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Solo che nello spot nemmeno mi hai detto quanto costano le tue pesche al chilo

Più della Nadef, più della guerra in Ucraina, più del bradisismo nella Terra dei Fuochi: il discusso spot Esselunga (o meglio: la bagarre social e cartacea accesa dallo spot Esselunga) ha oscurato sui media qualunque altra notizia, a cominciare dalla politica, tanto che per riuscire a far parlare di sé anche in questi giorni Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno dovuto commentare lo spot. Non è poi così sorprendente: il cortometraggio che pubblicizza i supermercati di Caprotti è diventato esso stesso politica. Secondo alcuni veicola subdolamente un messaggio vicino all’ideologia conservatrice dell’attuale maggioranza di centrodestra (viva la famiglia tradizionale, il divorzio fa male ai bambini, le madri single sono così schizzate che non tengono d’occhio i figli al supermercato, ecc.), secondo altri è effettivamente così e gli sta benissimo perché hanno votato centrodestra, mentre altri ancora pensano che sia solo uno spot tenero e commovente e che bisogna essere marci dentro per vederci qualcos’altro. Personalmente l’ho trovato soprattutto triste, dall’inizio alla fine, con quell’atmosfera mesta e sfigata da tipico film italiano con la coppietta borghese in crisi. Se almeno ci avessero fatto vedere che la famosa pesca (non ve lo sto a spiegare, tanto lo spot l’avrete già visto tutti, in tivù,

Andare a Patrasso un tempo signifcava morire e pure in malo modo, da oggi assume nuove valenze

È un modo di dire così antiquato che non mi ricordo l’ultima volta che l’ho sentita usare da qualcuno, che probabilmente non doveva essere nemmeno giovanissimo: «andare a Patrasso», nel senso di morire. L’origine di questa bizzarra espressione viene per lo più rintracciata in una corruzione del latino “ire ad patres”, cioè raggiungere gli antenati nell'aldilà, ma pare anche ci possa essere un riferimento storico, l’orribile supplizio del provveditore veneziano Barbarigo caduto nelle mani dei turchi al termine di una battaglia avvenuta nel 1466 proprio davanti alla città greca di Patrasso, sulla costa occidentale del Peloponneso. È andato davvero a Patrasso, dieci anni fa, il signor Adamo Guerra da Lugo, ma per fortuna solo in senso letterale: come ha documentato l’ultima puntata di Chi l’ha visto?, il fuggiasco è vivo e vegeto. Semplicemente, nel 2013 ha preso un traghetto per Patrasso, dopo aver inscenato il preludio di un gesto disperato, dalla struggente lettera d’addio in cui raccomandava agli amici moglie e figlia alla macchina abbandonata nel porto di Ancona. Suicidio presunto, aveva concluso la polizia, gettando nello sconforto la famiglia, convinta che Adamo fosse andato a Patrasso in senso figurato e tragicamente definitivo. Mancava però la prova regina, un corpo, e così

Mica tutte come Margaret Thatcher e Angela Merkel hanno avuto la fortuna di ritrovarsi accanto uomini miti e riservati

Le intemperanze di Andrea Giambruno ci stanno aiutando a capire come mai è tanto difficile per una donna raggiungere l’apice del potere e restarci: difficilmente il suo partner accetta il ruolo di supporto decorativo e quasi muto solitamente assunto, con esiti diversi, dalle compagne dei potenti. Soprattutto in Italia. Margaret Thatcher e Angela Merkel hanno avuto la fortuna di ritrovarsi accanto uomini miti e riservati, dall’ego normodimensionato, che non si sentivano per nulla sminuiti dal rimanere un passo indietro rispetto alla coniuge, e soprattutto dall'astenersi da esternazioni che potevano danneggiarla. Sia mister Thatcher che Herr Sauer (coniugato Merkel) erano uomini nordici, dal temperamento più calmo e pacioso, uno ex militare e imprenditore, l’altro scienziato. Ma perfino Bill Clinton, inguaribile piacione e caratterialmente ultra-estroverso, come marito della ministra degli Esteri di Obama ha tenuto un contegno misurato, evitando di metterla in imbarazzo (va detto che sotto quel profilo aveva già abbondantemente dato quando lui era presidente e Hillary first lady). Giorgia Meloni invece si è scelta come compagno Andrea Giambruno, un aitante moraccione mediterraneo quarantenne che per di più di mestiere fa il giornalista e, ultimamente, il conduttore televisivo in ascesa: un cocktail esplosivo che, dopo qualche mese di profilo basso – immaginiamo

Alle pagine stupide e provocatorie sarebbe molto meglio non rispondere con le invettive e le carte bollate, ma con contenuti digitali più spiritosi e intelligenti

Se il mare di Rimini è veramente riminese, l’ironia social gli fa un baffo. Non se la tira, si piace con i suoi pregi e i suoi difetti, se ne infischia di non essere cristallino come quello della Sardegna o delle Seychelles, e non dà agli immeritevoli umani in vacanza di credersi in un paradiso terrestre incontaminato, in cui riposarsi della fatica di inquinare il pianeta nel resto dell’anno. E se qualche leone da tastiera lo deride, lo chiama sporco o inquinato, o lo pubblica foto fake, com’è accaduto nelle scorse settimane, il nostro mare scrolla un po’ le sue onde e torna ad accarezzare la spiaggia più accogliente e organizzata d’Italia e forse del mondo. Con le sue centinaia di millenni sulle spalle, lui conosce già la prima legge dei social, “don’t feed the troll”, non dare corda al diffamatore digitale. Raccogliere la sua sfida è il modo più sicuro per trasformare la shitstorm in un uragano di cui si uscirà peggio di come ci si è entrati. Perché il troll, a differenza della sua vittima, si nutre delle sue reazioni, anzi, ne è ghiotto; inoltre non è mosso dal risentimento, che rende antipatici e poco brillanti, ma semplicemente

