capelli almeno pettinati e il viso con

La pandemia ha messo il silenziatore alle celebrazioni del centenario felliniano. Ma se non siamo riusciti a omaggiare a sufficienza il riminese che da solo vale mezza storia del cinema mondiale, possiamo trovare una piccola grande consolazione guardando a ciò che Rimini sta dando oggi al cinema italiano contemporaneo, a cominciare da due giovani attori. Una, giovane ma già affermata, Chiara Martegiani, acclamata protagonista di Ride di Valerio Mastandrea, e un debuttante che più giovane non si può, il piccolo Tommaso Rossi, chiamato dal regista Francesco Bruni a interpretare Kim Rossi Stuart da bambino nel film Cosa sarà. Un inizio di carriera col botto, per quando attutito, pure quello, dal problema-Covid di cui sopra. [caption id="attachment_233272" align="alignleft" width="743"] Chiara Martegani[/caption] A vigilare sul benessere di Tommaso, baby-recluta di Cinecittà, ci sono già i suoi genitori, ma noi concittadini, insieme al legittimo orgoglio per il successo del nostro burdèl, proviamo una certa preoccupazione. A mettercela sono le parole di Francesco Bruni, che in un’intervista ha lodato il talento e la disinvoltura di Tommaso, perfettamente a suo agio sul set fin dai primi giorni di riprese - un attore nato, insomma, salvo un difettuccio: l’accento romagnolo. «Doveva interpretare un bambino romano - spiega il regista -

A volte i grandi problemi si raggrumano intorno a piccoli, insignificanti dettagli della vita quotidiana, trasformandoli in dilemmi insolubili. Rassicuro il lettore: non mi sto trasformando in una versione riminese del cantore delle “trascurabili infelicità” Francesco Piccolo, sono solo una frequentatrice abituale di gelaterie perplessa che l’emergenza Covid-19 pone di fronte all’enigma del cono. Il cui volume, come diceva il libro di geometria delle elementari, sarebbe area di base per altezza diviso tre; ma per quanto riguarda i coni gelato nell’era del coronavirus la vecchia formula si è maledettamente complicata. Perché, causa le norme del distanziamento, l’area di base del cono è come minimo quattro metri quadrati per pi-greco, ossia il cerchio di raggio due metri che l’utente del gelato dovrebbe mantenere libero intorno a sé, se vuole abbassarsi la mascherina e leccare in sicurezza, cosa non sempre fattibile in gelateria o nelle sue immediate vicinanze. Oltretutto dopo le 18 consumare in strada alcunché, gelato compreso, è vietato, quindi l’unica possibilità rimane l’asporto, in vaschette o coppette ben incartate – e questo mette una pietra tombale sulla possibilità di mangiarsi un gelato da passeggio all’ora dell’aperitivo, a meno di non correre verso casa come tedofori olimpici con in mano il cono

Figlia di padre marchigiano, ha abitato a Rimini ma da lungo tempo è emigrata in Germania. E’ arrivata a Rimini insieme al suo bambino e al figlio di sua cugina e ci rimarrà fino a dopo le feste. Da ieri riceve a pagamento singoli e comitive debitamente munite di mascherina, ma non fatevi idee sbagliate. Stiamo parlando della Madonna Diotallevi, il dipinto di Raffaello solitamente conservato al Bode Museum di Berlino, che fino al 10 gennaio 2021 sarà in mostra al Museo della Città. Il quadro faceva parte fino al 1842 della collezione del nobile riminese Audiface Diotallevi, appassionato d’arte che già possedeva capolavori attribuiti al Correggio e a Leonardo. Ma all’epoca la Madonna, raffigurata insieme al piccolo Gesù e a san Giovannino, era considerata opera del Perugino, uno dei maestri del giovane Raffaello: la Vergine ha in effetti il mento a punta e la boccuccia a cuore tipiche dell’artista umbro, quotato sì, anche se non quanto l’Urbinate. Solo che il funzionario dei musei berlinesi Friedrich Waagen, di passaggio a Rimini, aveva l’occhio lungo, e fece pressione al suo direttore perché comprasse il quadro prima che il buon Diotallevi si rendesse conto di avere in casa un Raffaello e alzasse vertiginosamente

Tutte le medaglie hanno un rovescio, e se la faccia principale è sgradevole, quella sottostante può essere un vero e proprio sollievo. Prendiamo una delle restrizioni in programma nel nuovo decreto anti-Covid allo studio della Presidenza del Consiglio, e cioè i matrimoni per pochi intimi, dieci o quindici. Un tetto dovrebbe essere accolto con viva e vibrante soddisfazione da tutte le persone di buon senso, eccettuate figure professionali come il Boss delle cerimonie e affini. Gli sposalizi, con annesso banchetto, sono una delle occasioni sociali di cui ci si lamenta di più, già mesi prima che accadano, quando bisogna cercare un regalo di nozze che coniughi bella figura con prezzo basso o, se c’è una lista di nozze, correre per primi in negozio per comprare gli articoli meno cari, il pelapatate o lo snocciolaciliegie, e si dedicano i fine settimana a setacciare gli outlet in cerca di un abito da cerimonia con scarpe abbinate. Si dice alla commessa “devo andare a un matrimonio” in tono sempre leggermente sconsolato, traduzione “mi tocca sprecare un sacco di soldi per indumenti e calzature che non vedrò l’ora di togliermi”, e l’amicizia o la parentela con lo sposo o la sposa diventa una nemesi, perché più

/