Written by

Top Stories

“Ma è permesso girare in due su un solo monopattino?” mi domandavo ultimamente, vedendo che in centro storico è il due-per-uno è quasi la normalità. A quanto pare, no. Ieri sono stati tre (o sei?) i multati per uso multiplo del trabiccolo elettrico free-floating che fa impazzire i riminesi, e se i vigili avessero fatto un giro intorno all’Arco il loro bottino sarebbe stato ancora più ricco. Fare le cose come si deve, rispettando la legge, è una vera faticaccia, specie quando si tratta di un monopattino, veicolo che è difficile prendere sul serio anche oggi che rientra in una definizione seria come «micromobilità». Sembra un giocattolo per grandi, il fratellino pestifero della bicicletta, e quando ce l’hai sottomano regredisci a monello, anche se l’hai noleggiato con l’app e la carta di credito. Quasi mi vergognavo ad ammettere di avere una gran voglia di provarlo, nonostante l’età, finché mio padre, che va per gli ottanta, non mi ha confessato la stessa cosa. Sembra così pratico e divertente che riaccende una voglia di infanzia anche nei più seriosi, specie se appartengono alle generazioni per cui era già un lusso la carratella costruita con quattro assi di legno e due ruote. Nessuno dopo i cinquant’anni

«Abbiamo ricevuto segnalazioni da tante mamme… Stiamo parlando di parole e frasi irripetibili dette a una platea di giovanissimi. Ci chiediamo se l’amministrazione sia consapevole del messaggio dato ai ragazzini». Quando i personaggi pubblici, e soprattutto i politici, tirano in ballo le mamme, può partire il conto alla rovescia nella fiduciosa attesa di una cavolata. Perché se una cosa non va bene, non va bene e basta, ed evocare la mamma, soprattutto in Italia, serve solo a smuovere facili moralismi familistici. Sto parlando dello sdegno espresso dalla consigliera comunale M5s di Riccione Stefania Carbonari a proposito dell’esibizione di Myss Keta a Dee Jay On Stage. Con lei il 19 agosto c’erano anche Elettra Lamborghini ed Elodie, ma è contro la performer mascherata, rea di proporre «parolacce e richiami ad atti sessuali» che si è accanita Carbonari, che, lo ricordo a me stessa, appartiene a un partito fondato da un comico che si è aperto la strada a suon di vaffa e accoglie fra i suoi esponenti persone che credono nell’esistenza delle sirene e fautori dei matrimoni tra specie diverse, grazie ai quali, si presume, assicurare nuove generazioni di sirene. Quanto alle canzoni che richiamano «atti sessuali», santo cielo, c’è mai stato o

«Chi regna su se stesso e governa le sue passioni, desideri e paure, è meglio di un re». Parola del poeta John Milton, e c’è uno strano contrappasso nel fatto che proprio Milton si chiami l’hotel riminese messo a soqquadro dal forsennato di Ferragosto: se è l’autocontrollo la misura del valore di un essere umano, il tizio era messo peggio dell’ultimo degli straccioni. Ma quanto a vile denaro, il giovanotto doveva averne quanto basta per comprarsi alcool e droga per sballarsi completamente e per soggiornare nel quattro stelle che a causa sua è diventato una versione rivierasca dell’Overlook Hotel di Shining, compreso il tentativo di sfondare le porte delle camere dietro cui tremavano ospiti inermi – e il fatto che abbia usato un estintore e non un’accetta non cambia di molto le cose. Ma regnare su se stessi e saper governare le proprie passioni, desideri e paure oggigiorno pare un blasone di cui fanno a meno in tanti, non solo i giovani debosciati di passaggio a Rimini. L’autocontrollo predicato dagli stoici, che nella moderazione vedevano il vero tratto distintivo del saggio e la virtù più importante in un uomo di potere, è decisamente fuori moda, in primo luogo, si direbbe, fra gli

La bruttezza clamorosa del film “Riccione” targato Durex si giustifica solo in un modo: il regista e gli sceneggiatori, per non parlare degli attori, lavoravano per il re di Prussia, nella fattispecie Rimini. Veicola l’idea che la Perla Verde sia la mecca di uomini bruttarelli tatuati e allupati come nei film di Alvaro Vitali, incapaci di parlare un italiano decente e dall’umorismo stantio e sessista: ma come, non era la meta di un turismo raffinato e benestante? O, al limite, per vacanzieri pop-fighetti che si riconoscono nell’iconico hit di TheGiornalisti (quello sì uno spottone come si deve)? Poi, per carità, può darsi che Riccione abbia deciso di sbarazzarsi di questa immagine esclusiva per mostrarsi più “popolare” e accessibile, ma forse ha esagerato, e ora al confronto Rimini sembra evoluta e moderna come la California. E pure la Durex, via: ci ha regalato e ci regala pubblicità ben più creative e divertenti, poteva pretendere qualcosa di più da questo filmetto, specie perché si tratta di veicolare l’uso del profilattico, barriera non solo contro gravidanze non volute, ma anche contro le malattie sessualmente trasmissibili, una vera emergenza, soprattutto fra i giovani. E invece cosa vediamo? Un tizio che, per consolare una bambina, gonfia un preservativo e lo

