Che bella coppia Montevecchi e il prete spogliarellista
7 Aprile 2023 / Nando Piccari
Certo che non c’è pace per il povero Matteo Montevecchi, il “pilloncino gonfiato” che non può concedersi neppure un attimo di tregua, costretto com’è a salire ogni giorno sulle barricate per combattere il male che oramai sbuca da ogni parte.
Deve infatti tenere a bada Alice Parma, la Sindaca del suo paese che fa parte di quella schiera di primi cittadini i quali hanno accolto con una pernacchia “l’ingiunzione di regime” ad infliggere la morte civile ai figli e alle figlie delle coppie omogenitoriali, secondo i deliri del “Matteo governativo n° 2”.
Deve poi sopportare che a Rimini il Preside del Liceo Scientifico favorisca riflessioni sulla sessualità, anziché limitarsi, come vorrebbero i Pro Vita”, ad ammonire i ragazzi a non star chiusi troppo a lungo in bagno col rischio di diventare ciechi; e le ragazze a rendersi conto che l’andare in giro indossando minigonne troppo sopra il ginocchio può giustificare il rischio di subire violenza.
Come si vede nella foto qui sotto riportata, gli tocca poi dare una mano a Santa Maria Roccella, l’irrequieta e lagnosa ministra alle nullità etico-sociali che non vede l’ora di fare a brandelli la legge 194.
Come se non bastassero le lezioni morali che gli tocca impartirci, a Montevecchi hanno pure chiesto di portare a Rimini “Fermiamo la Guerra”, una congrega di buzzurroni reazionari e no-vax, capeggiati dal (non si sa fino a che punto “post”) neo-fascista Gianni Alemanno. I quali, fingendosi “equidistanti pacificatori” fra Russia e Ucraina, in realtà danno una mano a Putin, invocando la fine di «questo pericoloso e incosciente clima da tifo da stadio incentrato sulla «retorica bellica filo-Zelensky».
Il loro riferimento è «l’Ungheria di Vitkor Orban, nettamente schierata contro le sanzioni alla Russia». «L’Unione Europea alimenta la guerra» con l’aiuto che dà a Kiev e con «le sanzioni contro la Russia, un’arma della politica di guerra»: questa l’accusa del dittatore magiaro amico di Salvini. Lui sì che ha invece «il coraggio di perseguire gli interessi nazionali e di non piegarsi ai diktat di poteri sovranazionali».
Ma tutte queste beghe sono ben poca cosa se rapportate con l’affronto fattogli subire dall’autore di quel blasfemo murales in via Savanarola e, forse più ancora, dal Sindaco che ha osato non pentirsi di aver concesso l’uso di quel muro.
Insieme a tutte le altre “motivazioni di civiltà”, il fatto di essermi dovuto sottoporre qualche anno fa ad una mammografia (non vi dico gli sguardi femminili in sala d’attesa), mi ha dato una motivazione aggiuntiva nel farmi apprezzare quel disegno. Ben consapevole, naturalmente, dell’altrui legittimo diritto ad esserne invece critici. Ma non certo a diventarne gli squadristi imbecilli che nottetempo l’hanno distrutto, presi all’indomani a sacrosante male parole dal Sindaco di Rimini.
Sono certo che nessuno abbia sospettato che il legaiolo Montevecchi potesse aver preso parte a quell’infame prodezza, anche perché nel suo giro non gli mancano estimatori ed alleati pronti all’uso.
Uno di questi s’è subito fatto avanti a vantarsene, anche se la sua confessione parrebbe più un atto di ridicola e megalomane vanteria, del tutto in sintonia con il suo grottesco curriculum.
Chi nell’occasione s’è reso prezioso alleato di Montevecchi è il neofascista Davide Fabbri, lo spogliarellista ex concorrente dell’Isola dei Famosi che nel 2018 subì una condanna per apologia del fascismo, avendo affisso a Rimini dei manifesti con il volto di Mussolini, del quale si vanta di essere pronipote.
Prima di girare mascherato con l’odierno sottanone da simil-prete, facendosi chiamare padre David, con l’aggiunta di definirsi esorcista, figlio della luce e cavaliere dell’Arcangelo Michele, il Fabbri aveva aperto a Cervia una “Scuola di seduzione”, onde mettere a frutto l’attitudine a gran conquistatore che diceva aver ereditato dal presunto bisnonno.
Nel 2014, cantando “Banano Chao”, deturpazione infamante di “Bella Ciao”, lanciò banane contro l’allora Ministra Kyenge, con la delirante giustificazione che «il simbolo della banana è un simbolo rivoluzionario. Il razzismo è al contrario: stiamo facendo arrivare centinaia di migliaia di extracomunitari. A lanciare le banane sono i servizi segreti».
Nel 1919 è invece circolato sul web un video in cui il futuro don David prometteva «una taglia di 1.000 euro a chiunque sodomizzi con un bastone e faccia del male fisico a qualunque giornalista antifascista, maschio, bianco e con più di 21 anni».
A sinistra Davide Fabbri in abbigliamento laico, a destra dopo essersi dato i voti pseudo-sacerdotali
L’infame bravata del don spogliarellista, che sicuramente sarà piaciuta a Montevecchi, vera o presunta che sia, più che la sua andata in procura meriterebbe l’arrivo del 118, tenuto anche conto della giustificazione: «Il male in tutte le sue forme va bloccato, perché è scritto nel Vangelo. Quell’opera era un segno della massoneria, che a Rimini è molto potente». (Vedi mo’ il mio amico e Serenissimo Presidente Giovanni Cecconi…).
Un aiutino a Montevecchi l’ha dato pure Sgarbi, convinto com’è che il padre non allatta i figli neppure metaforicamente come in quel murales, ma al massimo debba far loro un cazziatone quando serve. Come ha meritato la sua figliola, che s’è presa le sue per il rifiuto a partecipare al “Grande Fratello”, rinunciando così ad un’ingente ricompensa.
«Per una ragazza della sua età declinare una simile offerta equivale a sputare sul denaro. Si pagava i conti, non veniva a mettere in croce me per farsi comprare una borsa Dior da 2.800 euro», questa la raffinata reazione paterna
Per Sgarbi «cancellare quel dipinto con una secchiata di vernice è stata la soluzione perfetta. Il popolo non vede quell’immondezza. L’autore non ha dato vita a un’opera di libertà, ma ha imposto un punto di vista, poi punito dalla mano del popolo. Il sindaco avrebbe dovuto essere favorevole alla cancellazione».
La speranza, per usare la abituale raffinatezza verbale di Sgarbi, è che dopo questa sua vaccata, la Rimini progressista non lo ca**i più, al contrario di quanto successo finora.
Post Scriptum
Prima della vicenda murales, mi piaceva pensare all’augurio finale di Buona Pasqua con una graziosa poesiuola di quand’ero bambino. Ora la devo però pure tradurre in “montecchiese”.