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Amato Mannocchi con Flavio Semprini: "Così ho amato Santarcangelo. Storie, fatti e personaggi degli ultimi settant’anni di vita cittadina" - Pazzini. A volte da un libro mi aspetto molto, e quando invece questo molto non c’è la delusione è forte. E’ questo il caso del libro di Amato Mannocchi che, pur essendo stato per molti anni a partire dagli anni ’60 un co-protagonista di molte vicende santarcangiolesi, ci ha dato un testo molto egocentrico, con un percorso solo cronologico delle tante cose che ha fatto. Forse alla fine del volume se ne è reso anche conto se è vero che scrive: “Santarcangelo ha vissuto tanti cambiamenti. Ho cercato di raccontarli in questo libro che può solo essere una testimonianza personale e, giocoforza, parziale, della vita di questo mio meraviglioso paese (…). Questa è la ‘mia’ Santarcangelo, quella che posso raccontare solo dal mio punto di vista, con le mie esperienze personali e pubbliche”. Mannocchi, classe 1944, è nato a Montalto delle Marche, in provincia di Ascoli Piceno in una famiglia di contadini. Alla fine degli anni ’40 con la famiglia arrivò a Santarcangelo: “Fu come trovare il paradiso: un terreno finalmente pianeggiante e ricco d’acqua quando a Montalto si coltivava su terreni

"Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni" Ideazione e cura di Oriana Maroni - Biblioteca Gambalunga Rimini. Nelle splendide sale antiche della Biblioteca Gambalunga di Rimini era stata allestita la Mostra (dal 26 ottobre 2019 al 26 gennaio 2020) per raccontare i suoi 400 anni, a cura della direttrice Oriana Maroni. “Entrare in una biblioteca significa varcare le porte della meraviglia e del sapere. Significa conoscere, ma anche solo percepire gli infiniti percorsi dell’immaginazione umana, il sapere e la creatività dell’uomo divenuto libro o immagine. Le sue possibili combinazioni. Si entra nel regno della scoperta”. E la Gambalunga è tutto ciò, è uno scrigno di preziosi gioielli (libri, carte, documenti, immagini) accumulatisi nel corso dei secoli, a partire da quel 1619 quando Alessandro Gambalunga (1564-1619) donò alla Città un edificio, i suoi libri (circa duemila) e un ricco lascito. E nella Mostra si sono dunque potuti ammirare “i manoscritti della raffinata ed enigmatica corte malatestiana, si leggono le appassionate discussioni sull’identità cittadina, il suo segno zodiacale, i dialoghi scientifici con gli intellettuali d’oltralpe, fino alle narrazioni che hanno fatto di Rimini un mito dell’immaginario contemporaneo, quando da piccola città di provincia è diventata lo specchio e talora la narratrice/traduttrice dei

Oreste Delucca: "Toponomastica riminese. I nomi dei luoghi raccontano la nostra storia" -  Luisè Un libro affascinante scritto per raccontare l’evoluzione della nostra città nel corso dei secoli ricorrendo ai toponimi: “Come è noto, dalla parola greca ‘topos’ (luogo) deriva la ‘toponomastica’, cioè la disciplina che si interessa al nome dei vari luoghi (città, paesi, fiumi, vie, piazze ed altri siti). In passato quei nomi non venivano attribuiti a caso, ma avevano uno stretto legame col territorio, costituivano parte integrante del vissuto quotidiano (…). In sostanza i vecchi ‘toponimi’ ci raccontano sempre qualcosa del passato; se esaminati con attenzione ci offrono un pezzo di storia, ci aiutano a recuperare la memoria”. Delucca mette a frutto e porta a sintesi in questo volume oltre cinquant’anni di ricerche negli archivi per documentare gli aspetti legati alla cultura materiale: l’agricoltura, l’artigianato, il commercio, la demografia e gli insediamenti, la vita e il lavoro della gente comune. Allo “scavo” condotto sui documenti d’archivio ha associato l’interesse per la ricerca archeologica attraverso l’osservazione del territorio e l’individuazione di insediamenti attraverso segnalazione e recupero dei segni dell’uomo affioranti in superficie. E’ così che Delucca, percorrendo le attuali vie della Città, legge le storie che esse contengono. Come ha già fatto

Fulvia Alidori, Daniele Susini: "Nonno terremoto. Un bambino nel 1938" - Einaudi ragazzi. L'articolo 3 della Costituzione Italiana, in vigore dall’1 gennaio 1948, recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Dieci anni prima invece Benito Mussolini e il Re Vittorio Emanuele III a nome dell’Italia fascista avevano varato il 5 settembre 1938 le leggi razziali. L’Italia così si adeguò di fatto alla legislazione antisemita della Germania nazista che fin dal 1933, anno dell'ascesa al potere del Führer, varò una serie di provvedimenti contro gli ebrei, che portarono all'Olocausto, ovvero il genocidio di 6 milioni di persone, compresi donne e bambini. Nel 1933 si stima che ci fossero 13 milioni di ebrei in Europa, ma solo circa 40.000 in Italia.  Il 14 luglio 1938 venne redatto il primo il primo documento che parlava ufficialmente di "razza ariana italiana" scritto da 10 docenti universitari.  Dalla definizione di razze alla discriminazione ed espulsione di cittadini (e bambini) ebrei dalla vita sociale e dal mondo lavorativo e scolastico il passo fu breve. Gli anni di guerra e poi, dopo l’armistizio dell’8 settembre, nel dicembre 1943 iniziò anche per gli ebrei italiani il periodo di deportazione

