Cara professoressa, anche l’acqua può uccidere ma l’etichetta non lo dice
26 Gennaio 2023 / Nando Piccari
Divertente il quotidiano avvio della serata televisiva, scandito dalla faziosa narrazione di Tg1 e Tg2! Un po’ meno del Tg3, ma anche lui…si dà da fare.
La partenza è regolarmente ad appannaggio della Meloni, o con il suo faccione biascicante in romanesco, o col tentato marziale incedere mentre passa in rassegna qualcosa o qualcuno, infagottata nel nero del solito “giacca e pantaloni”. Tranne qualche giorno fa ad Algeri, quando ha invece stupito non poco comparendo in un insolito look. Se n’è poi saputa la ragione: quella mattina non le è suonata la sveglia regalatale da Ignazio Benito La Russa, che all’ora prestabilita parte intonando “Giovinezza giovinezza, primavera di bellezza”, seguita poi da “Faccetta nera” e infine dall’augurio di buongiorno scandito da un gioioso “Eia, eia, alalà”. Per cui, come si vede nella foto, è dovuta precipitarsi ad affiancare il Presidente Tebboune con ancora addosso la sua bianca vestaglia da camera.
Tornando ai Tg, da un bel po’ di giorni, e chissà fino a quando, segue poi il tormentone del dopo cattura di Matteo Messina Denaro.
Per carità, un grazie e tanto onore a magistrati, carabinieri e poliziotti che hanno posto fine all’infamia di quella criminale latitanza, protetta da una vasta schiera di gentaglia fintamente perbene, che in ogni ganglio della società mazarese fa da cane da guardia alla mafia, come del resto avviene in tante altre parti d’Italia, non solo meridionale. È su questo che dovrebbe concentrarsi l’attenzione delle testate televisive, anziché abbellire le loro cronache con un rassicurante e brioso racconto della “felice conclusione” di un trentennio di beffe allo Stato.
Una sera sì e una no subentra poi il ministro Nordio, a farci sapere che i mafiosi non parlano fra di loro al telefono, per cui… cos’è tutta questa fobìa per le intercettazioni? Il pover’uomo spesso si incasina in un eloquio attorcigliato, perché ha due mulini a cui dover portare acqua, non sempre la stessa: quello del suo antico nume tutelare Berlusconi e l’altro, della new entry Fratella d’Italia.
Se il resoconto della guerra in Ucraina si accorcia ogni sera di più, quello relativo al covid è del tutto scomparso, poiché ora a dare la dritta sono Salvini e Meloni, ai quali i no-vax hanno sempre suscitato una tenera simpatia.
Dulcis in fundo, a chiudere tutti i Tg ci pensa Amadeus, che con allegra vacuità si entusiasma a raccontarci il nulla di cui è portatore, come poi continuerà a fare nelle sue altre innumerevoli apparizioni televisive.
Ma prima di lui, in queste ultime sere ha tenuto banco la trattazione della sacrosanta incazzatura dei benzinai, contro i quali si sta cercando di dirottare la colpa del rincaro al prezzo della benzina, che invece è solo ed esclusivamente del Governo, ancorché trattato sull’argomento con i guanti di velluto.
Anche se al momento resta un po’ sottotraccia, è facile immaginare un’altra prevedibile “incazzatura pubblica”, proveniente questa volta dal mondo della produzione e della commercializzazione del vino, su cui incombe la minaccia che l’Europa faccia propria la pretesa irlandese di appiccicare ad ogni bottiglia la dicitura “il vino nuoce alla salute”.
Che così sia stato fatto con le sigarette avrebbe avuto senso solo se la cosa non si fosse limitata ad un ipocrita scarico di coscienza da parte dello Stato che te le vende. Mi piacerebbe infatti sapere quante persone in tabaccheria, dopo aver letto sul pacchetto che “il fumo uccide” o che “il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”, abbiano poi deciso di restituire le sigarette al tabaccaio.
Contraddetta da tanti altri studiosi e medici, a guidare il komeinismo del “vade retro vino” è un’immunologa per altri versi molto stimabile, che qui vediamo brindare presumibilmente con una coppa di gazzosa, la quale sta facendo girare una spaventosa premonizione: bere anche un solo bicchiere di vino al giorno procura danni irreparabili alla salute.
La mia non è una difesa della categoria dei bevitori, essendo solo un “ipo-bevitore” occasionale, al punto che quasi mai “mi faccio” il bicchiere di rosso a pasto che il cardiologo non solo mi aveva consentito, ma addirittura consigliato.
Credo che questo dipenda molto dalle tremende “gatte” che mi sono procurato, con cadenza settennale, le prime tre volte in cui ho bevuto il vino in vita mia.
A cinque anni, quando approfittando della distrazione del nonno che lo travasava dalla damigiana, mi sono attaccato lungamente alla gomma del travaso. A dodici, all’allora Trattoria Piccinelli, dove il mitico Don Valerio, cappellano di San Gaudenzo, ci aveva portati a festeggiare non ricordo più quale successo calcistico della Sanges. A diciannove anni, la notte di un desolante capodanno.
Uno dei cavalli di battaglia di noi militanti della FGCI, l’organizzazione dei giovani comunisti, era a quel tempo la “lotta al consumismo conformista”. Così alcuni di noi proposero di organizzare in sede “il capodanno alternativo”: niente musica da ballo e trenini danzanti, ma dischi del “Canzoniere Italiano” o del “Canzoniere delle Lame”, più lettura di poesie, abbondante spuntino freddo e naturalmente brindisi a mezzanotte.
Gli approvvigionamenti alimentari ed alcolici erano rapportati ad un bel numero di prenotazioni, la quasi totalità delle quali venne però disdetta all’ultimo minuto, con le più fantasiose e meno credibili giustificazioni. Cosicché toccò a noi cinque “maschi superstiti” abbuffarci di tramezzini e scolare qualche litro di vino.
Allora mettiamoci d’accordo, cara Europa e gentile professoressa analcolica: o ci si orienta ad una articolata e intelligente iniziativa di educazione ad evitare l’abuso di alcol, o altrimenti mettiamo l’etichetta demonizzatrice su un’altra serie di pratiche pericolose, che non di rado sfociano in drammatiche disgrazie.
Non è forse pericoloso viaggiare su un aereo, che se cade non ti provoca certo un’epatite ma la definitiva estinzione?
O guidare l’automobile, quando si conosce l’enorme quantità di decessi per incidenti stradali, non sempre provocati dall’alta velocità?
E il pericolo di fare il bagno d’estate al mare? Il numero dei decessi dove lo mettiamo? E quello dei salvamenti effettuati dagli operatori di spiaggia?
Se invece, cara professoressa esponente di primo piano dell’anti-enologia, fosse proprio intenzionata a rivolgersi ai giovani insistendo nel più terroristico dei suoi allarmi, quello secondo cui il vino “rimpicciolisce il cervello”, le suggerisco il più efficace degli slogan: “Ragazzi, lasciate perdere il vino. O da grandi volete fare la fine di Salvini?”.
Nando Piccari