Carlo Della Rosa, un protagonista di Rimini non sempre vincente
13 Febbraio 2019 / Paolo Zaghini
Si è svolto poche settimane fa, sabato 26 gennaio, il funerale di Dirce Donnini, moglie di Carlo Della Rosa. Una cara amica, che nel corso degli ultimi anni mi ha donato per la Biblioteca “Battarra” di Coriano alcune migliaia di libri, la biblioteca sua e di Carlo.
Una vita vissuta assieme per oltre cinquant’anni, tra affetto, impegno politico e nella condivisione di un dolore tremendo come la morte improvvisa dell’unica figlia, Rossella. Con Giulio e Grazia, gli ultimi suoi parenti rimasti, e gli amici Giovanna, Nives, Gabriella, Giancarlo ed io le abbiamo tributato l’ultimo caro saluto.
Difficile narrare una vita complessa come quella di Carlo Della Rosa in poche righe. Ci proverò, anche se la elencazione degli incarichi ricoperti, tanti e importanti, rischiano di essere un curriculum vitae arido, seppure raccontano di un percorso politico straordinario. Dunque non so se riuscirò a rendere pienamente una storia fatta da molte sequenze e stacchi.
Carlo nacque a Rimini l’11 marzo 1931, mentre la sorella Marisa nacque il 15 dicembre 1933. Figli di Luigi Della Rosa (nato a Rimini nel 1905 e morto a Milano nel 1973) e di America Donini (nata a Rimini nel 1908, rientrata a Rimini dopo la morte del marito nel 1973 e qui defunta nel 1990).
L’intera famiglia traslocò a Milano il 29 marzo 1941, a seguito del trasferimento del padre Luigi, ferroviere. Carlo aveva appena compiuto dieci anni. Nel 1943 interruppe gli studi mentre frequentava il secondo anno dell’avviamento industriale, ma Carlo continuò a studiare nel corso di tutta la sua vita.
A sedici anni, nel 1947, divenne operaio fresatore presso la fabbrica di automobili “Isotta Fraschini” di Milano e qui rimase sino al 1950. Partecipò all’occupazione della fabbrica il 14 luglio 1948, a seguito dell’attentato al Segretario generale del Partito Comunista Palmiro Togliatti. Attivista del Comitato di fabbrica, nell’aprile 1949 si iscrisse al PCI. Subì anche un arresto per l’organizzazione di uno sciopero in fabbrica. Organizzatore del Circolo della FGCI di San Siro.
Nel 1950, a 19 anni, divenne funzionario della Federazione del PCI milanese. Si occupò della redazione del giornale “Voce Comunista”. Venne inviato a frequentare, da febbraio ad aprile 1951, la Scuola regionale di Partito per la crescita della sua formazione politica.
Ma qui conobbe anche Dirce (1931-2019), di Cremona, impiegata, e scattò il classico colpo di fulmine. Si sposarono a Cremona il 15 luglio 1954, dopo che Carlo ebbe svolto il servizio militare in Sicilia fra il settembre 1952 e il gennaio 1954. Poche settimane prima del matrimonio, a giugno, Carlo venne nuovamente arrestato mentre stava organizzando uno sciopero dei braccianti.
A seguito del matrimonio, dal luglio 1954 all’ottobre 1961, il Partito lo inviò a lavorare presso la CGIL di Cremona. Entrò nella segreteria della Camera del lavoro e divenne il responsabile della stampa e propaganda della CGIL cremonese. Nel novembre 1955 divenne il responsabile del sindacato provinciale degli alimentaristi, poi nel 1957 assunse la responsabilità del settore contratti e vertenze della Camera del lavoro. Nel 1959 divenne vice-segretario della CGIL cremonese e responsabile dell’organizzazione.
Il 9 agosto 1956 nacque a Cremona l’unica figlia di Carlo e Dirce, Rossella Luisa, che morirà improvvisamente a 34 anni a Rimini il 30 settembre 1990.
Nel dicembre 1960 entrò nel Comitato Federale del PCI di Cremona (ancora non esistevano problemi di incompatibilità fra incarichi sindacali e politici). Dall’ottobre 1961 al marzo 1962 venne inviato alla Scuola centrale di Partito alle Frattocchie per un corso riservato ai membri delle segreterie provinciali del PCI. Al suo rientro a Cremona divenne uno dei dirigenti del Partito provinciale, membro della segreteria, prima come responsabile del lavoro di massa (dall’aprile 1962) e poi dal settembre 1962 responsabile dell’organizzazione e segretario del Comitato cittadino.
Dal 2 all’8 dicembre 1962 partecipò come delegato al X Congresso nazionale del PCI a Roma.
Alle elezioni provinciali a Cremona del 1962 diventò consigliere, e venne nuovamente rieletto nella tornata elettorale del 1964 (rimase in Consiglio provinciale sino al 1966).
