Home___primopianoBiagini: “La lobby dei balneari non capisce le sentenze”

Dalla scarsità di risorse agli incameramenti dei manufatti sulle spiagge le sentenze sono chiare. Solo i bagnini non le capiscono


Biagini: “La lobby dei balneari non capisce le sentenze”


10 Settembre 2023 / Roberto Biagini

L’ ultima perentoria ed inequivocabile presa di posizione del Consiglio di Stato (Sezione VII, ord. n. 8184 del 6 settembre 2023) in tema di concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo, ha destato molto interesse, sia nel settore balneare, che nelle recensioni giornalistiche interessate al tema.

Riepilogo sintetico della vicenda.

In un giudizio di appello contro la pronuncia del Tar Toscana (sentenza n. 380/2021 parti processuali: Sindacato Italiano Imprese Balneari S.r.l.- Comune di Rosignano Marittimo + altri), la settima sezione del Consiglio di Stato ha deciso di avvalersi dell’ art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’ Unione Europea (T.F.U.E.) per sottoporre in data 15 settembre 2022 ( quindi un anno fa…..e non l’ altro ieri )  alla Corte di Giustizia dell’ Unione Europea (C.G.U.E.) la seguente questione pregiudiziale: “Se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo” .

Abbiamo già affrontato su queste pagine le tematiche (da ultimo https://www.chiamamicitta.it/spiaggia-sentenza-del-tar-roma-con-il-sub-ingresso-di-un-nuovo-concessionario-i-beni-diventano-di-proprieta-dello-stato/) non semplici che racchiude l’ art. 49 del Cod. Nav., ma in ogni caso conviene un attimo riprenderle per confutare i contenuti delle “bufale (dis)informative” diffuse immediatamente alla pubblicazione dell’ ordinanza del Consiglio di Stato del 6 Settembre u.s. da parte dei siti specializzati (?) e delle associazioni di categoria che non avendo minimamente capito il contenuto dell’ ordinanza esultano come se fosse stato cancellato l’ art. 49 del Codice della Navigazione.

In ogni caso non ha importanza in quanto il nostro proposito è quello di continuare costantemente l’opera di “debunking” atta a smascherare le bufale informative che immancabilmente vengono immesse nel mercato dell’informazione ogniqualvolta viene pubblicata una sentenza che riafferma la supremazia del diritto eurounitario in materia di concessioni balneari.

La giurisprudenza ormai univoca del Consiglio di Stato e dei Tar regionali ha chiarito che la devoluzione (ovvero l’ incameramento) dei manufatti di difficile rimozione che si trovano sopra il suolo demaniale marittimo opera (o che essa sia prevista esplicitamente dalle condizioni concessorie o, in assenza di queste, direttamente dall’ art. 49 c.n., non importa), solo al momento della scadenza effettiva del termine concessorio che coincide con la cessazione definitiva dell’ efficacia della concessione demaniale e non invece se si è in presenza di proroghe o rinnovi automatici e generalizzati dell’ efficacia delle concessioni stesse.

In buona sostanza se c’è stata una proroga automatica e generalizzata per legge  (a questa la giurisprudenza equipara il  rinnovo automatico anch’ esso in forza di una norma di legge)  della concessione, quindi se questa è proseguita senza soluzione di continuità, i giudici di Palazzo Spada hanno da tempo stabilito che non è possibile incamerare i manufatti a favore dello Stato ex art. 49 c.n., in quanto la concessione è sempre la stessa che “continua”  e che quindi non può considerarsi scaduta.

Se invece la concessione è scaduta (senza rinnovi automatici o proroghe) e il concessionario chiede ed ottiene il singolo rinnovo della sua concessione, la giurisprudenza, ritenendo di essere in presenza di una nuova concessione che ha “spezzato” il rapporto con quella precedente, ritenuta scaduta, e che quindi per questo fatto “via sia soluzione di continuità con la precedente”, applica l’ art. 49 c.n. e quindi dichiara avvenuta la devoluzione gratuita “dell’ex bene aziendale manufatto” al demanio marittimo dello Stato con le conseguenze del caso soprattutto in tema di canoni demaniali.

