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Ehi, tu, ultracinquantenne riminese con pancia prominente e barba canuta, ce l’hai il B-Factor? No, non è un integratore anticolesterolo, quello è il Fish Factor – e forse, con quel panzone, ne avresti pure bisogno. Il B-Factor è quel certo non so che in grado di fare di te un perfetto Babbo Natale, il carisma festoso che ti fa sentire a tuo agio in giubba e cappello rosso fuoco bordato di bianco, la voce possente ma rassicurante quanto basta per intonare «ho-ho-ho» senza sembrare uno che ha appena visto un balordo che sta tentando di rubargli la bicicletta. Se pensi di possedere questi requisiti e ti interessa un compenso di 2500 euro per qualche ora quotidiana di lavoro durante le feste, oltre a un’ottima scusa per evadere da una casa zeppa di parenti e di tentazioni ad alto tasso glicemico, oggi pomeriggio a Rimini puoi cogliere la tua occasione alle Befane, dove si apriranno le selezioni per la pattuglia di Babbi che intratterranno i piccoli clienti del centro commerciale. A dire il vero, bisognerebbe avere già inviato foto e curriculum, ma vale sempre la pena di provare, non si sa mai che qualche aspirante abbia dato forfait all’ultimo momento, oppure si scopra che

La speranza è che, quando leggerete queste righe, il telefono di casa Succi sia squillato portando notizie confortanti; mentre le scrivo, però, il cacciatore di Poggio Torriana è ancora una persona scomparsa. E spariti nel nulla insieme a lui, da mercoledì scorso, sono i suoi due cani, dettaglio che rende tutto più difficile e, se possibile, ancora più preoccupante. Sulle tracce di Giovanni Succi è già stata sguinzagliato Chi l’ha visto, la massima autorità in fatto di persone scomparse. E così anche i boschi della Valmarecchia ora sono finiti nell’elenco delle location in cui una persona può sparire senza lasciare traccia, dissolversi, smaterializzarsi, come inghiottita da un buco nero, e diventare un insolubile rompicapo per uomini, cani molecolari e droni. Noi «chilhavisters» di lunga data (così sui social vengono chiamati i fedeli seguaci della trasmissione di Federica Sciarelli) ne ricordiamo parecchi di questi enigmi irrisolti, molti dei quali iniziano con qualcuno, spesso una persona non giovanissima, che se ne esce di casa per una passeggiata, per raccogliere funghi, per andare a pregare davanti a una cappelletta sperduta, per cacciare o pescare, e che non dà più notizia di sé. L’ultimo a vederlo è stato in genere un passante che punta il dito in una

No, il vero mistery annunciato che tiene il pubblico con il fiato sospeso non è il prossimo giallo di Camilla Lacksberg o l’ennesimo noir di James Patterson. E purtroppo non si tratta di una fiction: il mistero sono le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna ha praticamente dimezzato la pena per Michele Castaldo, l’operaio di Cesena che due anni fa ha strangolato la fidanzata Olga Matei, commessa, nella sua casa di Riccione. Da trenta a sedici anni: uno bello sconto, praticamente un Black Friday processuale con una settimana di anticipo, a beneficio di un femminicida. Decisiva pare sia stata la caduta dei «motivi futili e abietti» che in primo grado avevano determinato un verdetto ben più pesante contro Castaldo. Ah, così. Quindi, secondo dei giudici italiani dell’anno del Signore 2018, possono esistere motivi non futili e non abietti, quindi importanti e rispettabili, dietro l’omicidio di una donna indifesa da parte del suo compagno – e proprio questo non vediamo l’ora di sapere, fra novanta giorni, cosa cavolo frullava nel cervello dei magistrati bolognesi. E ancora più ansiosi di noi saranno i femminicidi in attesa di giudizio e i loro avvocati, che potrebbero vedersi servito un provvidenziale precedente, e gli aspiranti femminicidi

Valentina Vignali è una valorosa cestista. E’ una bellissima ragazza. Ed è riminese, quindi tende a parlare come mangia: parecchio, e non sempre in modo sano. Questo può spiegare perché, a commento di un video della sua ben fornita dispensa, fieramente postate su Instagram, abbia fatto un’infelicissima allusione alla «dieta Auschwitz», da cui lei si terrebbe alla larga. Dopo la pioggia di rimproveri e insulti ricevuta sui social, Vignali si è scusata, rivendicando la sua buona fede con tanto di ricordo di recente viaggio in Austria in visita ai campi di concentramento (probabilmente Mauthausen, l’unico di quel Paese). Questo a pochi giorni dal putiferio comprensibilmente suscitato dalla maglietta «Auschwitzland» indossata da una decerebrata in pellegrinaggio a Predappio. Quella di Valentina è una gaffe dovuta a leggerezza, non certo un’apologia del nazismo; eppure i due episodi hanno qualcosa in comune: la banalizzazione della Shoah. Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra: nei discorsi di tutti i giorni siamo in tanti a banalizzare. Il treno su cui viaggiamo è affollato, scomodo e maleodorante, e subito lo accostiamo ai vagoni piombati che trasportavano gli ebrei verso i campi della morte. Qualcuno è troppo magro e ha l’aria sparuta, e lo paragoniamo a un sopravvissuto. Un prof o

