HomeCronacaCondannati a star soli proprio loro che ne soffrono di più


Condannati a star soli proprio loro che ne soffrono di più


8 Marzo 2020 / Lia Celi

Cent’anni fa le osterie erano luoghi di vizio e peccato e preti e mogli cercavano di tenerne lontani i giovani e i padri di famiglia. Alcool, gioco, ozio, bestemmie e pure «idee sovversive» erano i mali che albergavano all’osteria e corrompevano la salute del corpo e dell’anima.

Oggi quei demoni non fanno più paura a nessuno. Anzi, fino a ieri sera le mogli erano ben felici di togliersi dai piedi i mariti per qualche ora e pure i preti ce l’avevano più con i social network che con i posti dove si socializza sul serio, pazienza se ci scappa qualche santissimo. Ci voleva il coronavirus per restituire a bar e osterie l’aura malefica dei tempi che furono.

A quanto sembra, è fra un giro di carte e l’irrinunciabile bianchino con gli amici che tanti anziani della nostra zona hanno contratto il morbo. Il colpo per la vita quotidiana e il buonumore dei nonni è durissimo, e pure per la tranquillità delle nonne: un marito anziano costretto a restare in casa per motivi che non è del tutto in grado di capire e di cui in cuor suo dubita, è una mina vagante e brontolante che può rendere la convivenza più mortale del coronavirus.

Privare i vecchi del bar significa di certo proteggerli dal rischio del coronavirus, ma anche togliere alla loro vita calore, allegria, benessere che si riflette anche sulla loro salute, almeno su quella psicologica. E non farà bene nemmeno alle nonne rinunciare al burraco al centro anziani, o al ballo del fine settimana.

La cosa più terribile è che anche vedere i nipotini, la cosa più normale del mondo, è un azzardo. Dicono le statistiche che l’unica fascia d’età in cui aumentano i contagi di malattie infettive come influenza e gastroenterite in caso di chiusura delle scuole è quella degli anziani, perché sono loro a occuparsi dei piccoli di famiglia mentre i genitori lavorano, ed è più facile che i virus passino dai bambini ai nonni.

Insomma, la clausura e l’isolamento che di solito vengono caldamente sconsigliate dai geriatri perché deprimono l’umore e ammosciano la voglia di vivere, aprendo la porta alle malattie neurodegenerative, per gli anziani ora sono più che un’ingiunzione dei medici, sono un obbligo di legge.

Che ne sarà di loro? Quando finirà l’emergenza – e ancora nessuno se la sente di azzardare un termine preciso – rischiamo di ritrovarceli clinicamente vivi, ma morti dentro, intristiti. Anche per loro, come per gli studenti, bisogna studiare delle soluzioni per consentirgli di mantenere rapporti con i loro amici di sempre. Magari è possibile organizzare partite di briscola o di burraco in videoconferenza.

Possono collegarsi all’ora in cui si incontravano al bar, per mantenere l’abitudine. Le nonne possono scoprire Tik Tok e postare dei video di ballo, così avranno ancora un motivo per farsi belle. L’importante è che gli over-70 non si sentano le vittime sacrificali del virus, sia che finiscano in ospedale sia che restino a casa. Aspettiamo qualcuno che posti il primo tutorial con le regole del nuovo gioco di carte destinato ai nonni chiusi in casa: la scala-quarantena.

Lia Celi