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Il libro di Onide Donati e Aurora Castaldi: "Io contro il Duce. Una storia d’amore e d’anarchia"


Bruno Castaldi: tutta una vita per la libertà, voleva la morte di Mussolini


8 Luglio 2024 / Paolo Zaghini

Onide Donati – Aurora Castaldi: “Io contro il Duce. Una storia d’amore e d’anarchia”
AIEP

Onide Donati, bellariese, classe 1954, è stato giornalista professionista e capo redattore della redazione di Bologna de L’Unità (quando era Organo del PCI) ed oggi, per la verità da qualche anno, fa parte del collettivo di Strisciarossa, associazione creata da un gruppo di giornalisti ex Unità, che pubblica l’omonimo sito web.
Questo è il suo primo libro, scritto in un genere letterario, per sua stessa ammissione, “ibrido pop”, “definizione magistrale di una contaminazione fra saggio storico e romanzo familiare” (dalla Prefazione di Tito Menzani, docente di Storia economica all’Università di Bologna).

Il libro racconta la biografia di Bruno Castaldi (1897-1962), fiorentino, anarchico. Prosegue Menzani: “Nonostante sia un racconto fedelissimo ai fatti storici, ha il piglio di un romanzo, con un intreccio che prevede alcuni dei classici topoi narrativi: profondi ideali, fatti di sangue, grandi amori, conflitti fratricidi, colpi di scena e un finale davvero inatteso. Il tutto si staglia sullo sfondo della storia italiana ed europea del Novecento, con incursioni anche in altri continenti”.

I tanti documenti storici consultati da Donati (compresi i numerosi documenti familiari) si mescolano con i ricordi della figlia di Bruno, Aurora, nata nel 1935 a Stiges, nella Catalogna spagnola, l’ultima di quattro figli. Vive a Miami, negli Stati Uniti, dai primi anni Settanta. Gestisce, col marito Vinicio Galli, una fiorente attività di ristorazione. La storia della sua vita è parte integrante di quella di Bruno. “Aurora, nata e cresciuta avventurosamente in una famiglia antifascista, già a quattro anni annaspava nella neve dei Pirenei nella frontiera tra Spagna e Francia in fuga dalla furia fascista, a sette anni portava di nascosto da mangiare a un gruppo di militari polacchi prigionieri dei tedeschi a Tunisi, a otto anni provava il primo grande lutto della sua esistenza quando i nazisti e i fascisti uccisero in Algeria l’amato fratello che combatteva in guerra per un mondo libero e democratico”.

“Utopista e coraggioso fino all’incoscienza, a Bruno Castaldi calza a pennello l’inno dell’internazionalismo libertario scritto da Pietro Gori nel 1895: ‘Nostra patria è il mondo intero / nostra legge è la libertà / ed un pensiero / ribelle in cor ci sta’”.

Bruno, sulla scia di Mussolini, è interventista. Partecipa come volontario a 18 anni alla Prima Guerra Mondiale. Viene ferito sul Piave, curato sommariamente in un ospedale da campo, vorrebbero rimandarlo in prima linea. Ma ne ha abbastanza di guerra e si ammutina. “Ammutinati, disertori, traditori, coloro che commettono vilipendio dell’esercito spesso vengono passati per le armi senza processo, i feriti sono curati sommariamente e rimandati nelle linee avanzate a combattere. Nelle trincee i Regi carabinieri tengono l’ordine a fatica e obbligano i militari con le pistole in pugno ad andare all’assalto del nemico”. E’ la dura legge imposta dal generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore del Regio esercito. Il 27 marzo 1918 i giudici del Tribunale militare di Cremona condannano Bruno Castaldi a 10 anni per ammutinamento e viene immediatamente rispedito al fronte. Ma durante il trasferimento Bruno fugge e diventa così anche disertore. Riesce a rifugiarsi in Svizzera. L’amnistia del 1919 condonerà a Bruno i 10 anni per l’ammutinamento e si scorderà la diserzione. “La pelle è salva, dell’onore non gliene importa nulla: è sciocco morire per una patria che sente inumana e, dunque, nemica. Decide che sarà per sempre avversario di uno Stato che ha ordinato di sacrificare la sua vita di ventenne”.

Si trasferisce a Milano, aderisce all’Usi, Unione sindacale italiana, d’ispirazione socialista rivoluzionaria e anarco-sindacalista. “Guadagna il minimo indispensabile per vivere con l’unico lavoro che sa fare: il calzolaio”. Lavoro che poi farà in tutti i paesi sino alla morte.

Militante antifascista attivo, partecipa sin dal 1921 agli scontri con le squadracce fasciste. Si mette in testa di voler uccidere Mussolini: “E’ convinto che l’ex socialista traditore debba essere eliminato fisicamente, ucciso, altrimenti per l’Italia si aprirà un periodo di terrore e d’illegalità e a pagarne le conseguenze saranno i più poveri e, ovviamente, gli oppositori politici”. Ma non ha armi e né esplosivi, e questo desiderio lo manterrà comunque sino al 1945.

Nell’estate 1922, dopo aver sposato Armida Zanoni, si rifugiano in Francia. Definito dalla polizia nel CPC (Casellario politico centrale) “anarchico pericoloso” viene seguito da ambasciate, consolati, spie durante i suoi spostamenti in Francia, Svizzera, Belgio, Spagna. Un continuo peregrinare per i paesi europei, braccato dalla polizia fascista. Nel 1930 passa in Spagna dove “dopo un paio d’anni si ritrova imprenditore affermato e rivoluzionario congelato”. Nel luglio 1936 ha inizio il colpo di stato del generale falangista Emilio Mola e altri militari, tra i quali Francisco Franco. La Spagna piomba nella guerra civile. Bruno nell’estate 1936 è già operativo sul fronte antifascista in difesa della Repubblica spagnola. Fra il 1936 e il 1938 combatte in numerose battaglie, ma finisce anche arrestato nel conflitto fra anarchici e comunisti russi con accuse infamanti, da cui sarà poi totalmente prosciolto. Nel gennaio 1939 ripara con la famiglia in Francia prima, e poi in Tunisia. L’11 gennaio 1943 lui e il figlio maggiore Spartaco si arruolano nell’esercito inglese. Spartaco morirà in uno scontro con i tedeschi pochi mesi dopo.

Bruno, con la moglie e i due figli, verrà autorizzato a rientrare in Italia solo nel novembre 1945. Si stabiliscono a Firenze e qui Bruno intraprende un’attività calzaturiera di successo. Attraverso l’amicizia con l’ex Sindaco di Firenze Mario Fabiani si avvicina al PCI. Il 22 febbraio 1962 muore a 65 anni. Il suo è un grande funerale di popolo.

Come per tutti i libri c’è una genesi che ne porta alla scrittura. Il figlio di Onide Donati, docente universitario a Miami, conosce casualmente mentre aspetta una visita per il figlio in un ambulatorio medico, Aurora Castaldi. Le storie che racconta lo affascinano e le racconta al padre Onide. Quest’ultimo le parla la prima volta a Miami nel marzo del 2022, poi la rivede a Firenze nel maggio 2023. Nel mezzo lunghe telefonate in video. Da tutto ciò nasce questo meraviglioso libro.

Paolo Zaghini