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Io ci ho provato a prenotare alla locanda Malatesta di Montescudo, ma l’app mi diceva “tavoli esauriti”. Mai sono stata così soddisfatta di non trovare posto, visto che si tratta del ristorante balzato agli onori della cronaca nazionale per un episodio di antirazzismo – e questo è il lato triste della faccenda: ormai fa notizia il datore di lavoro che difende il dipendente non caucasico, mentre quello che discrimina, magari con la scusa di “non urtare certa clientela” invece è diventato ordinaria amministrazione (quando invece sarebbe pure reato). Com’è noto, Riccardo Lanzafame, patron della trattoria sulle colline riminesi, ha visto un calo delle presenze e vari annullamenti di prenotazioni dopo che un compaesano lo aveva attaccato su Facebook per aver assunto un ragazzo originario del Gambia, prima in qualità di tuttofare e poi di pizzaiolo. E ha risposto appendendo all’ingresso un cartello in cui ingiungeva ai razzisti di girare al largo, mossa che, grazie anche all’eco sui social, gli ha attirato su scala nazionale molte più simpatie di quanti nemici gli aveva procurato la sua indifferenza alle paturnie dei patàca col vizietto dell’apartheid. Gente che ci vorrebbe riportare al 1938, quando perfino Faccetta nera venne censurata perché non abbastanza razzista (“bella abissina, sarai

Per ricordare il mio diciottesimo compleanno devo fare un grosso sforzo di memoria. Prima di tutto perché ormai è lontanuccio e il mio ippocampo ha perso smalto, e poi perché non ricordo grandi festeggiamenti per la mia maggiore età. E malgrado fossero i mitologici anni Ottanta, nemmeno i miei amici mi pare organizzassero party favolosi, la vera festa era poter finalmente dare l’esame pratico per la patente (quello di teoria era già stato superato), entrare nei cinema porno e, per i più impegnati, votare. Oggi le cose sono decisamente cambiate. Nella celebrazione dei diciottesimi a Rimini si è affermato lo stile Dallas e Dynasty con quarant’anni di ritardo. La festa in discoteca o, se la stagione lo permette, in piscina, è il minimo, come pure l’affitto del salone di gala in un hotel (in una città di albergatori, in fondo non è nulla di straordinario). Ma c’è anche chi per i propri figli noleggia castelli, spa, dee-jay alla moda e limousines, ordina vestiti impegnativi e piogge di petali di rose come per un matrimonio e offre agli ospiti spettacoli buffet a cura di chef stellati e spettacoli pirotecnici firmati Scarpato, la stessa ditta che si occupa dei fuochi d’artificio nelle grandi

C’è stato un momento in cui l’Otto marzo ha cominciato a deragliare: da ricorrenza sobria e «politica» a semi-carnevalata. Se la memoria non mi inganna, è stato a cavallo fra gli Ottanta e i Novanta, e secondo me c’entra qualcosa Madonna. Non la popstar in persona, ovviamente, ma il tipo di femminilità rappresentata all’epoca dal suo personaggio: una donna forte e volitiva che conquista il mondo in guêpière disegnata da Dolce e Gabbana e schiaccia gli uomini sotto il suo tacco a spillo. Un’impresa impossibile che nella storia è riuscita solo a Madonna; le altre sono ancora lì che cercano di infilarsi le guêpière e i tacchi a spillo, mentre il mondo è ancora per lo più in mano agli uomini. Nel frattempo la Giornata internazionale della Donna (questo il nome originale dell’Otto marzo, fissato nel 1921 dalla seconda Conferenza internazionale delle donne comuniste; la data fu scelta solo per convenzione, le concomitanze con incendi in fabbriche tessili o repressioni violente di manifestazioni sono pie fake news confezionate in epoche successive) è diventata Festa della donna: dieci per cento di contenuto politico, novanta per cento di paccottiglia commerciale, dalle mimose a peso d’oro alla torta mimosa (buona, per carità, ma troppo

Il titolo per l’intrigo politico-familiar-sentimental-economico made in Cinquestelle è già pronto: House of Sarts. Interrotta House of Cards causa licenziamento del protagonista e scarso carisma della co-protagonista la fiction americana sulle macchinazioni all’ombra della Casa Bianca, possiamo consolarci con le rocambolesche, piccanti e un po’ patetiche vicende della nostra Giulia Sarti, la cui parabola è, o meglio, sembra (niente è definitivo nella politica italiana) arrivata al capitolo finale. Delle peripezie della «deputata di Rimini» avevamo già parlato quando a doversi discolpare era l’ex fidanzato, Bogdan Tibusche, accusato di essersi intascato a sua insaputa i contributi dovuti al partito. Mancava ancora la parte pirandelliana, in cui entrambi i protagonisti della storia si smentiscono a vicenda, e una fidanzata clandestina viene fatta passare per un tumore al cervello, o viceversa, ancora non si capisce, ma speriamo che sia vera la ipotesi perché è meglio essere bugiardi che avere un brutto male. In pratica, se ho ben capito, Tibusche, per spiegare che fine avevano fatto i soldi, avrebbe finto di aver nascosto a Giulia una grave malattia bisognosa di cure costose all’estero, con medicinali sperimentali carissimi da comprare sottobanco, mentre in realtà distraeva i fondi verso una seconda signorina che condivideva i suoi favori. E