C’era più di un motivo per essere presenti ieri sera alle Nozze di Figaro andate in scena al Teatro Galli per l’inaugurazione della Sagra Musicale Malatestiana. Anzi, più di tre, contando la bellezza dell’opera mozartiana, la presenza sul podio del direttore di una leggenda vivente come Riccardo Muti e quella, in platea, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il quarto era l’occasione, più unica che rara in agosto a Rimini, di vedere uomini vestiti decentemente, con pantaloni lunghi, giacca e cravatta, o addirittura papillon. Un fenomeno più raro della nidificazione del fratino sulle nostre spiagge. Giusto per il Presidente della Repubblica il maschio riminese poteva rinunciare ai bermuda d’ordinanza da maggio a ottobre, e solo perché il dress code lo richiedeva esplicitamente. Ma il Capo dello Stato al Galli aveva ben altro da fare che ispezionare l’abbigliamento degli spettatori maschi. Più che ascoltare le immortali arie di Fiordiligi e Dorabella doveva tenere d’occhio il maestro Muti per osservare sul campo, e possibilmente imparare, come si riesce a mettere d’accordo un ensemble di strumenti dai suoni diversi a farli suonare tutti nel rispetto di uno stessa carta fondamentale, lo spartito di Mozart nel caso di Muti, la Costituzione per Mattarella. Forse era il caso

Fra i tanti consigli che i media ci elargiscono per uscire vivi dall’eccezionale calura (eccezionale per modo di dire visto che, grado più grado meno, sono anni che in luglio e agosto va così), ne manca uno tanto prezioso quanto controintuitivo: tenere a portata di mano un golfino o una sciarpa uso scialle. Perché è inutile riuscire a reggersi eroicamente in piedi bevendo acqua, mangiando frutta e verdura, aumentando l’assunzione di sali minerali ed evitando di uscire di casa nelle ore più calde (cioè praticamente tutte) per poi entrare in un negozio o al cinema e venire stroncati dall’aria condizionata a palla che in pochi secondi ti fa passare dall’Equatore al Polo Nord, e non quello odierno, intiepidito dal riscaldamento globale, ma il Polo di una volta, quello con gli iceberg e gli orsi bianchi. Al pronto soccorso nei weekend le vittime del calore sono numericamente quasi pari a quelle del climatizzatore, che ti arriva sul collo tipo ghigliottina con una gelida lama aeriforme e dà lavoro ai virus che d’estate girellano disoccupati in attesa dei primi freddi. Ora, se ti piace che la tua temperatura interna faccia pendant con quella esterna, tutto bene; e in effetti una malattia da raffreddamento è

E’ la fortuna a essere cieca – anzi, ipovedente come si dice oggi – o siamo noi iper-distratti? Domanda inevitabile davanti a casi come quello del biglietto vincente non ritirato al Bar Sport di Pietracuta: 100mila euro sono giaciuti nella vana attesa del legittimo possessore del tagliando di una giocata vincente del Superenalotto, e verranno re-incamerati dallo Stato, che in questo momento ne ha tanto bisogno, con 2.365 miliardi di debito pubblico. Una goccia, anzi, una molecola d’acqua nell’oceano, ma piuttosto che niente, meglio piuttosto. E mentre la gente normale come voi e me, che nella vita al massimo ha vinto cinque euro solo al quinto tentativo con i gratta e vinci da un euro, sbatte la testa nel muro all’idea che qualcuno abbia avuto per mesi in tasca il passaporto non per la ricchezza, ma per un po’ di tranquillità economica, e l’abbia lasciato scadere, si fa strada un sospetto: che l’anonimo giocatore di Pietracuta, il suo omologo di Mercato Saraceno che ha dimenticato di riscuotere una vincita simile allo stesso concorso, e gli altri sei sconosciuti renitenti alla fortuna che in questi giorni stanno per dire addio a un gruzzolo che difficilmente si ripresenterà, volessero proprio questo: fare beneficenza

Questa settimana l’uragano del nostro scontento si è trasformato in un rinfrancante bagno di autostima per tutta la Riviera: il miracolo di Milano Marittima, dove gli ombrelloni e i lettini spazzati via dalla tromba d’aria sono tornati a posto nel giro di poche ore e nemmeno centinaia di alberi caduti sono riusciti a inceppare la macchina turistica, è stato narrato dai media con accenti epici e trionfali cui, onestamente, qui non eravamo più abituati. L’ultima impresa per cui sono state lodate le virtù dei romagnoli «seriamente», cioè senza sarcastica condiscendenza (tipo il “popolo genialoide di affittacamere” di Gianni Brera), è stata la bonifica delle paludi pontine, riscattate col sudore e la malaria di tanti braccianti ravennati e forlivesi. E a partire da molto prima del fascismo, con i primi cinquecento eroi che nel 1884 partirono dalle impoverite terre di Romagna per raggiungere gli acquitrini di Ostia e Fiumicino, posti «dove non avrebbe resistito neanche il diavolo», dicevano i locali, eppure i romagnoli tennero duro e trasformarono l’inferno in terra arabile. Ma forse quell’impresa titanica non fu esaltata dai giornali dell’epoca tanto quanto la risistemazione-lampo della spiaggia di Milano Marittima lo è stata da giornali e tiggì. Stupiti, quasi scioccati da un fenomeno

/