HomeCronacaAutodifesa femminile, prima di tutto fa bene a se stesse


Autodifesa femminile, prima di tutto fa bene a se stesse


1 Ottobre 2017 / Lia Celi

Frequentare un corso di difesa personale è istruttivo da più punti di vista. Non tanto perché impariamo davvero a sgominare molestatori, aggressori e importuni assortiti (altro ci vuole…).

Ma perché scopriamo quanti strati sedimentari di inibizioni, complessi e buona educazione ricoprono il naturale istinto di difesa di cui, in quanto animali, siamo fisiologicamente provvisti, e che probabilmente abbiamo usato l’ultima volta nel cortile dell’asilo: un compagno ci dava fastidio, abbiamo reagito con uno spintone e poi pianti, maestra arrabbiata, ramanzine equamente distribuite, mamme fuori dalla grazia di dio, e alla fine ci siamo convinti che tutto sommato si passano meno guai a prenderle e star zitti.

Quando i bambini facevano vita più libera e selvaggia nei cortili, senza il monitoraggio perpetuo di un adulto, la legge, approvata anche dai genitori, era «se te le dà, tu ridagliele»: i grandi avevano da fare e non potevano essere scocciati a ogni momento per dirimere le controversie infantili. Ma a scuola o all’asilo, guai a difendersi da soli, se no si passava dalla parte del torto.

In parte è così anche con la difesa personale. L’obiettivo primario dev’essere liberarsi dall’aggressore e mettersi in sicurezza, cercando di non subire e anche di non fargli troppo male. Perché, ci dice l’istruttore, oggi ci vuole niente a far sembrare aggressore l’aggredito, che può finire in tribunale, dover pagare i danni fisici e morali e chiedersi, alla fine, se non gli conveniva consegnare direttamente al mascalzone catenina e portafoglio.

Come la maestra dell’asilo, la legge deve garantire anche l’incolumità di chi alza le mani per primo, e la difesa è legittima solo se è proporzionata all’offesa. Non passa un guaio solo il negoziante che spara al rapinatore, ma anche la donna che stende un molestatore a mani nude (episodio vero, riferitoci dal nostro trainer: una reazione troppo vigorosa è costata a una sua amica americana ventimila euro di multa).

Vabbè, non è un corso di difesa personale a trasformare una casalinga o una studentessa nella Vedova Nera degli Avengers. Però imparare qualche mossa per liberarsi da una presa o per spiazzare un malintenzionato (a prescindere che, all’occorrenza, si sia davvero in grado di eseguirle a puntino) è molto energizzante, perché mostra che la tipica foto d’archivio con cui i giornali illustrano gli episodi di violenza di genere, una donna accasciata e totalmente inerme che si ripara il viso con le mani, non è l’unico scenario possibile.

Essere fisicamente più deboli non condanna di per sé a essere vittime, se si coltiva la propria capacità di reagire con prontezza e lucidità a ogni tentativo di sopraffazione, anche se attuato da una persona conosciuta o da un partner. (Nota bene: in caso di emergenza le parti sensibili da colpire sono naso, gola e, ovviamente, i classicissimi «gioielli di famiglia».)