HomeCronacaDacci oggi il nostro perdono quotidiano, senza chiedercelo


Dacci oggi il nostro perdono quotidiano, senza chiedercelo


22 Ottobre 2017 / Lia Celi

«Non perdonerò mai Tavares»: non so se Gessica Notaro lo ha affermato spontaneamente, più probabile che abbia risposto all’immancabile sollecitazione di un giornalista dopo la sentenza che ha condannato il suo ex fidanzato sfregiatore a 10 anni di reclusione: «è disposta a perdonarlo?»

Domanda tanto stupida quanto indiscreta, poiché il perdono per un’azione che ci ha arrecato tanto dolore è necessariamente il risultato di un lungo e faticoso lavoro interiore. Perdonare sarà pure una delle condizioni della felicità, come sostengono i life-coach, ma per raggiungerla si deve fare violenza a se stessi, perché il bisogno di essere risarciti dei torti subiti è una delle emozioni più radicate nell’essere umano.

E ce ne vuole per capire che per certi torti non c’è risarcimento possibile, non basta una sentenza severa, non una somma favolosa, e nemmeno vedere il responsabile dei nostri guai soffrire le pene dell’inferno; la vendetta, in certi contesti sociali brutali, serve a restituire l’«onore» di fronte al gruppo (e può essere una consolazione) ma non cancella i risultati dell’offesa né riporta magicamente la situazione allo stato precedente, anzi, più spesso innesca una faida.

Perdonare è effettivamente l’unica via per impedire che il risentimento ci mangi la vita. Ma accidenti, perché aspettarsi che una povera ragazza sfigurata e semiaccecata con l’acido, che sogna ancora di notte la scena dell’aggressione, perdoni l’uomo che peraltro non sembra pentito, anzi, forse nemmeno consapevole di quel che le ha fatto?

Se proprio vogliamo propagandare il perdono, anziché chiedere clemenza e magnanimità alle vittime di atti terribili, andiamo a predicarlo fra chi si trasforma nell’incredibile Hulk alla minima provocazione. Il tale ti ha fregato il parcheggio, sei disposto a perdonarlo, anziché prenderlo a male parole e magari saltargli alla gola? Il cane del vicino ti ha devastato l’aiuola: sei disposto a perdonare il vicino e a buttare nel bidone la polpetta avvelenata destinata al cane?

Mica facile, si rischia di essere malmenati da vittima e aggressore, e magari pure azzannati dal cane. A parte tutto, al netto di implicazioni filosofico-religiose, far entrare più perdono nella nostra vita quotidiana sarebbe cosa buona e giusta: il rancore cronico che ognuno cova dentro, per torti reali o vessazioni immaginarie, è peggio delle polveri sottili, fa ammalare nel corpo e nella mente non solo i singoli individui ma anche la società. Se il riscaldamento globale soffoca il pianeta, il risentimento globale può avvelenarlo. E di questo sarebbe veramente difficile perdonarci.

Lia Celi www.liaceli.it