«Vi metto la stricnina nella minestra!»: così minacciava i congiunti la matriarca di Amarcord. Senza sapere di evocare uno dei più antichi e tradizionali mediatori familiari nella storia sociale italiana: il veleno. Per secoli e secoli molte vertenze fra le mura domestiche si sono risolte così, soprattutto per mano femminile, e visto che tanti maschi in famiglia non vogliono archiviare la tradizione dell’uxoricidio a base di percosse, pistolettate e incendi dolosi, forse qualcuno, anzi, qualcuna, si domanda se non è il caso di rispolverare anche l’altra metà del cielo (nero) del coniugicidio, l’avvelenamento. E si risponde di sì, come la signora di Imola che durante le ultime feste natalizie ha regalato al marito in via di separazione un’appetitosa crostata corretta alla belladonna, un’erba potenzialmente tossica, e in dose letale. Sarà che le marmellate non sono più dolci come una volta, sarà che a Natale ci sono già panettone e pandoro, il marito, dopo il primo boccone, ha lasciato perdere, ma quel che ha ingerito è bastato a mandarlo all’ospedale, dove se l’è cavata per miracolo. La belladonna contiene un’alcaloide, l’atropina (dal nome della Parca che mozzava il filo delle vite mortali), che “fa diventare gli uomini pazzi furiosi e a volte li addormenta fino

L’agnizione è un tema così vecchio e abusato nella letteratura occidentale che nessun cineasta, nessuno scrittore, ma che dico, nemmeno uno sceneggiatore di soap tipo Un posto al sole si sognerebbe più di usarlo. Eppure il riconoscimento di figli abbandonati alla nascita, il ritrovamento di congiunti che si credevano perduti da decenni è stato per millenni la benzina della letteratura, della fiaba e soprattutto del teatro. Il mendicante in realtà è il legittimo re cacciato dal fratello usurpatore. La schiava di cui è innamorato il giovane ricco è in realtà sua sorella rapita in fasce dai pirati. La bellissima donna che ronza intorno al giovane sposo è in realtà la madre naturale. E così via, colpo di scena dopo colpo di scena, finché cala il sipario fra lacrime di commozione. Uno dice: cose che potevano succedere nelle società antiche, quando i figli scomodi venivano esposti, donne e bambini erano prede di guerra e soprattutto non esistevano i documenti come li conosciamo noi, e ci si riconosceva con monete spezzate, medaglioni o con qualche vecchia balia con un’ottima memoria visiva per le cicatrici, come Euriclea nell’Odissea. Uno pensa: se oggi un parente svanisce e non si fa più vedere per trent’anni, o è

Quando ho letto la notizia mi sono stropicciata gli occhi. Ho riletto meglio. Sì, non mi ero sbagliata. Amazon arriva a Santarcangelo. Non nel senso di pacchi col nastro nero e azzurro, quelli arrivano dappertutto, a Santarcangelo come a Katmandù, a Buenos Aires come a Pietracuta. Nel senso che a Santarcangelo avrà un magazzino, insomma, di una sede, una di quelle immense caverne da Ali Babà (no, quello è il rivale di Amazon), insomma, di quelle cattedrali laiche piene di ogni ben di dio con dentro omini e donnine con stipendi non favolosi che corrono dappertutto con al polso un bracciale che fa bip bip, e da cui vengono spediti ogni minuto gli oggetti più vari, dalla lavatrice agli elastici per capelli, dall’orsacchiotto al sex-toy. Capperi. Amazon, il colosso dell’e-commerce, quello dei droni, di Prime, del Dash Button! L’azienda di Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo quello che possiede anche il Washington Post e adesso sta litigando con Trump per una storia di foto rubate, ha scelto Santarcangelo. Quella della fiera dei becchi, della pizzeria Rustica, del 9 che arriva sempre in ritardo. Se anziché aspettarlo il bus lo ordinassimo con Amazon, arriverebbe prima. Il contrasto è stridente: da una parte

Non è ancora entrato in vigore, ma il Reddito di cittadinanza ha già dato origine a un ricco filone di frizzi, lazzi e leggende metropolitane, diventando in un battibaleno un tema classico dell’umorismo all’italiana, come i carabinieri, la mosca nella minestra e le donne al volante. Ma al di là delle facili spiritosaggini, di matrice anti-grillina e non solo, di spunti da commedia fondati ce ne sono parecchi. Se escludiamo una congiunzione astrale Venere-Marte che aumenta la conflittualità nel talamo nuziale a prescindere dai segni zodiacali e dal colore politico, l’aumento delle domande di separazione fra le coppie riminesi senza figli dopo l’approvazione della legge sul Rdc (il trend di gennaio fa pensare che entro l’anno si arriverà a un raddoppio secco rispetto alle separazioni del 2018) è più che sospetto, come pure l’incremento dei cambi di residenza. I single sono privilegiati nell’assegnazione del sussidio fortemente voluto dai pentastellati, e con questi chiari di luna, in attesa del boom economico annunciato da Di Maio e del secondo semestre 2019 «bellissimo» vaticinato da Conte, ce n’è abbastanza per simulare una rottura. Finora lo si è fatto gratis, anzi, perdendoci pure dei soldi, figuriamoci se non lo si può fare per 780 euro al mese,

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