se puoi insisti di andarci In un mio ormai lontano saggio apparso sul n. 14-15 di “Storie e Storia” nel 1986 a proposito de “La nascita della Federazione Comunista Riminese” scrivevo: “A Forlì il gruppo dirigente partigiano (in particolare gli esponenti cesenati dell’8.a Brigata Garibaldi) aveva assunto la direzione del Partito, e la manterrà per lunghi anni. A Rimini invece il gruppo proveniente dalla resistenza armata ai nazi-fascisti sarà ben presto emarginato, o meglio questo non riuscirà a diventare nuova classe dirigente”. Questa annotazione vale soprattutto per Rimini, perché in molti altri comuni del riminese saranno invece proprio i capi partigiani locali a prendere in mano le redini della ricostruzione delle città distrutte. [caption id="attachment_187302" align="aligncenter" width="818"] 27 giugno 1940. Nizza. Da sinistra, Ettore Croce, Decio Mercanti, … . Seduta, Sara Croce[/caption] Questo spunto, se volete anche abbastanza provocatorio, non ha mai dato corso ad ulteriori approfondimenti. Ed è un peccato. Si è preferito da parte di tanti autori fermarsi al racconto dei giorni gloriosi della Resistenza ai tedeschi e ai fascisti vissuti in maniera drammatica ed eroica dai partigiani e dai loro comandanti, senza poi guardare cosa è successo a questi negli anni successivi. Ad esempio degli uomini che guidarono la Resistenza

Gioacchino Maria Vaccarini: "Montetauro. La Pieve ritrovata. Chiesa di S. Innocenza, vergine e martire" Piccola Famiglia dell’Assunta – Montetauro. Scrive Maurizio Casadei nel volume “Parrocchie e Chiese nel Corianese” (Comune di Coriano,2002): “Alcuni studiosi ritengono che l’antica Pieve non sorgesse sul colle dove si trova la moderna parrocchiale, ma più a valle probabilmente nella località detta appunto Pian della Pieve. Il trasferimento della chiesa sarebbe avvenuto nel 1400, ma si tratta forse di una leggenda popolare; infatti nessun documento, neppure all’interno della massa di carte prodotte per le numerose visite pastorali, ci parla di ricostruzioni dalle fondamenta e tantomeno di uno spostamento della sede dell’edificio sacro accertabile per il secolo indicato. Di certo c’è che la chiesa attuale è stata riedificata interamente alla fine del Settecento: nel 1789, nelle risposte ai quesiti per la visita pastorale di mons. Ferretti, il parroco del tempo scrive che la chiesa è in ricostruzione a causa delle distruzioni prodotte dal terremoto di tre anni prima”. Il libro di don Gioacchino precisa meglio alcune di queste affermazioni. Occorre però una premessa: questo libro nasce a seguito dei consistenti lavori di manutenzione fatti all’edificio della chiesa fra il 2018 e il 2019 in conseguenza della forte umidità risalita

"Parola e Tempo. Percorsi di vita ecclesiale tra memoria e profezia" n. 15 /2017-2018 - Pazzini. L’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” della Diocesi di Rimini è un’istituzione accademica eretta dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica della Santa Sede (con Decreto del 24 agosto 2006), collegata direttamente alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna in Bologna. Ma la sua costituzione era stata avviata dalla Diocesi di Rimini fin dal 1986. Come scrive il suo Direttore, Natalino Valentini: “L’attività di questo Istituto è finalizzata ad una puntuale e rigorosa formazione nell’ambito del sapere teologico e delle scienze religiose, nel confronto con la cultura contemporanea e in aderenza alla Tradizione e al Magistero della Chiesa”. L’ISSR nell’ultimo decennio ha avuto una media di 250 studenti annui, fra i corsi per la laurea Triennale e quelli del Biennio di specializzazione. La sede dal 2007 è a San Fortunato, presso l’ex abbazia benedettina degli Olivetani di Scolca. Nel settembre 2016 si è concretizzata la collaborazione della Diocesi di Rimini con quella di San Marino-Montefeltro, costituendo così il nuovo Istituto interdiocesano. Valentini, direttore dell’ISSR sin dalla sua fondazione nel 2006, è anche responsabile della direzione editoriale dell’Annale dell’Istituto “Parola e Tempo”. L’Annale raccoglie i materiali più significativi e le diverse esperienze di

"Gino Zani. L’ingegnere, l’architetto, lo storico" A cura di Luca Morganti - Università degli Studi della Repubblica di San Marino, Centro Sammarinese di Studi Storici. Questo 42.o volume dei Quaderni del Centro Sammarinese di Studi Storici contiene gli atti del convegno svoltosi il 6 dicembre 2014 al Teatro Titano della Repubblica di San Marino organizzato in occasione del cinquantesimo della scomparsa dell’ingegnere sammarinese Gino Zani (1882-1964). Nella Presentazione Ercole Sori, storico dell’economia nonché direttore del Centro Sammarinese di Studi Storici, afferma: “Del medioevo siamo figli e genitori. Ne siamo figli perché moltissimi sono i lasciti di quel millennio, ma ne siamo anche genitori, perché il medioevo ce lo siamo, in buona parte, inventato dopo che è terminato”. Gino Zani di questo medioevo inventato ne è stato utilizzatore per costruire tra il 1925 e il 1940 la San Marino che oggi conosciamo: “Zani reinventa liberamente attraverso un improbabile stile medievale, un proprio mondo d’immagini" (dall’intervento di Gino Rossini); “San Marino ha subito una ‘rifabbricazione’ come capitale storica vivente ed è stata oggetto di un’attenta ricostruzione per valorizzare l’identità dell’intera Repubblica” (dall’intervento di Edith Tamagnini). Nel suo intervento Laura Rossi definisce Zani, riprendendo il giudizio di Guido Zucconi, un “funzionario di alto profilo tecnico”, perché mantiene

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