Dai da bé
Il bianco non esisteva se non ai confini con le Marche; era e “Bianchel”…
28 Aprile 2024 / Enrico Santini
L’imperativo era categorico, il nonno “Turèn” della genia dei “Brancon”, non ammetteva replica. Dai da bé era il suo saluto all’ospite, al pellegrino, all’inviato del Signore. Il bé era il bere, il bere era il vino, il vino era rosso, il rosso Sangiovese, Non c’erano timori, non c’erano incertezze, non c’erano discussioni. L’autorità si rifletteva nei gesti quotidiani, nella normalità del tempo, nella penombra della cantina. In Romagna il bere era un rito, il Sangiovese la religione. Il bianco non esisteva se non ai confini con le Marche; era e “Bianchel”, senza forza, senza struttura, senza nerbo, senza colore. Andava bene nella fonda, vicino al rio, e al canneto. Ma Montetauro che dominava la vallata dove lo sguardo si perde da Cervia a Gabicce, avendo alle spalle il Titano e la Carpegna, meritava un vino che sapesse di viola, che rimanesse in gola e si impastasse con il fumo del toscano. Non c’erano nomi, ma solo soprannomi. I cognomi non esistevano. Gli Zangheri i “Brancon”, i Tonelli i Camson”, i Bianchi “Mazaset”, i Matteini i “Biasot”, i Santini “Giron”. Tutti si conoscevano e la conoscevano: la miseria era una grande alleata. Quando pioveva il nonno correva nell’aia per ringraziare il Signore. Il mio nonno Salvatore Zangheri dei Brancon di Montetauro.
Rurali sempre,
Enrico Santini