Il Consiglio di Stato, nonostante questo orientamento ormai consolidato che discerne le due situazioni tra loro differenti e precisamente:

1) proroga (o rinnovo automatico) generalizzata/o per legge -non opera la devoluzione allo Stato in quanto non c’è soluzione di continuità-;

2) scadenza effettiva con richiesta successiva di singolo rinnovo che viene equiparato a nuova concessione da parte dello stesso concessionario -opera la devoluzione allo Stato in quanto c’è soluzione di continuità-,

ha sentito comunque il bisogno del conforto alla CGUE, chiedendo ad essa (questione pregiudiziale, datata, ripeto il 15 settembre 2022), se l’ art. 49 c.n. sia conforme al diritto eurounitario (trattato e giurisprudenza della CGUE) anche nel momento in cui esso venisse applicato in presenza di un  rinnovo automatico della concessione (quindi nel caso n. 1 e cioè  di continuazione di efficacia della concessione precedente in quanto non c’è soluzione di continuità) con la conseguenza che le “opere di non facile rimozione” verrebbero incamerate senza indennizzo per il concessionario che le ha installate o che se le è ritrovate nel momento del subentro della concessione stessa.

Al fine di vagliare la ricevibilità di questa “questione pregiudiziale datata 15 Settembre 2022”, e prima di pronunciarsi sul merito della vicenda, la Corte di Giustizia ha richiesto al giudice rimettente (Consiglio di Stato) documentati chiarimenti in ordine a taluni fatti del giudizio principale.

Sorvoliamo sul primo chiarimento richiesto che riguarda la determinazione della data di incameramento e della posizione processuale legittimante della Società Italiana Imprese Balneari (S.I.I.B.).

Prendiamo invece in esame il II e il III chiarimento richiesti dalla C.G.U.E.

Con il II chiarimento la C.G.U.E., in buona sostanza, chiede al Consiglio di Stato se essa potrà, nel momento in cui dovrà decidere la questione pregiudiziale ad essa sottoposta, “assumere per buona”  la posizione maggioritaria della giurisprudenza italiana che applica l’ art. 49 c.c. solo nel caso di richiesta di rinnovo singolo di una concessione scaduta in quanto il “rinnovo a differenza della proroga”, comporta la nascita di una nuova concessione spezzando il legame con la precedente ( caso n. 2 sopra). Chiede inoltre se, in questo caso, la “devoluzione” (incameramento)  ai  beni dello Stato del “manufatto” che serviva per l’ attività balneare avviene automaticamente, e di conseguenza il provvedimento futuro che sarà chiamato ad accertarlo avrà mera efficacia “dichiarativa-ricognitiva” di un effetto già avvenuto, oppure se esso, invece, avrà efficacia “costitutiva” e cioè conformerà lui stesso l’ incameramento ai beni demaniali dello Stato del “manufatto” con le conseguenti determinazioni a livello giuridico.

Il Consiglio di Stato, rispondendo alle richiese della C.G.U.E., chiarisce preliminarmente la vicenda affermando che “l’effetto devolutivo (incameramento ai beni demaniali dello Stato del manufatto oggetto dello stabilimento balneare) si produce al momento scadenza della concessione e di conseguenza il provvedimento di incameramento ha un mero effetto dichiarativo-ricognitivo.”

Poi si presta a spiegare la metodologia adottata nella prassi dalla giurisprudenza italiana nell’ applicazione dell’art. 49 c.n.: “la giurisprudenza amministrativa ha interpretato detta disposizione (e tale è dunque lo stato del diritto positivo italiano) nel senso che siffatto meccanismo opera sia all’atto del rilascio e della scadenza della prima concessione, sia quando, dopo la sua prima scadenza, sia rilasciata una nuova concessione anche identica alla precedente, anche innumerevoli volte. In questo caso, trattandosi di nuovo rilascio, si parla di rinnovo, che si contraddistingue per il fatto che c’è una soluzione di continuità fra i titoli, nel senso che un rapporto cessa e un altro, nuovo, inizia subito dopo a decorrere, disciplinato dal titolo successivo. Questo è ciò che è accaduto nel caso all’esame fra la concessione n. 27/2003 (scaduta il 31 dicembre 2008) e la concessione n. 181/2009 (che è iniziata a decorrere il giorno seguente, e cioè in data 1° gennaio 2009). Diverso è invece il caso in cui tra i titoli non sussista una soluzione di continuità, il che accade quando un titolo rappresenta la prosecuzione dell’altro sul solo piano dell’efficacia, e tale rapporto viene definito proroga (è ciò che è accaduto alla concessione n. 181/2009, che sarebbe dovuta scadere il 31 dicembre 2014, ed invece è stata prorogata ex lege fino al 31 dicembre 2020). Nella sostanza, l’atto-fonte che disciplina il rapporto è sempre quello originario, che viene modificato soltanto per quanto attiene il termine di durata”.