Piccoli appartamenti affacciati su un giardino comune e provvisto di laboratori e sala da ballo, con la mutua assistenza di una comunità

C’è chi per la vecchiaia sogna di trasferirsi alle Canarie, chi di ritirarsi in campagna, chi di salire su una nave da crociera e di scenderne solo con i piedi in avanti dopo aver fatto non so quanti giri del mondo. Anch’io ho il mio sogno per la terza età: vivere in un social housing per donne dai 50 anni in su, come quello di cui parla un articolo sul quotidiano inglese The Guardian. L’idea è nata da un gruppo di signore londinesi, che qualche anno fa hanno escogitato e realizzato, col sostegno pubblico, New Ground, un progetto abitativo fatto di piccoli appartamenti affacciati su un giardino comune, e provvisto di laboratori e sala da ballo. Qui possono venire a vivere, pagando un affitto più che ragionevole, donne sole anziane (in Inghilterra sono la stragrande maggioranza della popolazione over 60). Vedova, separata o single per scelta, ogni inquilina di New Ground può avere la sua privacy e al tempo stesso contare sulla solidarietà e la mutua assistenza di una comunità, che offre anche momenti di creatività con corsi di pittura o di recitazione, feste ed eventi mondani cui invitare figli, fratelli o fidanzati. Le signore si autogestiscono: divise in apposite squadre, si

Ma perchè la Madonna deve volere un'anima?

Ferragosto 2023 è già stato bell’e archiviato, ma io continuo a rimuginare su un’inquietante rivelazione che ha gettato una luce sinistra sulla festa di fine estate. Sapevo da tempo che i riminesi in quel giorno tendono a disertare la spiaggia, e avevo sempre attribuito l’abitudine alla scocciatura per l’affollamento di turisti: noi il mare ce l’abbiamo sempre, possiamo permetterci di evitare il carnaio per ventiquattr’ore. Le riminesi poi fino a qualche decennio fa avevano un motivo più stringente per rispettare il coprifuoco ferragostano, ovvero i branchi di giovani energumeni che sul lungomare e dintorni prendevano di mira le ragazze e i passanti in genere con molestie e gavettoni. Questo malcostume è andato diminuendo fin dall’alba del nuovo millennio, forse perché anche le mode più inutili e cretine non sono eterne, forse per l’aumento dei controlli da parte delle forze dell’ordine; fatto sta che negli ultimi anni di gavettoni in spiaggia a Ferragosto se ne segnalano pochissimi, e difficilmente gli autori la passano liscia. Non vi dico il mio stupore alla scoperta che il tabù dell’ombrellone e soprattutto dal tuffo in mare il 15 agosto ha ben altra origine. E nemmeno vi dico lo stupore dei miei interlocutori riminesi vedendomi stupita: ma

Nemmeno il ministro Lollobrigida avrebbe niente da ridire: questa locusta è un’eccellenza locale, con lo ius sanguinis e tutto il resto

«La mente è il più capriccioso degli insetti: svolazza inquieta, si agita, batte le ali», diceva Virginia Woolf. Teoria affascinante, che spiegherebbe perché ci sembra così spesso che i pensieri nella nostra testa siano fastidiosi come uno sciame di moscerini. Sotto questo profilo, tutto ciò con cui tentiamo di silenziare la mente (dall’intrattenimento consumistico alla meditazione alle droghe) è un po’ l’equivalente della ciabatta o dello zampirone. L’ipotesi Woolf ci suggerisce anche un’altra interpretazione della generale ripugnanza rispetto alle farine di insetti: si profilerebbe una specie di cannibalismo. Ma a quale delle innumerevoli specie di insetti appartiene la tua mente? È una vespa che fa tanto chiasso ma non produce niente se non spiacevoli punture, o una zanzara tignosa e sempre in cerca di vene da succhiare? È una mosca che tende a posarsi solo sulle schifezze o una variopinta farfalla che va di fiore in fiore ma rischia di finire infilzata in una bacheca? Oppure – e veniamo alla stretta attualità - è una cavalletta che si muove in uno sciame, e quando non salta di qua e di là è sballottata dal vento e produce disastri? In fondo il comportamento dei nugoli di cavallette non è poi molto diverso da

Bzrbie ripropone il dibattito quando sostituisce le scarpine scomodissime con un paio di Birkenstock basiche

Non sono la persona più adatta a fare l’opinionista di fashion, il mio guardaroba è composto per tre quarti di roba pescata nelle bancarelle outlet e/o vintage del mercato. E me ne vanto, come ogni vera riminese che non rinuncerebbe mai al brivido da cacciatrice che dà ravanare in mucchi di vestiti in cerca della griffe in incognito a prezzo stracciato. Per le scarpe invece ho anch’io qualche pretesa, cresciuta con l’aumentare dell’età: dai quarant’anni in poi i piedi non ti perdonano più nulla, soprattutto le calzature scomode e/o di materiale scadente. E, dopo i denti, i piedi sono la parte anatomica più intransigente e spietata nell'imporre aut-aut che richiedono interventi immediati, quasi sempre contro il senso estetico. Le mie estremità, ad esempio, mi hanno imposto di abiurare i già modesti tacchi che portavo ogni tanto, le scarpe a punta e le suole non ammortizzate. Scarpe da ginnastica 365 giorni all’anno, dunque? No, perché i miei piedi e i miei occhi sono d’accordo su un solo punto: mai sneakers, se non in contesti sportivi (nel mio caso decisamente improbabili). Non c’è una ragione precisa, ce ne sono di elegantissime e costose, che ti fanno camminare sulle nuvole, che stanno bene anche

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