Mi sembrano così lontani gli anni della mia infanzia nel Nord-est, dove la Grande Guerra non era solo storia, ma esperienza dei nonni. Le suore della mia scuola elementare privata erano triestine e le canzoni patriottiche facevano parte del nostro repertorio scolastico, insieme a hit religiosi anni Settanta come Esci dalla tua terra e va e Resta con noi (cantavamo in coro tutti i giorni, all’inizio e alla fine delle lezioni: a pensarci oggi pare stranissimo). Lassù le memorie del ’15-’18 erano una cosa seria, mica vuota retorica: negli anni Settanta c’era ancora tanta gente che poteva ricordare e raccontare, nonni per i quali «la testa pien de peoci e niente scarpe per caminar» non erano solo versi di Tapùm, ma esperienza dolorosamente vissuta, e la campana di San Giusto aveva un valore sacro, non per trombonaggine acquisita, ma perché si sapeva davvero quanto era costato il festoso scampanio del 4 novembre 1918. Lo raccontavano altre canzoni «disfattiste» e censurate come Gorizia tu sei maledetta, con quell’accusa ai «vigliacchi» che se ne stanno al caldo, immemori della «carne umana» macellata nel fango e nella neve. «La meglio gioventù va sottoterra», diceva l’anonimo autore del Ponte di Bassano, e quella che non moriva

Se lo lasci dire, signora Annamaria Tatiana, mamma-manager (ovvero momager, come si dice oggi) di Federico Lucia in arte Fedez, da parte di tutte le mamme di figli nati nei mesi più freschi: lei è un genio. Grazie a lei ora sappiamo dove organizzare i compleanni indoor tra ottobre e aprile: nei supermercati. Finora la scelta si limitava a una manciata di location monotone e sempre con problemi di overbooking: il McDonald, efficientissimo ma tarato sulle esigenze e i gusti degli under-8 (superata quell’età, i bambini asfaltano l’animatrice che propone di giocare alla caccia al tesoro e preferiscono la rissa da stadio nello spazio-giochi). O le sale parrocchiali, nudi stanzoni rumorosissimi in cui le uniche attrazioni sono una compilation dello Zecchino e la truccabimbi, i centri gioco con i gonfiabili su cui i bimbi si inzuccano oppure il cinema col film che praticamente tutti hanno già visto la settimana prima. Quante volte abbiamo invidiato le mamme di figli «estivi», che se la cavano con un pomeriggio in spiaggia o in piscina, corredato di torta e due sacchetti di patatine! Per fortuna mamma Fedez ci ha indicato una soluzione semplice, sicura e perfettamente climatizzata: party al supermercato, successo assicurato. Perlomeno, dai video postati su Instagram,

Nella settimana delle «manine», ne è stata avvistata una anche nella politica regionale. Una manina davvero minuscola, ma graziosa, tenera e soprattutto pulita, decisamente non in grado di truccare decreti: al massimo può afferrare una ciocca di capelli o un sonaglio, perché è la manina di un bebè di quattro mesi: Leonardo, il figlio della nostra concittadina, nonché consigliera regionale pentastellata, Raffaella Sensoli, che qualche giorno fa ha partecipato a una seduta a Bologna equipaggiata con marsupio e passeggino. La presidente dell’assemblea, che aveva chiesto un parere in proposito alle commissioni senza ricevere risposta, ha accordato il permesso a Sensoli di portare il piccolo in aula, sotto la sua responsabilità. Non è il primo caso in assoluto, ma in Regione si tratta di una novità, e anche di una delusione: ci si sarebbe aspettati che il parlamentino dell’Emilia Romagna, la Scandinavia d’Italia, fosse già attrezzato con un nido interno, o almeno che la presenza di una consigliera neo-madre non fosse un evento così inusitato da lasciare senza parole le commissioni. Va riconosciuto a Sensoli non solo di aver messo in luce questo limite e, al tempo stesso, di averlo tranquillamente e giustamente valicato con il suo passeggino. La maternità non dev’essere un

«Può una donna violentare un uomo?» Alla grande domanda suscitata nell’opinione pubblica dalla denuncia di Jimmy Bennett contro Asia Argento c’è qualcuno che potrebbe rispondere senz’altro in modo affermativo. E’ il 61enne riminese che si è rivolto alla Questura per far cessare le molestie, anche sessuali, della convivente di sette anni più giovane, per conquistare la quale aveva rotto un precedente matrimonio. Ma ben presto la signora si è rivelata una vera e propria persecutrice, gelosa come Otello e prepotente nell’intimità: il poveretto, pare, si è visto sequestrare il cellulare ed epurare la rubrica, veniva tallonato e controllato fin sul posto di lavoro e, una volta a casa, costretto a pratiche sessuali non gradite. La situazione doveva essere veramente insostenibile se l’uomo è arrivato a chiedere aiuto, sfidando i pregiudizi e la vera e propria incredulità diffusa sul fatto che sia possibile, per un uomo, essere vittima della prevaricazione di una donna. E non a livello di vignetta della Settimana Enigmistica o di sketch da Casa Vianello, con una lei burbera e incontentabile e un lui succube e rassegnato, ma con modalità molto simili a quelle che spingono sempre più donne a contattare le autorità: violenza psicologica, umiliazione, gelosia ossessiva, stalking e anche

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