Nel giugno 1963 venne chiamato a far parte della Segreteria regionale della Lombardia, come responsabile dell’Ufficio di segreteria. In quegli anni si legò politicamente e di amicizia con Armando Cossutta che si preparava a passare da Milano (dove era stato Segretario comunale e poi regionale del PCI) a Roma, dove nel 1964 entrò nella Segretaria Nazionale del Partito Comunista, nel momento del trapasso della Segreteria generale da Togliatti (morto a Yalta in Russia il 21 agosto 1964) a Luigi Longo.
Dal 25 al 31 gennaio 1966 partecipò come delegato all’XI Congresso nazionale del PCI a Roma.
Per la tornata elettorale per il rinnovo del Consiglio provinciale di Forlì il 12 giugno 1966, Della Rosa venne inviato per oltre un mese dal Comitato Regionale Lombardo a Rimini per aiutare il lavoro della Federazione.
Da qui, nell’estate 1966, maturò la decisione di rientrare a Rimini. Carlo, negli anni, era venuto per qualche settimana a Rimini nei mesi estivi per fare le ferie e a trovare i parenti, ma sul piano politico non conosceva quasi nessuno. La richiesta di trasferimento da Milano a Rimini venne presentata al Partito da Cossutta, sollevando anche qualche dubbio nei quadri dirigenti riminesi. Segretario della Federazione era Francesco Alici e suo vice Zeno Zaffagnini (diventerà il nuovo segretario il 4 dicembre 1967). Ma alla fine la richiesta venne accolta e il 20 settembre 1966 Carlo e Dirce si trasferirono a Rimini. Carlo aveva 35 anni.
Dirce che a Cremona svolgeva la funzione di segretaria presso la CGIL, a Rimini trovò occupazione presso l’Alleanza Contadini come segretaria e poi come responsabile del Patronato.
Carlo Della Rosa entrò nel Comitato Federale comunista riminese a settembre 1966 e vi rimase ininterrottamente sino al 1991, quando entrò poi a far parte degli organismi dirigenti del PDS prima e dei DS poi sino al 2007. Fece parte della Direzione e, spesso, anche della Segreteria.
Dal settembre 1966 al dicembre 1972 Carlo fu uno dei dirigenti della Federazione Riminese, membro della segreteria, responsabile del lavoro di massa. Dal dicembre 1966 responsabile del Comitato Comunale di Rimini, in sostituzione di Giorgio Alessi, sino alle elezioni amministrative del 7 giugno 1970. Elezioni che non andarono bene, per tanti motivi, fra cui la difficile gestione del nuovo PRG di Campos Venuti e il cambio del Sindaco bandiera del PCI. Walter Ceccaroni andò in Regione e Sindaco divenne Nicola Pagliarani. Il PCI perse 2 consiglieri. Della Rosa venne sostituito alla direzione del Comitato Comunale da Tiziano Giorgetti.
Dal marzo 1971 divenne per la Segreteria del PCI riminese responsabile del Lavoro di massa.
Alle elezioni amministrative del 7 giugno 1970 fu eletto Consigliere Comunale e divenne capogruppo. Il 18 dicembre 1972 il Sindaco Pagliarani lo chiamò in Giunta e gli affidò l’assessorato al personale e la delega all’igiene e alla sanità. In quegli anni creò l’Azienda delle Farmacie Comunali. Dal 1974 al 1975 fu anche Presidente del Consorzio Socio-Sanitario Rimini Nord.
Alle elezioni del 15 giugno 1975 venne rieletto Consigliere Comunale e confermato in Giunta sino al 28 luglio 1976, quando si dimise a seguito di un infarto che lo tenne lontano dai palazzi della politica per lungo tempo.
Dall’11 febbraio 1977 al 23 luglio 1980 fu Vice-Presidente del Comitato Circondariale di Rimini, con Marino Bonizzato (PSI) Presidente. Ebbe la delega al Territorio, Urbanistica e Trasporti e in quegli anni redasse il Piano Integrato dei Trasporti di Bacino e la prima Carta dei Vincoli Ambientali.
Nel 1980 rientrò a lavorare in Federazione occupandosi, per la Segreteria, di economia e dei problemi dell’informazione. Nel febbraio 1980, sino al novembre 1981, divenne direttore del periodico comunista “Il Quindicinale”. Carlo ricordava questo periodo, in stretto contatto con i più giovani funzionari comunisti e giornalisti, come uno dei periodi più felici della sua vita.
Il 4 settembre 1986 tornò al Comitato Circondariale e venne eletto Presidente. Vi rimase poco più di un anno, sino al 3 dicembre 1987.
Nel marzo 1989 fu nominato Presidente dell’Assemblea Consorziale TRAM, con il compito di costituire la nuova azienda di trasporto di bacino, fondendo le diverse aziende del riminese. La nuova Azienda divenne operativa l’1 gennaio 1992 e Della Rosa ne rimase il presidente sino al luglio 1995.
L’ultimo incarico che Della Rosa ricoprì fu la presidenza dell’Istituto Valloni. Nominato dal Sindaco Giuseppe Chicchi il 24 marzo 1998, venne sostituito dal Sindaco Alberto Ravaioli il 31 dicembre 2001.
