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Coronavirus? L’unica è lavarcene le mani


23 Febbraio 2020 / Lia Celi

 

Radio Maria dice che l’Apocalisse è cominciata. E il trailer, o il teaser, come si dice oggi, è il coronavirus, un flagello veramente beffardo, che ti dà un sacco di complicazioni anche se non ti colpisce.

Anzi, forse te ne dà di più, perché se ti ammali, ammesso che tu riesca a distinguerla da un’influenza normale e non te ne vada in giro a contagiare gente a destra e a manca, come pare abbia fatto l’ignaro «untore» di Codogno, ti mettono in isolamento e non devi più pensare a niente finché guarisci, come fortunatamente succede nel 97,5 per cento dei casi (dato, va precisato, ancora incerto, e comunque superiore alla mortalità dell’influenza stagionale).

Se non ti ammali, ti restano le complicazioni: ansia, specie per i tuoi familiari a rischio; paranoia igienista; fobia ingiustificata per le persone con tratti asiatici o, peggio ancora, irritazione causata dalla fobia altrui per le persone con tratti asiatici; cancellazione fino a nuovo ordine di eventi sociali e sportivi e gite scolastiche che prevedono contatti con zone di contagio, cioè, come sembra, praticamente tutta l’Italia settentrionale; rischio di ritrovarsi su un treno bloccato causa presunto coronavirus a bordo, com’è successo ieri sera ai malcapitati passeggeri di un Roma-Lecce e a un altro partito da Milano.

E mettiamoci pure la gragnuola schizofrenica che ci infliggono i media, sempre oscillanti tra la flemma e l’isteria. Sulla stessa prima pagina trovi titoloni tipo «Coronavirus, è strage» accanto a riflessioni tipo «Manteniamo la calma», il parere ponderato dell’epidemiologo e l’intervista al lodigiano impanicato, le accuse al governo che non ha fatto abbastanza e la constatazione che non poteva fare di più.

Quanto ai tiggì, hai l’impressione che, sotto sotto, si stiano divertendo un mondo – se non altro i giornalisti in studio, un po’ meno i poveri inviati spediti nei luoghi pericolosi. Ma è schizofrenica è la stessa realtà dei fatti: in poco più di ventiquattr’ore l’Italia è passata da zona relativamente indenne dal coronavirus a secondo paese al mondo per numero di casi, dopo la Cina.

Gli stessi virologi sembrano non raccapezzarsi, e la caccia al paziente zero per ora è stata un buco nell’acqua. Come e con chi diavolo sia arrivato in Italia lo stramaledetto virus è ancora un mistero. Siamo riusciti a ricostruire esattamente, tappa per tappa, il percorso Asia-Europa della peste del 1348, ma con tutta la nostra scienza riusciamo a capire quale strada ha percorso un morbo partito da Wuhan due mesi fa per andare a finire in un anonimo bar della provincia di Padova.

A questo punto l’unica cosa ragionevole da fare è lavarsene le mani. Non in senso pilatesco: per quanto se ne sa, lavarsi bene le mani col sapone è la forma più semplice ed efficace di prevenzione del coronavirus e di molte altre malattie. E forse anche dell’Apocalisse.

Lia Celi