Fra le tante cose per cui la gente della mia età dovrebbe ringraziare il Signore (qualunque nome gli dia) o la buona sorte, c’è anche quella di non essere degli adolescenti. Non è la storia della volpe e l’uva, davvero: essere giovani nel 2022 è una faticaccia.
La società moderna, dove grazie al progresso si possono conservare salute, vigore fisico e perfino sex appeal ben oltre l’età della pensione, ha tolto alla gioventù l’unico vantaggio che la rendeva così preferibile all’età adulta: la leggerezza. Oggi sulle spalle dei ragazzi è appeso un fardello di preoccupazioni, ansie, timori e paturnie di ogni genere. Dentro quel fardello ci sono le paure che gli instilliamo noi adulti, che sono quelle solite (gli incidenti, le droghe, le cattive compagnie, la disoccupazione, eccetera), quelle che apprendono dal mondo dell’informazione (il cambiamento climatico in primis) e quelle, pesantissime, trasmesse dal mondo virtuale in cui passano gran parte del loro tempo: la paura di non essere abbastanza, di non stare facendo le scelte giuste, di essere esclusi da qualcosa di importante, di essere giudicati.
Che gli adolescenti ormai siano fasci di nervi lo dimostra anche il recente studio condotto da una Commissione regionale, secondo cui Emilia Romagna otto ragazzi su dieci soffrono di ansie legate alla scuola. Ora, proprio rilassati-rilassati a scuola non ci andavamo nemmeno noi. I professori terribili, i compagni bulli, i pettegolezzi e i soprannomi odiosi c’erano anche i nostri tempi. Ma pare che i teenager di oggi siano proprio perennemente schizzati, come se ogni verifica, ogni compito, ogni interrogazione, ogni voto fosse una questione di vita o di morte, un’ansia che tormenta soprattutto le ragazze, assillate oggi più che mai dalla malattia femminile del perfezionismo, non solo per quanto riguarda gli studi.
Perché oggi non si è giudicati e valutati solo dagli insegnanti, durante le cinque-sei ore che si trascorrono in classe. Ogni adolescente si espone quasi h24 all’invisibile e sterminata commissione giudicatrice del web, che si esprime sui social con giudizi, like e reazioni che possono ferire l’ego molto più di un quattro sul registro.
Così i ragazzi sono sempre sotto esame, in balia dell’altalena di umori causata da rassicurazioni e di umiliazioni e impegnati nello sforzo di aumentare le prime ed evitare quanto più possibile le seconde. Non c’è da stupirsi se hanno sempre più bisogno di supporto psicologico per combattere ansia e depressione: vanno ancora alle medie e soffrono già delle nevrosi degli attori, che fanno il mestiere precario e instabile per definizione, appeso al gradimento del pubblico, ai capricci della moda, alla minaccia di un rivale più bello, bravo o fortunato che conquista più applausi di loro.
Fa impressione rendersi conto che ciò di cui avrebbero bisogno i giovani sarebbe di rilassarsi, di fermarsi, di prendere fiato, magari di annoiarsi un pochino. E soprattutto, è triste constatare che noi adulti siamo incapaci di insegnarglielo perché abbiamo dimenticato come si fa.
Lia Celi