In buona sostanza i giudici italiani rappresentano alla Corte di Giustizia la casista delle due tipologie a cui accennavo sopra, spiegando ai giudici europei la differenza di approccio della giurisprudenza amministrativa italiana a “seconda del presenza o meno della soluzione di continuità” tra le concessioni.

Se c’è soluzione di continuità (nuovo rapporto) tra la prima concessione e le altre (anche “innumerevoli”), si incamera il “manufatto” senza indennizzo.

Se invece non c’è soluzione di continuità il rapporto è sempre quello perché cambia solo la data di scadenza e di conseguenza non è possibile incamerare.

Molto interessante anche la preoccupazione che il Consiglio di Stato rappresenta alla Corte di Giustizia in tema di “certezza del diritto”, in quanto, correttamente, i giudici di Palazzo Spada rappresentano le difficolta operative per gli stessi operatori balneari in quanto  il diritto positivo  italiano e la prassi amministrativa impediscono al  concessionario  uscente e aspirante)  di rendersi conto di qual è il momento preciso in cui si produce l’effetto sfavorevole nella sua sfera giuridica e questo è un problema serio di garanzie sostanziali e processuali costituzionalmente garantite.

 Con il III chiarimento la Corte di Giustizia chiede al Consiglio di Stato se “l’incameramento” oggetto del giudizio di rinvio, sia avvenuto prima del 28.12.2009 (termine ultimo per il recepimento della direttiva Bolkestein) in quanto, se così fosse, si sarebbe applicato direttamente il Trattato di Lisbona (T.F.U.E.) ed in particolare l’art. 49 (Libertà di Stabilimento) in “presenza di un interesse transfrontaliero certo” della concessione (e cioè della rilevanza economica di essa). Dal momento che dagli atti di rinvio del 15 di settembre del 2022 non risultava nessuna indicazione comprovante tale interesse transfrontaliero certo, la Corte specifica che in ogni caso il principio sulla “Liberta di Stabilimento “si applicherebbe lo stesso in presenza di alcuni requisiti che essa stessa indica.

Il Consiglio di Stato nella risposta è categorico su due importantissimi principi: 1) il bene spiaggia “è una risorsa scarsa”; 2) il principio della tutela della Libertà di Stabilimento, in ogni caso, si applica anche prima del recepimento della Direttiva Bolkestein nell’ ordinamento italiano e cioè prima del 28.12.2009.

Vediamo la risposta formale: “La Sezione, come si è già precisato in risposta al chiarimento n. 1, ritiene che la devoluzione sia avvenuta in data 31 dicembre 2008 e che pertanto sia applicabile l’articolo 49, TFUE, relativo alla libertà di stabilimento. La concessione demaniale in questione, ad avviso della Sezione, presenta un «interesse transfrontaliero certo» in quanto la risorsa materiale è scarsa e il mercato di riferimento, caratterizzato dall’impiego strumentale del bene per la prestazione di servizi dietro remunerazione, attrae gli investimenti sia degli operatori economici nazionali, sia di quelli degli altri Stati membri, divenendo il bene demaniale, nella sostanza, uno degli elementi dell’azienda e, dunque, dell’impresa economica. Pertanto, al di là del fatto che nel giudizio principale l’operatore economico ricorrente sia un’impresa italiana, nulla sarebbe mutato se invece si fosse trattato di un operatore di un altro Stato membro, essendo il diritto positivo applicabile il medesimo”.

Anche con questa pronuncia il Consiglio di Stato riafferma principi ormai da tempo consolidati dalla giurisprudenza amministrativa e dotati di supporti motivazionali seri e razionali.

La politica invece continua nella sua opera di mistificazione della realtà in quanto non sa più cosa raccontare ai balneari, neanche quello che essi da anni vogliono sentirsi raccontare in accodo con i loro “protettori” romani e non solo romani.

La lobby dei balneari, di contro, fa finta di non capire l’atteggiamento della politica e continua nella sua parodia della “commedia all’ italiana” annuendo o dissentendo a comando secondo le proprie convenienze.

Sicuramente quello che non capisce, ma non capisce davvero, è il contenuto delle sentenze e/o delle ordinanze, questo è certo, visto i commenti pubblicati ogni volta che viene emanato un provvedimento giurisdizionale sul tema.

Roberto Biagini (CO.NA.MA.L.)