Carlo Della Rosa nella sua lunga carriera politica si occupò da sempre di urbanistica, lavoro, economia, trasporti, pianificazione territoriale. Fu un protagonista, non sempre vincente, delle scelte per il futuro di Rimini. Dall’enorme mole di documenti, interviste, relazioni a firma di Carlo Della Rosa (una parte del suo archivio personale è stato depositato presso l’Istituto Storico della Resistenza assieme ad alcune centinaia di fotografie) estrapolo due brevi annotazioni che mettono in evidenza il suo ruolo politico e amministrativo.
Ricordò Sergio Gambini in un articolo sulla metropolitana di costa (in Riminiduepuntozero del 23 luglio 2015) che “Carlo Della Rosa inventò la definizione di Città Circondario agli inizi degli anni ’80. L’immagine di un territorio fortemente integrato che, specialmente sulla costa, è caratterizzato dalla mancanza di ogni soluzione di continuità dell’insediamento urbano. Un’unica grande città lineare, la seconda dell’Emilia-Romagna, che avrebbe dovuto pensarsi come tale, senza duplicare insediamenti e servizi di rango superiore, offrendo ai propri abitanti ed ai turisti le molte opportunità presenti e quelle da realizzarsi”.
“Una metropoli balneare, la destinazione di cento turismi, fruibili ‘à la carte’ (mi scuserà Carlo se banalizzo) per vivere la quale era decisivo dotarsi di un sistema della mobilità basato su un trasporto rapido di massa, capace di interconnettere le diverse località e le loro diverse offerte. Un’idea-forza con basi solide che si scontrava già allora però con i tanti campanilismi che ancora caratterizzano il nostro territorio. Un’area sistema che avrebbe dovuto valorizzare e rafforzare le diverse vocazioni turistiche già consolidate e compiere un salto di qualità senza sprecare risorse finanziarie e territoriali, puntando a fare muovere le persone piuttosto che a clonare i medesimi servizi in ogni comune”.
“Fiere, darsene, centri congressi, poli scolastici, impianti sportivi, servizi sanitari, teatri, centri culturali, insediamenti produttivi; tutto ciò che era di rango superiore non doveva essere replicato, ma allocato secondo un disegno razionale sul territorio della unica grande città della costa. Pianificazione illuminista? Forse. Il fatto è che questa idea-forza ha rappresentato per un’intera stagione politica l’orizzonte migliore del confronto delle classi dirigenti e delle forze politiche delle nostre città ed il suo progressivo abbandono non ha certo arrestato il declino della riviera, né migliorato la capacità di attrazione di risorse umane e finanziarie qualificate sulla nostra costa”.
Ma ancor prima fu fra i protagonisti delle vicende legate al “Piano De Carlo”. Fabio Tomasetti lo intervistò pochi mesi prima della morte per il suo libro “Cambiare Rimini. De Carlo e il Piano del Nuovo centro (1965-1975)” (Maggioli, 2012).
“De Carlo era avveniristico, 20, 30 anni avanti. Ma la cosa a me piaceva moltissimo (…). A mio avviso è mancato da parte dell’Amministrazione e del partito un piano delle risorse che accompagnasse e sostenesse il Piano urbanistico: se ti dico che la città va rifatta in questo modo, io ti presento anche il piano delle risorse che ti aiutano e sostengono per realizzarlo. E non poteva farlo de Carlo. Doveva essere l’amministrazione e soprattutto il partito ad avere questa prospettiva. La gente voleva sapere come il Comune sarebbe venuto loro incontro. E’ mancato un rapporto con il sistema creditizio che era indispensabile per un piano che voleva trasformare realmente la città”.
Ed ancora: “Nei momenti critici sia prima che dopo l’adozione del Piano, e quando ci fu lo scontro dentro e fuori il partito sulla questione delle osservazioni, De Carlo guardava me. Ed io qualche volta gli ho confessato che stavo facendo quello che potevo ma che nel partito e fra gli amministratori ero in minoranza e la situazione era quella che anche lui percepiva. Tutto andò perso”.
Infine vorrei ricordare, oltre l’uomo politico, il Carlo Della Rosa privato, noto solo ad una piccola cerchia di amici. Alcune fisime, ma legate ad un’etica militante che lo caratterizzò per tutta la vita, che lo portò a vivere in affitto (guai ad essere proprietario di una casa) e a non avere la patente e l’auto ed usare sempre i mezzi pubblici. Al suo carattere spigoloso si univano però anche aspetti dolci: un amore infinito per i suoi gatti, il piacere di intrattenersi con la propria raccolta di modellini ferroviari, la sua passione per lo studio della rivoluzione francese e dei suoi protagonisti (di cui la Biblioteca di Coriano ha beneficiato ricevendo in dono molte centinaia di volumi dedicati a questo tema).
A Carlo nell’estate 2008 venne diagnosticato un tumore. La sua battaglia contro il male fu persa un anno e mezzo dopo, quando il 12 gennaio 2010 morì. La sua preoccupazione maggiore in quell’anno fu per la moglie Dirce, anche lei colpita da un tumore, ma che invece sopravvisse a Carlo sino al 24 gennaio 2019.
Paolo Zaghini